Recensioni

Recensione Cyberpunk 2077

di: Simone Cantini

Nei quasi 10 anni di militanza sul Tribe ne ho scritte di recensioni, ma sono state rarissime le volte in cui mi sono trovato in difficoltà nel dovervi parlare di un gioco in particolare. Sotto gli occhi me ne sono passati davvero di tutti i tipi, bellissimi, appena decenti o decisamente orripilanti, ma mai come nel caso di Cyberpunk 2077 ho avuto il timore di approcciarmi alla scrittura del pezzo che (mi auguro) vi apprestate a leggere. Sarà perché il titolo lo attendevo con ansia da troppi anni, che il lancio è stato costellato da numerosi problemi, oppure perché l’ultima fatica di CD Projekt Red si è resa protagonista di un evento decisamente anomalo nel panorama videoludico, fatto sta che questa recensione, mai come prima è stata quanto mai travagliata e faticosa.

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Io sono V

Proprio per i motivi di cui sopra, la mia disamina dell’avventura di V potrebbe non andare a coprire in maniera eterogenea e completa l’esperienza di gioco, visto che pur essendomi tenuto il più possibile lontano da ogni news successiva al debutto che lo riguardasse, è stato difficile non confrontarmi, anche a livello puramente redazionale, con la miriade di problematiche che hanno contraddistinto questo sofferto debutto. Mi sono comunque sforzato il più possibile di godermi l’avventura partorita dallo studio polacco in maniera più distaccata possibile, quasi come se fossi un giocatore incappato per caso nella caotica Night City, così da poter osservare in modo quasi asettico quel turbinio di situazioni che hanno avuto per protagonista la mia personalissima versione di V. Addentrarsi anche solo per un attimo nella sceneggiatura vorrebbe dire rinunciare a parte del fascino narrativo di Cyberpunk 2077, che non esito a definire quanto mai sontuoso per ritmo e scrittura: perdersi per le vie della tentacolare città futuristica, oppure per le desolate Badlands che la circondano, è una vera gioia per ciascun giocatore che ami i mondi virtuali finemente cesellati, data la ricchezza stilistica e la cura maniacale per il particolare che contraddistingue il lavoro del team. Night City, pur al netto di tutte le rinunce figlie dello sviluppo sin troppo travagliato, è una città viva e pulsante, in cui ogni anfratto nasconde una storia da raccontare, e che i ragazzi di CD Projekt Red sono riusciti a proporci nel miglior modo possibile: sia che si parli della main quest, che di una semplice missione secondaria, nulla viene lasciato al caso ed è trattato in modo tale da rendere equivalente lo spessore ludico/narrativo. Non importa a quale storyline sceglierete di approcciarvi, la sensazione che si avvertirà sarà sempre quella di trovarsi al cospetto di una serie di eventi di primo piano, e poco importa che si tratti della lotta per la sopravvivenza di V, dell’omicidio di una doll, oppure della crisi di coscienza delle personalità multiple di una IA che gestisce un azienda di taxi, Cyberpunk 2077 si prenderà sempre il giusto tempo per rendere indimenticabile e degna di essere vissuta la storia in questione, al punto che non saremo mai portati a considerare secondario anche il più banale degli obiettivi. È sicuramente questo uno dei maggiori punti di forza del titolo, di cui non svelerò alcunché del plot principale (che per dovere di cronaca ci tengo a sottolineare non ho ancora concluso, pur essendo nelle battute finali), proprio perché si tratta di una narrativa che merita di essere vissuta senza nessun tipo di anticipazione, data la qualità degli eventi narrati. Sotto questo punto di vista, pertanto, si può solo essere più che soddisfatti del lavoro svolto dal team, che è riuscito a regalarci un florilegio di avventure fortemente caratterizzate, che hanno ovviamente la massima espressione nella main quest, e che riescono a cesellare un mondo futuristico estremamente coerente con le atmosfere del gioco di ruolo cartaceo a cui si ispira, rendendo quanto mai efficace l’immersione del giocatore, anche in virtù di una visuale in prima persona che, come poche altre volte mi era successo di sperimentare, rappresenta davvero il modo più efficace per raccontare quello che viviamo sullo schermo.

