Recensioni

Recensione Deadlight, un arcade per sopravvivere alla fine del mondo

Cavalcando l'onda del successo del pluri-premiato Walking Dead (più nella sua forma televisiva che non cartacea), gli zombie sembrano tornati protagonisti di una seconda gioventù della loro vita non morta, come non si vedeva dai tempi d'oro di Resident Evil.

di: Nicola "Wanicola" Caso

In un periodo relativamente calmo per il mercato videoludico come l’estate, l’unica ancora di salvezza per le nostre brame videoludiche è rappresentata dalla “Summer of Arcade” appuntamento fisso per gli imperdibili del digital delivery su Xbox Live. Dopo una partenza non propriamente entusiasmante con Tony Hawk Pros Skater HD, è tempo di rimettere mano al proprio conto digitale per quello che probabilmente rappresenta uno dei migliori Live Arcade usciti da un paio d’anni a questa parte, una nuova IP di un neonato studio che già promette faville: Deadlight.

The Walking Light

Cavalcando l’onda del successo del pluri-premiato Walking Dead (più nella sua forma televisiva che non cartacea), gli zombie sembrano tornati protagonisti di una seconda gioventù della loro vita non morta, come non si vedeva dai tempi d’oro di Resident Evil. Tequila Works, quasi a voler omaggiare tutti gli stereotipi e i luoghi comuni tipici degli zombie movies di serie B, ha imbastito per l’occasione una trama molto semplice e scontata, che i giocatori più smaliziati non tarderanno ad anticipare e capire dove voglia andare a parare. Seattle, 1986.Immagine di gioco Una misteriosa epidemia sta trasformando la popolazione mondiale in morti deambulanti vogliosi di carne umana a cui i sopravvissuti si rivolgono come “ombre”. Protagonista assoluto delle vicende è Randall Wayne, ex guardaboschi alla ricerca disperata della sua famiglia e di un modo per sopravvivere all’orrore che ormai dilaga per le strada. Il tutto senza dimenticarsi di esplorare le immancabili fogne, far squadra con uno scaltro ragazzino e combattere i soliti pazzi esaltati di un esercito ormai allo sbando. Una ricetta classica, ma comunque sempre apprezzata. Narrata attraverso delle vignette statiche, attingendo anche qui a piene mani dall’opera di Robert Kirkman, la narrazione in Deadlight passa quasi subito in secondo piano in favore di una formula di gioco tanto insolita per il genere quanto azzeccata e accattivante. Non sorprende, infatti, che dopo i primi minuti di gioco a muovere la mano sarà più la voglia di scoprire un level design sempre ispirato che non le sorti dei vostri cari.

Seattle come il Limbo

Osservando Deadlight in movimento, il primo paragone che sorge spontaneo è quello di “un Limbo con gli zombie”. E innegabile infatti come il capolavoro indie della Summer of Arcade 2010 abbia influenzato il lavoro dei Tequila Works e non parliamo solo del peculiare uso che i due titoli fanno dei giochi di luce e ombre. Quello che a prima vista può sembrare uno shooter a scorrimento orizzontale sulla falsa riga di Shadow Complex o altri classici degli anni ’80, è in realtà un piccolo grande rompicapo dove imparare a interagire con l’ambiente è più importante che non avere il caricatore pieno.Immagine di gioco D’altronde in periodi di crisi come quello dell’apocalisse zombie, i proiettili sono un bene raro e l’unico modo per sopravvivere è quello di scappare o ingegnarsi per sfruttare l’ambiente a proprio vantaggio. Come un novello Prince of Persia degli albori, Randall corre, salta, si arrampica, rimbalza sui muri, combatte i nemici con un’accetta e muore con relativa facilità. Qualche volta spara pure, anche se le circostanze e le esigenze di trama rendono quest’azione più un’eccezione che una regola. D’altronde, quando le uniche dimensioni consentite sono solo larghezza e altezza (scordatevi la profondità), imparare a sfruttare al meglio le proprie risorse e gli elementi ambientali sono gli unici modi per sopravvivere. Ben venga quindi la possibilità di attirare le ombre fischiando o facendo rumore: un ottimo diversivo per fare stragi collettive o lasciarsi alle spalle un gruppo troppo folto.Immagine di gioco La morte rimane sempre e comunque una costante e spesso per venire a capo di alcune zone (nonostante la difficoltà generale degli enigmi non sia elevatissima) saranno necessari più di un tentativo, tuttavia, la fresca miscela di elementi platform, action e puzzle conferiscono a Deadlight un ritmo invidiabile, in grado di mantenere sempre alto l’interesse e la voglia di riprovare per trovare la soluzione migliore e meno dispendiosa in termini di energie. Un vero e proprio gioiellino di game design che purtroppo paga pegno alla sua natura digitale con una scarsa durata dell’avventura principale. Quando sembra che il gioco abbia raggiunto il suo apice, purtroppo, i titoli di coda sono dietro l’angolo. Non mancano attività collaterali come la raccolta di collezionabili (che approfondiscono in maniera molto convincente il background delle vicende) e qualche minigame, extra che comunque poco aggiungono all’esperienza globale; quando un’avventura principale risulta così ben congegnata e strutturata è sempre un dispiacere poggiare il joypad dopo solo poche ore di gioco.

Serial videoludico

Ritmo e struttura a parte, un altro motivo per cui Deadlight risulta imperdibile è la sua ricercatezza in termini stilistici. Abbiamo già detto che il gioco attinge a piene mani dall’immaginario zombie collettivo. Strade devastate, macchine incendiate, case sprangate, scritte disperate sui muri e quanto altro sono immagini che tutti ormai conosciamo sin troppo bene e che nonostante ciò in Deadlight non perdono assolutamente di potenza scenica. Anzi, l’idea di riprendere il protagonista e i non morti in contro luce conferisce al titolo un impatto visivo ancora maggiore, sottolineato con enfasi dall’utilizzo di filtri grafici decisamente “sporchi” e da una camera dinamica che entra ed esce dagli edifici ora con estrema irruenza, ora con elegante calma, a seconda che Randall entri sferrando un calcione alla porta o strisciando di soppiatto per un cunicolo.

Il digitale che sorprende

Deadlight è un titolo imperdibile, ci teniamo a ribadirlo esplicitamente. Un piccolo capolavoro in Digital Delivery che ci dimostra come il settore stia compiendo grandi passi in questa direzione, contrariamente a un mercato fisico che pare brancolare nel buio e svegliarsi solo in occasione delle feste con i soliti titoli ormai noti. La scarsa durata del titolo, unico vero difetto di una produzione altrimenti impeccabile, è comunque ampiamente sopperita dal prezzo richiesto; i 1200 Microsoft Points richiesti per il download sono un ottimo prezzo per poter godere di qualcosa di originale e divertente anche se solo per un paio d’ore. A quando un seguito?