Recensione Disco Elysium the Final Cut
di: Simone CantiniNel corso della mia carriera di redattore, mi è capitato molte volte di pubblicare una recensione alla scadenza dell’embargo, solo per scoprire di essere in netto disaccordo con la maggioranza degli altri recensori (il 65 a Cuphead è oramai un meme redazionale!), sia per un mio personale eccesso di ottimismo che per l’esatto contrario. Più di rado, invece, è successo che mi avvicinassi ad un gioco a posteriori, proprio perché incuriosito dai pareri lusinghieri degli altri colleghi, per ritrovarmi poi ad interrogarmi in merito a simili lodi: sono io a non aver capito pienamente il gioco, oppure loro ad aver elogiato elementi in maniera totalmente errata? Il dubbio permane, soprattutto oggi che mi ritrovo a parlavi della mia esperienza con Disco Elysium the Final Cut, produzione che mi ha portato più volte a chiedermi cosa stessi sbagliando.
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Tabula rasa
Sin dal suo debutto avvenuto oramai a fine 2019, in esclusiva PC, la produzione degli ucraini di ZA/UM è stata in grado di fare incetta di premi, sia per quanto riguarda le vette raggiunte dalla scrittura, sia per quanto concerne le peculiari meccaniche ruolistiche messe sul piatto. E sono state proprio le lodi mosse a questo aspetto a farmi drizzare le antenne, appassionato come sono del genere, al punto da attendere con impazienza la release console, al momento disponibile solo per PS4 e PS5 (le altre versioni arriveranno indicativamente verso la fine dell’estate). Insomma, era davvero difficile resistere a quello che veniva smaccatamente definito come il nuovo punto di partenza per i giochi di ruolo, ed almeno in parte, dopo aver trascorso numerose ore in compagnia del mio personalissimo detective, non posso che concordare. Il problema però, sempre a mio avviso, è che le buonissime intuizioni messe in pratica dal team, non sono accompagnate da un gameplay altrettanto convincente ed appassionante, forse perché davvero troppo aderente a quel mondo ruolistico, soprattutto cartaceo, a cui appartiene con estrema fierezza. Se c’è un punto, però, su cui è davvero difficile avere qualcosa da obbiettare, è relativamente al livello pazzesco di scrittura raggiunto dalla trama di Disco Elysium the Final Cut, capace di tratteggiare un universo fittizio caratterizzato alla perfezione, in cui anche il dettaglio più insignificante gode di una cura che rasenta il maniacale. Un mondo vivo e credibile, in cui forze politiche contrapposte contribuiscono a ricreare un quadro decadente e spietato, di cui il nostro smemorato detective sembra essere il perfetto emblema giocabile. Una storia sicuramente complessa, che partendo da un apparentemente banale caso di omicidio, srotolerà poco a poco sotto gli occhi del giocatore una serie di temi estremamente complessi e controversi, che spazieranno dalla lotta di classe, al razzismo, passando per violenza e discriminazione. Incredibile, inoltre, la caratterizzazione del nostro personaggio, che pur muove i primi passi tramite un incipit quanto mai abusato, che lo vedrà svegliarsi in una squallida camera d’albergo, con la mente completamente devastata dall’abuso di droghe ed alcol. Un espediente semplicissimo, ma che servirà unicamente a permetterci di personalizzare le statistiche dell’avatar, che potremo selezionare tra tre distinte “classi”, oppure creare da zero. Tutto ruoterà attorno ad un corposo set di skill, utili a determinarne le caratteristiche, e che ci porteranno a dare vita ad un poliziotto che potrà spaziare dall’empatico, al razionale, allo sbrigativo. Ovviamente i vari perk avranno un ruolo attivo nell’economia ludica, gestendo lo sblocco di varie ramificazioni narrative, oppure la riuscita di determinati lanci di dado, associati a peculiari azioni. Impressionante, però, sarà il ruolo a livello narrativo che questi tratti andranno a ricoprire, dato che ciascuno di essi incarnerà un lato della personalità del nostro protagonista, che saranno al centro di un nutrito numero di conversazioni mentali. Momenti in cui l’altissimo livello di scrittura emerge in modo spavaldo e macroscopico, così da dare vita a dialoghi come mai si erano visti in una produzione ruolistica, ma che finiscono anche per rappresentare uno degli elementi di rottura dell’intera produzione.
Il piacere del racconto?