Benvenuti a Night City

Naturalmente un ottimo gioco, per definirsi tale, non può basarsi unicamente su di un plot avvincente (salvo rarissime eccezioni), ma deve anche essere supportato a dovere da un gameplay in grado di acuirne in maniera sensibile il potenziale. Ed è qua che si cominciano ad avvertire i primi scricchiolii in Cyberpunk 2077, anche se la situazione, come può tranquillamente confermare il voto in calce alla recensione, non è così drammatica come il web ci ha portato a credere in queste ultime settimane. Almeno per quanto riguarda la mia personalissima esperienza, ci tengo a ribadire. La progressione di gioco all’interno della creatura CD Projekt Red, si basa su due elementi portanti: gunplay e struttura GDR. Sulla prima mi sento di esprimere un giudizio tutto sommato positivo, dato che quanto reso disponibile ai giocatori è un sistema immediato ed onesto, non certo tra le vette del genere, ma sicuramente un tipo di esperienza divertente e funzionale, con una buona caratterizzazione delle differenti bocche da fuoco disponibili. Sotto questo aspetto, i ragazzi polacchi si sono davvero sbizzarriti, rendendo disponibile una quantità di armi spropositata, capace di avvicinarsi a quanto visto nei looter, che potremo potenziare e personalizzare (a seconda dei casi) con una serie di modifiche. Presente anche una suddivisione interna degli strumenti di offesa che tra tradizionali, tecnologiche (in grado di generare colpi caricati) e smart (dotate di tracciatura dei colpi), renderà sempre variegato l’approccio agli scontri. In tal senso, invece, delude il sistema adottato per i combattimenti melee, davvero indecente ed abbozzato, di sicuro uno degli elementi peggiori dell’intera produzione.

Sul fronte ruolistico la situazione è ancora più complessa, dato che il sistema di crescita di V, pur essendo molto fumoso e poco intuitivo nelle fasi iniziali (i tutorial sono decisamente carenti nel complesso), ci apre poco a poco un mondo sconfinato di potenziamenti che, alle caratteristiche di base, lega uno spropositato sottoinsieme di perk aggiuntivi in cui perdersi letteralmente. Tutto il sistema di sviluppo del personaggio ruoterà attorno alle due distinte tipologie di approccio che sarà possibile adottare durante tutto il gioco, ovvero stealth ed aggressivo. Se per quanto concerne il secondo caso c’è davvero poco di cui parlare, è sul primo che è doveroso spendere qualche parola, data l’estrema importanza che questa parte ricopre in termini di puro gameplay: grazie agli innesti cibernetici, difatti, V potrà hackerare i sistemi degli altri personaggi e dei dispositivi di difesa, così da poter agire nell’ombra, grazie a meccanismi di infiltrazione sempre stuzzicanti, coadiuvati da una level design che rende sempre disponibili differenti pattern di approccio allo scontro. Se sceglieremo di agire nell’ombra, non sarà raro trovarsi a prendere il controllo di una telecamera di sicurezza, tramite la quale scovare una guardia di pattuglia che potremo stendere, friggendogli il cervello, tramite un impulso elettromagnetico, o che magari potremo rendere temporaneamente cieca disattivandole le ottiche. Il tutto ruoterà attorno ai nostri innesti bionici, che potremo modificare presso i bisturi (i medici del gioco) in una maniera che ricordo molto i recenti Deus Ex. Insomma, per quanto riguarda l’ibridazione shooter/gioco di ruolo, le basi sono sicuramente soddisfacenti, ma finiscono per scontrarsi in modo evidente con una delle lacune che affliggono il gioco, ovvero l’IA nemica. Questa è risultata davvero molto grezza ed elementare, soprattutto se confrontata con quel nuovo paradigma del genere che risponde al nome di The Last of Us: Parte 2, il che è davvero un peccato, e finisce per ridurre in molte situazioni il pathos dato dai vari approcci. Un ulteriore difetto abbastanza macroscopico di Cyberpunk 2077, davvero incomprensibile visto il peso che ha nell’esplorazione del vasto mondo di gioco, è sicuramente legato al modello di guida sin troppo leggero che regola i numerosissimi veicoli disponibili in-game, tale da rendere a tratti inguidabili i mezzi più performanti, soprattutto quando ci ritroviamo a sgommare per le polverose Badlands. Quello che ne viene superficialmente fuori, pertanto, se ci si limita a leggere in maniera distaccato quanto scritto, potrebbe spingervi a non ritrovare una coerenza di fondo con il voto espresso nella recensione, ma mai come nel caso di Cyberpunk 2077 mi sono ritrovato a constatare come non sempre sia la somma degli elementi a fornire il totale: se presi singolarmente, difatti, i vari elementi di gioco non raggiungo in nessun caso l’eccellenza di genere, e questo è palese, ma simili lacune sono smussate prepotentemente dall’amalgama generale che regola il tutto, capace di rendere stranamente tollerabili alcune storture, non appena queste finiscono per essere accompagnate dagli elementi più riusciti. Ludicamente e strutturalmente parlando, Night City non sarà certo la città in gradi di ridefinire il concetto di open world, ma grazie all’impeccabile caratterizzazione che la contraddistingue, unita ad un level design capace di nascondere una sorpresa in ogni vicolo, e che non si vergogna di regalarci anche una spiccata verticalità, il girovagare per le sue strade, anche solo per il piacere di farlo, rappresenta una vera gioia per gli occhi e per il pad.

