Recensione CrossCode
di: Simone CantiniSe c’è un genere che associo con gioia al periodo dei 16 bit (ma anche a buona parte dei 32), è senza dubbio quello dei jrpg bidimensionali, realizzati rigorosamente in pixel art, per ovvie limitazioni del periodo. E dopo anni ed anni in cui la corsa al 3D, sdoganato dalla più celebrata delle Fantasie Finali, faceva la voce grossa, ci hanno pensato gli indie a riportare in auge un simile impianto stilistico, sia per motivi prettamente nostalgici che di puro budget. Tra le presenze più riuscite all’interno di questa folta schiera di emuli, due anni fa comparve CrossCode, piccola gemma indipendente che, dopo 24 mesi spesi nel processo di conversione, è pronta a risplendere anche su console.
accettare i cookie con finalità di marketing.
Un gioco nel gioco
In linea con un genere che sprizza sensazioni familiari da tutti i pixel, la storia che fa da cornice a CrossCode non è certo tra le più originali ed impensabili: vestiremo, difatti, i panni di Lea, l’avatar di un MMORPG ambientato nel mondo reale, che non ricorda nulla di un passato che, come vuole la prassi, spetterà a noi riportare alla luce, ovviamente non senza aver sudato le proverbiali sette camice e grindato come se non ci fosse un domani. Se le premesse non fanno certo gridare al miracolo, almeno nelle battute iniziali, è il setting generale del titolo Radical Fish Games a colpire nel segno, nonostante i palesi echi di produzioni come Sword Art Online e H.A.C.K. siano fortemente presenti. Come detto poco sopra, difatti, il CrossCode del titolo non è altro che un enorme MMORPG che si sviluppa in luoghi reali, a cui giocatori i giocatori sparsi nel globo possono interfacciarsi attraverso gli avatar meccanici come Lea. A colpire sin dal principio è il modo estremamente curato e convincente con cui i membri del team hanno cesellato il setting, che si dipana poco a poco sotto gli occhi del giocatore, rivelando una coerenza ed una mitologia decisamente affascinanti, pur non rinunciando ai consueti cliché ambientali cari ai giocatori più anziani, ma che non rappresentano certo un male in produzioni del genere. Ed è proprio questa natura di (finto) gioco di ruolo massivo ad aprire le porte ad una serie di quest estremamente numerose, data l’abbondanza di NPC che incontreremo lungo il nostro cammino, capaci di far lievitare considerevolmente il già cospicuo monte ore necessario ad arrivare ai titoli di coda. Questa natura fittizia, però, si porta dietro anche qualche inevitabile limite, come l’impossibilità di creare il nostro personaggio da zero, dovendo quindi scendere a compromessi con la natura fissa di Lea, per ovvi motivi narrativi. Le uniche possibilità che avremo per divagare in tal senso ci giungeranno dai vari giocatori “reali” in cui ci imbatteremo nel corso dell’avventura, con i quali potremo formare un pary e poter, quindi, beneficiare delle loro peculiari caratteristiche, seppure in forma passiva, dato che non potremo controllarli direttamente.
Tanto e bene
Seppur ascrivibile, come detto, al cosmo dei jrpg, la voglia di ibridare vari generi è molto forte in CrossCode, con la natura della progressione che strizza più di un occhio agli Zelda classici, sia per la struttura a schermate che caratterizza l’area di gioco, sia per la presenza di dungeon e puzzle ambientali, tutti decisamente impegnativi da affrontare. La stessa natura ruolistica, seppur corroborata da statistiche, equipaggiamenti ed abilità suddivise in vari rami e da sbloccare per mezzo di un corposo skill tree, si permette qualche divagazione action e shooter per quanto concerne il combat system. Questo si sviluppa in tempo reale, e permetterà di combinare tra loro attacchi corpo a corpo e a distanza, con questi ultimi realizzabili per mezzo di una configurazione di controlli che ricorda a tratti i twin stick shooter. Non mancano, ovviamente, anche abilità speciali, counter e schivate, capaci di rendere estremamente frenetici i vari scontri, la cui difficoltà si attesta su livelli decisamente ostici sin dalle prime battute, sebbene il team abbia implementato un sistema di modifiche in grado di rendere più accessibili in qualsiasi momento i combattimenti ed i puzzle. Questi ultimi, soprattutto per quanto concerne i dungeon, ricopriranno un ruolo di spicco all’interno dell’economia ludica, e si sono rivelati sempre molto interessanti e mai eccessivamente banali, anche se personalmente li ho trovati in alcuni casi un po’ troppo prolissi in quanto a quantità, ma mi rendo conto che si tratti di un parere puramente soggettivo. Insomma, sul fronte del gameplay CrossCode dimostra di aver imparato la lezione impartita dai grandi con il passare degli anni, presentandoci un mix di elementi sicuramente ben confezionati ed amalgamati tra loro. Così come riuscito è l’omaggio all’estetica dei tempi che furono che, forte di una pixel art gradevole e dotata di quel benvenuto alone familiarmente nostalgico, non farà rimpiangere le massime espressioni poligonali attuali, al pari della colonna sonora volutamente old school.
Giocare a CrossCode è come fare un piacevole tuffo nel passato videoludico di oltre due decadi fa, in cui i jrpg si muovevano orgogliosamente in due dimensioni. Il lavoro dei ragazzi di Radical Fish Games è risultato, quindi, un sentito e riuscito omaggio ad un genere che sembra a tratti essersi perso tra le pieghe del tempo, ma che se messo nelle mani giuste dimostra di avere ancora tanto da dire. CrossCode è un’esperienza sicuramente divertente e longeva, ricca di spunti interessanti e sorretta da un setting intrigante, seppur non privo di qualche cliché, ma anche costruito attorno ad un mix di elementi di gameplay ben congeniati. Insomma, il lavoro del team tedesco, almeno su console, si è fatto attendere un po’ troppo a lungo, ma possiamo dire che, visti i risultati, il tempo che ci ha separato da questa conversione è stato ben speso.