Recensione Dishonored: Definitive Edition
O si amano o si odiano.
Non esistono vie di mezzo quando si parla di uno dei fenomeni più diffusi nell'attuale panorama videoludico, ovvero quella tendenza di riproporre in salsa next-gen titoli appartenenti a una o due generazioni fa.
E dopo Uncharted, Gears of War e Resident Evil, è arrivato il turno di Dishonored, l'action game in prima persona con meccaniche stealth di Arkane Studios, con questa Definitive Edition, disponibile per Xbox One e PS4, che include tutti i dlc già pubblicati dallo sviluppatore.
di: Luca "RukaManni" Manni
O si amano o si odiano.
Non esistono vie di mezzo quando si parla di uno dei fenomeni più diffusi nell’attuale panorama videoludico, ovvero quella tendenza di riproporre in salsa next-gen titoli appartenenti a una o due generazioni fa.
E dopo Uncharted, Gears of War e Resident Evil, è arrivato il turno di Dishonored, l’action game in prima persona con meccaniche stealth di Arkane Studios, con questa Definitive Edition, disponibile per Xbox One e PS4, che include tutti i dlc già pubblicati dallo sviluppatore.
Altro giro, altro remastered
Le vicende narrate in Dishonored ruotano intorno alla figura di Corvo Attano, guardia del corpo dell’imperatrice Kaldwin, sovrana dell’Impero delle Isole. Al ritorno da un lungo viaggio intrapreso per cercare una cura in grado di debellare la peste che affligge ormai il paese, Corvo viene suo malgrado coinvolto in un colpo di stato ad opera del Capospia Burrows e accusato della morte della sua protetta, catturato e sbattuto in cella in attesa di esecuzione. La fuga, resa possibile grazie al supporto di un gruppo di ribelli, sarà solo l’incipit che darà inizio alla vendetta del protagonista il cui ultimo fine è quello di spodestare Burrows e ritrovare la piccola Emily, figlia della defunta imperatrice rapita sotto i suoi stessi stessi occhi.
La ricerca degli obiettivi sensibili in ogni missione passerà per la città e le strade dell’impero che ricordano vagamente la Londra Vittoriana e richiamano alla mente la società Orwelliana descritta in 1984, soverchiata da un tiranno avido di potere. Una nazione che si trova, come si diceva prima, a dover affrontare anche il problema della peste che inonda le strade e si diffonde a macchia d’olio per mezzo dei ratti che affollano i bassifondi. E proprio questa piaga costituisce uno dei punti focali del gioco: nonostante il titolo di Arkane Studios vanti delle meccaniche stealth, la possibilità di affrontare l’intero gioco armi alla mano non è affatto impossibile. Per contro però, maggiore sarà il numero di cadaveri, maggiore sarà il numero di ratti che invaderanno le strade della città, diffondendo la peste e trasformando i suoi abitanti in piangenti, l’ultimo stadio della malattia che riduce gli infetti in una sorta di morti viventi. Se tutto ciò non fosse sufficiente ad indurre il giocatore a tenere un basso profilo, sicuramente incide la presenza di un doppio finale, uno positivo e uno negativo, a seconda del numero di uccisioni effettuate nel corso del gioco. Ogni scelta sul modus operandi, comunque, viene completamente demandata al giocatore: stordire una guardia oppure porre fine alla sua esistenza può essere fatto tanto agendo nell’ombra, quanto esponendosi in prima persona, senza contare le possibilità offerte dall’ambientazione come i meccanismi di difesa della città che posso essere sabotati così da rivoltare torrette lanciamissili e trappole elettriche contro i nemici.
Al fine di ridurre al minimo l’uso della forza, ogni location offre svariati percorsi per giungere alla meta, alcuni raggiungibili semplicemente esplorando l’ambiente circostante, altri accessibili solo dopo aver completato delle quest secondarie. Ogni vicolo o abitazione può celare un passaggio segreto, una strada poco battuta dalle guardie, luoghi in cui, tra l’altro, è facile incappare in casseforti da aprire (previa combinazione), denaro da saccheggiare o file di testo da recuperare. Quest’ultimi, però, per quanto risultino interessanti per comprendere i retroscena dell’intera vicenda, sono davvero tanti e dopo qualche ora di gioco non capiterà di rado di raccoglierli per puro spirito collezionistico e andare oltre senza nemmeno dargli un’occhiata.
L’esplorazione è resa poi quanto mai agevole grazie ai poteri esoterici di cui è dotato Corvo che, ahimè, non saranno disponibili fin da subito ma solo dopo qualche ora abbondante di gioco. Per mezzo di queste capacità il protagonista può coprire grandi distanze senza essere visto, richiamare i ratti per aggredire le guardie o prendere possesso per un breve lasso di tempo del corpo di animali o nemici così da riuscire a spostarsi passando inosservato. Queste ed altre abilità, saranno acquisibili e potenziabili spendendo delle rune, pietre magiche sparse nei livelli e rintracciabili più o meno facilmente grazie ad un particolare strumento, un cuore meccanico donato a Corvo dall’Esterno, l’entità sovraumana alla quale deve i suoi poteri e di cui si sa davvero poco.
Poteri e capacità del protagonista posso essere ulteriormente migliorati grazie agli Amuleti d’osso, degli accessori rintracciabili alla stregua delle rune che sono in grado di aumentare le statistiche e le abilità di Corvo, fintanto che sono equipaggiati.
Questo ventaglio di capacità rende ogni missione estremamente longeva e consente al giocatore di approcciarsi al titolo con la massima libertà, senza vincoli o restrizioni, se non quelle dettate dai confini ambientali e dagli estenuanti tempi di caricamento che si aggirano intorno ai 40 secondi nel passaggio da una schermata all’altra.
Remastered?
Dishonored: Definitive Edition, non presenta migliorie significative in termini grafici rispetto alla controparte old-gen riproponendo i medesimi asset e texture. Si tratta, in una buona sostanza, della GotY edition uscita per PC qualche anno fa con la sola differenza (negativa) del framerate, bloccato a 30 FPS.
Conclusione
Dishonored: Definitive Edition, lascia davvero l’amaro in bocca.
Non migliora nulla di quanto già visto nella sua precedente iterazione e si limita ad introdurre i dlc già pubblicati in una raccolta che di remastered ha davvero poco.
Ci saremmo aspettati almeno un lavoro di pulizia nelle texture ma, evidentemente, i ragazzi di Arkane Studios, impegnati col diretto successore della propria IP, si sono limitati a confezionare un prodotto per preparare il pubblico al nuovo capitolo della saga annunciato, tra l’altro, insieme a questa Definitive Edition sul palco dell’E3 di quest’anno.
Dishonored, nonostante questa riedizione, resta comunque un titolo estremamente divertente, con una narrazione coinvolgente e un gameplay solido e assolutamente non lineare.
Peccato, si sarebbe potuto fare molto di più.