Scelte difficili

È difatti innegabile come il lavoro stilistico alla base di Cyberpunk 2077 sia quanto mai sontuoso, grazie ad una attenta resa digitale dell’universo cesellato da anni di letteratura di genere e dalle pagine del gioco di ruolo cartaceo: non c’è, difatti, un singolo anfratto della città che non riesca a trattenersi dal raccontarci un piccolo frammento di questo mondo violento ed ipertecnologico, alla cui estrema e viva caratterizzazione contribuiscono in maniera evidente i numerosi documenti reperibili, i vari notiziari che imperversano sui maxischermi sparsi per la città, oppure le infinite conversazioni che è possibile carpire anche semplicemente passeggiando. Sotto questo aspetto, pertanto, Night City è una metropoli viva e credibilissima, che pur avendo perso gran parte delle feature promesse in questi anni, è davvero difficile non amare. Ed è proprio adesso che inizia il discorso più spinoso della disamina, ovvero quello legato alle prestazioni del titolo. Dopo aver trascorso svariate ore in compagnia di V, è evidente come Cyberpunk 2077 sia un titolo ambizioso, decisamente troppo, che è stato figlio di uno sviluppo complesso e afflitto da macroscopiche correzioni in corso d’opera: avendo un passato (molto remoto) da giocatore PC, è evidente come il tutto nasca con in mente un’esperienza diretta alla tanto vituperata master race, un ecosistema in cui è sempre difficile scendere a compromessi.

La situazione cambia, al solito, quando le ambizioni devono adattarsi ad un sistema chiuso come quello console, in cui i voli pindarici finiscono spesso per tradursi in bruschi e violenti schianti. Giocare su Xbox Series X rende evidente questa castrazione, dato che il gioco stesso sembra sempre sul punto di volerci offrire un qualcosa di veramente next gen, senza però mai compiere quel passo in più. L’aspetto che ho notato con maggiore ricorrenza è di tipo puramente visivo, con elementi dotati di una incredibile personalizzazione che sono troppe volte accostati ad altri decisamente più dimessi, quasi come a voler sottolineare la volontà del team di mantenere il famoso piede in due scarpe. Questa voglia di next gen è avvertibile soprattutto a livello di illuminazione, che sembra gridare ray tracing ad ogni scorcio, viste le numerose e massicce fonti di luce che ammantano ogni singolo anfratto del mondo di gioco, e che mi spingono ad attendere con ancora più trepidazione il promesso (e chissà quando rilasciato) update. A livello puramente prestazionale, per lo meno, la macchina Microsoft mi ha permesso un’esperienza di gioco decisamene positiva, durante la quale solo un paio di volte sono incappato in un bug che mi ha impedito di terminare in modalità stealth la missione. Per il resto non ho mai sperimentato crash, rallentamenti evidenti o cali di prestazionali: solo scegliendo di dare la precedenza al frame rate sono comparsi alcuni pop up di riflessi stradali, ma si tratta davvero di inezie trascurabili. Più volte, pertanto, mi sono trovato a chiedermi, sin dal day one (giorno in cui è arrivato il codice redazionale), se le polemiche legate al titolo fossero solo figlie della cassa di risonanza del web, visto il modo in cui mi sono ritrovato a giocare. Discorso differente per quanto riguarda le versioni PS5 e PS4 Pro, testate a loro spese (letteralmente) dai nostri Marco e Stefano, che sono risultate purtroppo in linea con quanto letto in rete. In assenza di una mia prova diretta, pertanto, vi invito a prendere in considerazione il voto relativamente alla mia personalissima esperienza. Chiudo spendendo un paio di parole sulla localizzazione italiana del titolo, che è sicuramente una delle migliori mai viste in un videogioco, soprattutto tenendo conto della quantità di audio e testo presente, e che ha nella presenza di Luca Ward nei panni di Keanu Reeves/Johnny Silverhand la vera ciliegina sulla torta.

È stato decisamente un viaggio lungo e complicato, ma se siete arrivati alla fine della recensione non posso che ringraziarvi per la pazienza. Giunti a tirare le fila del discorso, comunque, per riprendere quanto detto in apertura, giungere a questo punto non è stato semplice, anche perché mai mi era capitato di dover parlare di un titolo multipiattaforma in relazione ad una singola macchina: Cyberpunk 2077, almeno su Xbox Series X, è un titolo che merita ampiamente il voto che trovate subito qua sotto, pur al netto del ridimensionamento di cui è figlio. Se siete in possesso dell’ultima macchina Microsoft, pertanto, l’acquisto è quanto mai consigliato, dato che i CD Projekt Red sono riusciti a confezionare un buonissimo RPG che, per quanto non certo rivoluzionario, denota un amore ed una cura smisurati. Inutile aggiungere altro, dato che credo di aver scritto abbastanza per rendere chiaro il quadro complessivo. A voi la scelta.