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Recensione Dead or Alive 6

di: Simone Cantini

Se penso ai picchiaduro 3D, di sicuro, il mio cuore non può che volare rapido a quel Tekken di casa Namco Bandai che, nella sua terza ed indimenticabile sortita casalinga, fu il felice compagno di innumerevoli pomeriggi/nottate universitarie. Un piccolo posticino nel mio cuore, però, seppe ritagliarselo anche un altro rullacartoni, forse meno avvincente e spettacolare del suo rivale, ma dotato di una carta segreta in grado di catalizzare senza indugi l’attenzione dello spettatore più distratto, come eravamo noi giovani studentelli di un tempo: nel pieno della nostra potenza ormonale, difatti, pur se incarnato da una serie di poligoni tutt’altro che realistici, lo sballonzolare ipnotico dei seni di Kasumi, Lei-Fang e compagnia stimolante era davvero difficile da ignorare. E pur se rinnovato nei contenuti e nei modi, quel brand ideato dalla folle mente di Tomonobu Itagaki, è pronto a titillare i nostri polpastrelli ancora oggi, grazie a Dead or Alive 6.

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Sasso, tetta, forbice!

Pur se lontana dai riflettori, e spesso a torto considerata un esponente minore del genere, la saga Tecmo Koei può vantare una militanza nel settore ultra ventennale, ma nonostante il suo corposo curriculum, il titolo si basa da sempre su di un peculiare sistema di combattimento, molto simile alla classica morra cinese: il Triangle System, il fulcro attorno a cui ruota l’esperienza ludica della serie, che prevede l’impiego di tre distinte mosse, ovvero attacco, proiezione e presa. Queste, come nel popolare gioco citato poco sopra, vuole che ciascuna di queste tre tipologie di azione sia efficace contro una delle altre due e, contemporaneamente, vulnerabile alla rimanente. Si tratta di un sistema apparentemente molto semplice da comprendere, ma che una volta sviscerato a dovere garantisce agli scontri una profondità tattica ed una spettacolarità degne di nota, vista l’attenzione che occorre riversare nella lettura delle azioni avversarie, così da poter controbattere nel migliore dei modi. E Dead or Alive 6, fedele alle proprie origini, non rinnega questo consolidato meccanismo, riproponendo in maniera quasi immutata il proprio cavallo di battaglia (nel vero senso del termine), non rinunciando ad affiancargli qualche novità strutturale. Tutto, il resto, se si è avvezzi al titolo, ritornerà nella forma dei due attacchi (calcio e pugno, assegnati ad altrettanti pulsanti del pad), che potremo combinare tra loro per dare vita ad un corposo set di combo. L’altra coppia di comandi, come prevedibile, sarà legata alle citate proiezioni e alle prese, due meccaniche che faremo meglio a padroneggiare quanto prima se non vorremo inevitabilmente soccombere in occasione degli scontri online, oppure giocando in solitaria ai livelli di difficoltà più elevati.

La potenza è nulla senza controllo

Pur se incanalato saldamente nel filone della propria tradizione, Dead or Alive 6 si è concesso il lusso di inserire una nuova tipologia di attacchi, i così detti Colpi Devastanti, legati al riempimento di una apposita barra, che si andrà al solito a caricare assestando o ricevendo attacchi. Questi fendenti potranno essere sferrati in modo molto semplice, premendo il dorsale destro, a patto di avere sufficiente energia a disposizione, e potranno ribaltare in maniera molto repentina l’esito degli scontri, visto che l’avversario potrà controbattere soltanto se avrà la suddetta barra al completo, e deciderà di sfruttarla per effettuare la necessaria contromossa. Per quanto galvanizzanti da utilizzare, visto l’eccellente feedback dei colpi che Dead or Alive 6 riesce a restituire, i Colpi Devastanti risultano essere un’introduzione non bilanciata in maniera ottimale, a causa del modo non proprio equo con cui attacco e difesa degli stessi vengono gestiti: una leggerezza che in un titolo che mira ad entrare nel circuito degli esport non mi sarei mai aspettato di riscontrare. Pur al netto di questa leggerezza, però, il titolo Tecmo Koei propone un combat system di tutto rispetto, esaltante, divertente, e semplice da padroneggiare, ma che richiede comunque una buona dose di dedizione per essere sviscerato a dovere ed esprimere tutto il proprio potenziale. Un ulteriore punto a favore e rappresentato dal roster dei 24 personaggi attualmente disponibili nel gioco base (due ulteriori sono ottenibili tramite DLC), ben caratterizzati per quanto riguarda la varietà di stili di lotta utilizzati e che, pur mancando alcuni elementi storici del brand, si fa apprezzare per l’arrivo di due stuzzicanti new entry, Diego e NiCO. Il primo è un lottatore di strada abile nel combattimento a mani nude, mentre la seconda è una sorta di Rei Ayanami in salsa nerd. Se è quindi vero che in quanto a qualità e quantità dell’offerta battagliera non ci si può certo lamentare, è pur vero che negli ultimi anni la serie ha saputo distinguersi in negativo per l’impiego scellerato dei season pass e delle espansioni accessorie e, almeno stando alle ultime dichiarazioni, anche questo Dead or Alive 6 potrebbe seguire la medesima, sciagurata strada: io vi ho avvisato!