Esiste, ed è palese, una discrepanza tra narrazione e gameplay, che nota un’estrema rarefazione di quest’ultimo aspetto: Disco Elysium the Final Cut, è bene sottolinearlo, è un gioco caratterizzato da una mole soverchiante di dialoghi, capaci di portare via decine di minuti anche solo se sceglieremo di esaminare una prova rinvenuta sulla scena del crimine. Una voglia di raccontarsi che, in seconda battuta, avviene però in maniera quasi passiva per il giocatore, con i vari snodi che si proporranno autonomamente in base a quelle che saranno le caratteristiche del nostro personaggio. Un meccanismo che riprende alla perfezione le classiche meccaniche da gioco di ruolo cartaceo, con il dungeon master che si ritrova ad effettuare in completa autonomia i vari tiri di dado. Di sicuro un elemento che denota una ferrea aderenza al genere, ma che perde completamente di fascino se spogliata della componente conviviale che si ritrova nelle classiche avventure di gruppo giocate in carne ed ossa. Una passività che, unita ad uno sviluppo reso a tratti estremamente lento e prolisso dalla massiccia narrativa, ci costringerà a trascorrere ore nell’attesa di assistere ad un minimo progresso, elemento che unito all’assenza di una localizzazione italiana dello script (scritto tra l’altro in un inglese davvero complesso, ricco come è di storpiature e slang), rende Disco Elysium the Final Cut un titolo sicuramente non adatto a tutti, Di sicuro viene difficile identificarlo come il nuovo portabandiera del genere, proprio per queste suoi voluti limiti sul fronte puramente ludico. E dire che, almeno per quanto concerne la personalizzazione del personaggio, il gioco riesce a dare in pasto al giocatore tutta una serie di equipaggiamenti (rappresentati da abiti ed utensili) in grado di modificarne le caratteristiche, così come una serie di perk aggiuntivi, che potremo sbloccare grazie ad alcuni particolari dialoghi.
Difficoltà di movimento
Adattare per console un titolo nato con in mente mouse e tastiera è sempre ostico, e Disco Elysium the Final Cut ha accusato in modo palese il passaggio al joypad. Il porting in questione, difatti, è fiaccato da un sistema di controllo sin troppo ingessato: con il dorsale sinistro potremo evidenziare i vari elementi interattivi sulla scena, che potremo selezionare tramite lo stick destro del pad. Peccato che il tutto, nonostante alcune patch correttive rilasciate con costanza sin dal day one, risulti non sempre preciso e puntale, oltre che piagato da un avvertibile input lag. L’analogico sinistro, invece, è demandato al controllo del nostro personaggio, ma data la non sempre chiarissima leggibilità dei vari sentieri percorribili, si avverte davvero tanto l’assenza della possibilità di cliccare direttamente sul punto di destinazione, e godere di un movimento automatico. Problematiche sicuramente arginabili con nuovi fix correttivi, ma che finiscono per dilatare ancor di più il ritmo decisamente rarefatto della produzione. A rimanere inalterato, fortunatamente, è il comparto stilistico del gioco, caratterizzato da una particolare scelta grafica che rende il tutto simile ad un quadro espressionista. La Final Cut in questione, inoltre, non si è risparmiata alcune benvenute aggiunte rispetto alla release iniziale, come l’introduzione del doppiaggio completo di tutte le linee di dialogo presenti nel gioco (che sono tantissime). Il lavoro è generalmente di buon livello, anche se si assiste ad una qualità altalenante dei vari attori ingaggiati, oltre a qualche sporadico bug che interrompe il voice over di taluni character. Presenti anche quattro nuove missioni, ognuna legata ad una delle forze politiche che animano il mondo tratteggiato dai ragazzi di ZA/UM, e che è inutile sottolineare come siano scritte ed orchestrate in maniera egregia, del tutto in linea con quanto è possibile vivere nella storyline principale (e sub quest associate).
E alla fine la domanda che mi sono posto ad inizio recensione continua a rimbombarmi nella testa, nonostante le circa 40 ore trascorse a zonzo per Revachol: è davvero questo il nuovo corso dei giochi di ruolo? Personalmente, pur ritenendo molto valido il lavoro compiuto dal team, mi viene davvero difficile indicare in Disco Elysium the Final Cut il nuovo portabandiera del genere. Di sicuro la produzione vanta elementi di assoluto spicco, in primis la scrittura e la caratterizzazione del protagonista e dei vari personaggi, ma l’elevata passività con cui il giocatore si trova ad interagire con il mondo di gioco, che si limiterà unicamente ad adattarsi a ciò che abbiamo definito in fase di creazione dell’avatar, mi ha lasciato decisamente più perplesso. E non è certo l’assenza pressochè totale di combattimenti a spingermi a tale affermazione, quanto l’eccessiva volontà di rendere il tutto sin troppo simile ad un’esperienza ruolistica cartacea, che se però viene privata della componente umana e di aggregazione, finisce per perdere gran parte del proprio fascino. Disco Elysium the Final Cut è sicuramente un’esperienza atipica ed originale, che non mancherà indubbiamente di sorprendere, ma non certo adatta a tutti i palati, soprattutto anche a causa di una localizzazione italiana completamente assente, che rischia di rendere quanto mai tediosa la già compassata struttura ludica che caratterizza la produzione.