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Recensione Death’s Door

di: Marco Licandro

Cos’è Death’s Door? Sviluppato da Acid Nerve, e distribuito da Devolver Digital, l’indie il quale ci troviamo di fronte è sicuramente un genere definito in maniera vaga e spesso associata a giochi che non si fondono effettivamente né con il gameplay né con lo spirito del gioco. Questa recensione esce tardi, sicuramente più tardi rispetto alle solite gettonate, e abbiamo letto anche noi le diverse attribuzioni azzardate come “Zelda”, per via di dungeons non propriamente tali, oltre che il solito termine “soul-like”, dato che se un gioco sia difficile bisogna ormai necessariamente citare i soul. Ma siete su Console-Tribe, e perciò faremo ciò che da noi vi aspettate e analizzeremo il titolo a modo altrettanto indie, cercando di differenziarci come sempre abbiamo fatto. Buona lettura.

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La storia in breve

Death’s Door è un gioco di avventura e azione con elementi RPG. Entrerete nei panni di un corvo mietitore di anime, il cui scopo è proprio quello di porre fine alla vita di varie creature e raccoglierne l’anima. Il nostro protagonista non sarà l’unico atto a questa impresa, in quanto il suo non è che un semplice lavoro. In una dimensione parallela, situata nel mezzo del nulla, e tra piattaforme sospese, troveremo infatti il nostro ufficio, dove altri corvi lavorano alla scrivania e sbrigano scartoffie mentre i mietitori vanno a caccia di anime e le riportano indietro. Tutto si svolge esattamente come dovrebbe, fin quando, al momento di catturare un’anima, verremo storditi e ci risveglieremo di fronte all’orribile scoperta che questa sia stata rubata. Un problema enorme per il nostro protagonista in quanto lo scopo di un mietitore è quello di raccogliere l’anima e riportarla indietro. Perdere l’anima significa lottare contro il tempo prima che il mietitore stesso perda la propria vita, ed è con profondo sgomento che scopriremo che il ladro ha utilizzato quest’anima nel tentativo di aprire la Death’s Door, una porta misteriosa che non sembra aprirsi se non grazie ad una grande fonte di potere. Con l’anima persa per sempre, l’unica speranza di sopravvivenza è raccogliere anime molto più grandi e potenti per tentare di forzarne l’apertura e recuperarla, ed è per questo che dovremo collaborare contro la nostra volontà in un mondo aspro e brutale, dove le varie creature vivono ben oltre la loro naturale “scadenza” e la loro avidità non gli permette di lasciarsi andare senza prima lottare.

Il gameplay, veramente

Zelda è un gioco con alcuni semplici puzzle ambientali, magari non scontati, ma comunque intuibili, e svariati mostri o nemici sparsi per l’ambiente che potremo far fuori con uno o due colpi ben assestati. I tre cuori iniziali saranno più che sufficienti per tenerci lontani dal game over, ed i boss sono interessanti ma dai pattern ripetitivi, cosí da poterli sconfiggere al primo tentativo o comunque dopo alcuni.
Ora che vi abbiamo ricordato lo stile della saga di Nintendo, possiamo tranquillamente dirvi di scordarvi Zelda, e pensare più ad un Hyper Light Drifter.

I movimenti del protagonista saranno sciolti, gli attacchi variegati, alternando quelli ravvicinati da quelli a distanza, quelli normali da quelli caricati, aggiungendo il fatto di poter effettuare schivate. I nemici? Anche quelli resistenti, fastidiosi, con i loro pattern semplici ma efficaci, che rimuovono la nostra vita in maniera allarmante lasciandoci in situazioni veramente spiacevoli e precarie. Il mondo di gioco sarà diviso in grandi aree, ben poco lineari e piene di leve e pulsanti per aprire porte ed altrettanti percorsi, aprendo sempre di più la mappa di gioco e rendendola quasi un mondo aperto. La sezione ambientale non è per niente scontata e bisognerà esplorare, analizzare, e tentare diversi approcci per continuare la nostra avventura in un level design per niente scontato e strutturato per essere ripercorso in seguito con abilità diverse. Sarà possibile infatti sbloccare abilità o migliorare quelle presenti, scegliendo se prediligere la forza, la velocità, le schivate, e via dicendo, aggiungendo valore alla parte role playing. Per poter viaggiare rapidamente per i vari punti della mappa sbloccheremo poi delle porte sospese, che ci permetteranno di tornare in ufficio rigenerando sí le forze, ma anche i nemici affrontati, e da usare quindi con moderazione.