Qualità e quantità?

Pur se con qualche piccolo neo, quanto detto fino ad ora in merito a Dead or Alive 6 non può certo che fare felici i fan del genere, peccato che andando ad esaminare la proposta meramente contenutistica, la situazione per il titolo Tecmo Koei inizi a farsi un pochino meno rosea. Con il passare degli anni, grazie anche al mastodontico lavoro fatto in casa Netherrealm, siamo stati abituati ad una mole di attività offline decisamente fuori dal comune, eppure i ragazzi di Team Ninja non sembrano aver recepito a dovere la lezione di Ed Boon e soci, vista la pochezza delle attività che è possibile svolgere in solitaria all’interno di Dead or Alive 6. Oltre al canonico story mode, corposo ma non certo indimenticabile, sia per ritmo che narrazione (il tutto è proposto in modo frammentato, simile a quanto visto in Forbidden Siren), non potremo fare altro che dedicarci alla modalità Arcade, al Time Attack e al Survival, attività già sviscerate in tutte le salse. A queste si accompagna una serie di 104 sfide, più simili ad allenamenti mirati che ad una modalità ad-hoc, ed una corposo (questo sì) set di tutorial in grado di farci metabolizzare a dovere il combat system della produzione. A chiudere il cerchio ci pensano abiti sbloccabili semplicemente inanellando combattimenti su combattimenti, ma che si sono già rivelati infarciti dei citati DLC. Insomma, l’originalità non è certo di casa, visto il modo sin troppo striminzito e canonico con cui il team nipponico ha deciso di intrattenere i giocatori solitari. Le cose non migliorano neppure scegliendo di collegarsi alla rete, dato che al momento sono disponibili soltanto gli incontri classificati: nessuna possibilità di creare stanze personalizzate, invitare amici (eresia!), creare tornei o quanto altro. A ciò si aggiunge un netcode sin troppo ballerino che, tra freeze, lag e disconnessioni improvvise, rende l’esperienza online tutt’altro che indimenticabile. Vero è che Team Ninja abbia già promesso una revisione dell’infrastruttura, ma allo stato attuale la situazione è davvero disarmante. Non stupisce neppure più di tanto il comparto tecnico, sì pulito e definito, ma che avrebbe senza dubbio potuto dare di più, visto anche che si tratta del primo capitolo della saga progettato specificatamente per le console dell’attuale generazione. Ottimo, invece, l’accompagnamento audio, che può vantare una soundtrack eccellente ed un doppiaggio in lingua nipponica di buonissima fattura. Inutile dirvi che il voice over inglese è meglio far finta che non esista.

Dead or Alive 6, allo stato attuale delle cose, rappresenta la più efficace personificazione del vecchio vorrei ma non posso, vista la duplicità realizzativa che lo contraddistingue. Ad un combat system accattivante e stratificato, pur se sporcato da un pizzico di superficialità, si accompagna un pacchetto di contenuti davvero misero per lo scenario attuale dei picchiaduro. L’offerta single player, difatti, è quanto di più blando e canonico si possa pretendere oggi da un prodotto del genere, mentre l’online si presente all’appuntamento in vesti quanto mai dimesse e deficitarie. Si tratta evidentemente di una produzione ancora in corso d’opera, capace di intrattenere senza remore in virtù del proprio eccellente gameplay, ma che ha bisogno di qualche sforzo produttivo ulteriore (ovviamente gratuito) per emergere con prepotenza dal sottobosco nel quale ha scelto consapevolmente di rintanarsi.