Recensione Deponia
di: Simone CantiniGli anni ’90 sono stati un periodo magico, forse oramai irripetibile, per le avventure grafiche. Prima ancora che i film interattivi divenissero una triste (?) realtà, oppure Telltale reinventasse il genere camuffandolo sotto le vesti di graphic novel interattive, i ragazzi della fu LucasArts sfornarono una sequela di capolavori destinati a rimanere inossidabilmente scolpiti tra le pieghe del tempo. Eppure, grazie anche agli sforzi di team indipendenti come Daedalic, quell’eredità fatta di grafica coloratissima, rigorosamente in 2D, condita da un umorismo sopra le righe ed una serie di enigmi mai banali e scontati, continua a rivivere ancora oggi grazie a produzioni come Deponia. Che, dopo un esordio oramai lontano avvenuto in mobilità, ha da poco debuttato anche su console.
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Per un futuro migliore
Deponia non è certo il pianeta ideale su cui vivere. Ricoperto interamente da rifiuti e con la rivoltante Muscorina come unico liquido potabile presente sulla sua superficie, di sicuro è quanto di più lontano dal paradiso si possa mai immaginare. È qua che vive il ribelle e scalcinato Rufus, figlio del vecchio sindaco di Kuvaq fuggito misteriosamente sull’idilliaco Elysium che anela di seguire le orme del fuggitivo genitore. Imprigionato in una vita che non sente sua, costretto a scavare tra la spazzatura (come tutti gli abitanti della fatiscente cittadina) per tirare avanti e a condividere un angusto appartamento assieme alla sua ex Toni, l’unica via di uscita sembra proprio essere rappresentata da quel pianeta che pare quasi irraggiungibile. Eppure, tra un pasticcio e l’altro, il nostro Rufus riuscirà a staccarsi da quel suolo che sente così alieno, finendo con l’imbattersi nella misteriosa Gal e finire nuovamente (e rovinosamente) a terra. È da questo nuovo inizio che la situazione prende una piega del tutto inaspettata, che evito di spoilerare per non privarvi dell’indubbia gioia della scoperta. E così, tra una battuta ed un enigma, nel giro di circa 10 ore ci ritroveremo ad ammirare i titoli di coda, desiderosi di saperne di più. Già, perché la trama di Deponia è tutt’altro che autoconclusiva ed è per questo che non l’ora che Deadalic rilasci su console i due seguiti.
Sulle scia di un capolavoro
Dicendo che si tratta di un’avventura punta e clicca abbiamo praticamente descritto in maniera più che esaustiva il gameplay di Deponia. Tramite un pratico sistema che replica la posizione dei pulsanti del pad potremo facilmente interagire con personaggi e punti sensibili, che potranno essere selezionati per mezzo del puntatore controllato dallo stick destro, oppure scorrendoli in sequenza attraverso la pressione dei dorsali. L’interfaccia, minimale, è decisamente intuitiva e basteranno pochi secondi di gioco per sentirsi subito a casa. Leggermente più complesso e meno reattivo l’utilizzo dell’inventario, indispensabile per combinare tra loro gli oggetti necessari alla risoluzione di alcuni enigmi.
Non parlarmi, non ti sento
La parte del leone, in Deponia, è a stretto appannaggio del comparto grafico, forte di uno stile cartoon decisamente azzeccato e stilisticamente vincente, seppur ricco di numerose contaminazioni. Impossibile non notare somiglianze tra il derelitto pianeta e le atmosfere della Terra su cui si aggira la Alita di Kishiro, così come quell’Elysium tanto sognato non può non far pensare al suo omonimo vista nel blockbuster di Blomkamp, così come alla stessa Salem protagonista utopica dell’appena citato manga. Al netto delle varie citazioni, il mondo costruito dai ragazzi di Daedalic funziona alla perfezione, grazie soprattutto ad un cast di personaggi che ha nei protagonisti, quanto nei comprimari, delle figure ottimamente tratteggiate e caratterizzate da un umorismo mai banale. Peccato che a questo quadro ben pennellato si accompagni una gestione dell’audio disastrosa: sanguineranno le orecchie nel sentire come l’ottimo doppiaggio in lingua italiana sia stato mixato ad un volume bassissimo che, nonostante si possa regolare in maniera indipendente rispetto alle assordanti tracce musicali e agli effetti sonori, costringerà agli straordinari gli altoparlanti della vostra TV.
No, non siamo al cospetto di un nuovo capitolo proveniente dall’età dell’oro delle avventure grafiche, periodo purtroppo oramai sepolto dalla polvere dei ricordi, ma non per questo Deponia è risultato un titolo da disprezzare. Tutt’altro. La produzione Daedalic può difatti inserirsi con pieni meriti nella scia tracciata da Gilber, Schafer e Purcell, grazie ad un intelligente compilation di enigmi, una serie di personaggi volutamente sopra le righe ed un mondo di gioco che, per quanto ricco di contaminazioni, è risultato ben architettato. Non so voi, ma io ho una voglia matta di mettere le mani sui restanti episodi.