Il combattimento è sicuramente il fulcro del gioco, e vi assicuriamo che dovrete essere preparati ad avere riflessi molto rapidi, e dita che premono pulsanti come schegge, visto che gli errori si pagano caro, e sopravvivere in questo mondo di gioco non è per niente facile. Death’s Door non è propriamente punitivo, in quanto permette comunque una manciata di errori, ma sicuramente incontrare un boss getta un secchio d’acqua fredda al giocatore, facendogli capire che se pensasse di passare il titolo pigiando tasti a raffica e sperare di arrivare comunque a concludere il gioco, beh, si sbaglia di grosso. I boss sono sicuramente interessanti e ben caratterizzati, ognuno con i suoi pattern ripetuti, ma come tutti i nemici presenti nel titolo conoscere i pattern non significa vittoria assicurata, essendo gli attacchi abbastanza rapidi e letali.

Un consiglio? Non peccate di avarizia tentando di fare più danno di quello che riuscite, perché molto probabilmente quell’attacco in più farà invece segnare un colpo al nemico. Prendetevela con calma, schivate quanto potete, e quando il nemico vi darà il fianco, picchiate duro e rapidamente, ma per poco: un nuovo attacco è in arrivo.

L’arte nel gioco

Come ogni titolo che si rispetti, l’aspetto grafico ha sicuramente un impatto sostanzialmente enorme sul giocatore, visto che non è ciò che solamente caratterizza l’universo di gioco e ne crea la sua personale impronta, ma è anche il responsabile dello stato d’animo di chi vi gioca mentre ne esplora le varie sfaccettature, generando la sensazione adeguata al mondo creato da Acid Nerve. Non è tutto bello in Death’s Door, e questo aspetto è voluto. Sin dai primi momenti di gioco vedremo il decadimento presente ovunque, a partire dallo stesso ufficio, fino ai vari mondi. Essendo la morte il tema principale del titolo, la scelta dei colori altamente desaturati o l’assenza di essi comporta sicuramente la sensazione di un’assenza di vita, aspetto rafforzato dalla presenza di una natura morta ed un design che predilige la fredda pietra ed gli elementi in ferro. Ogni elemento presente su schermo è passato di fronte ad una selezione grafica atta a trasmettere la giusta sensazione al giocatore, per comprendere a fondo il lavoro del protagonista, e la difficile situazione in cui egli si trova. Questa scelta di design risulta particolarmente efficace in quanto qualsiasi tocco extra di colore rende la scena incredibilmente sgargiante, come una luce al neon nella notte, catturando al massimo l’attenzione e regalando un effetto pop all’inquadratura che si carica di dinamismo anche nei momenti più calmi. La colonna sonora scelta è altamente orchestrale, alternando momenti moderatamente epici durante le fasi di battaglia con i boss, ad altri ambientali e rilassanti, mantenendosi comunque tematicamente incentivante nei confronti del giocatore, quasi a dire “questo è un mondo duro, ma ce la puoi fare”.

In conclusione

Death’s Door è sicuramente un gioco avvincente e confezionato nei minimi dettagli, capace di fornire un gameplay ben strutturato ed efficace, che non mancherà di mettere alla prova le vostre abilità da giocatore. Perdersi nel gioco è facile, cosí come lo è perdere la motivazione una volta affrontati i vari boss. Ma, se continuerete senza demordere, scoprirete un titolo prezioso, con un oscuro mistero da svelare. Affronterete nemici con le loro storie e motivazioni personali, e giungerete alla fine scoprendo la verità dietro il flusso delle anime, il ruolo dei Corvi e l’origine delle Porte. Assolutamente consigliato.