Recensione Cronos: The New Dawn
di: Simone CantiniLi aspettavamo tutti al varco, convinti che tutto sarebbe tornato come prima, pronti a celebrare il prevedibile passo falso in grado di cancellare l’imprevisto exploit di Silent Hill 2 Remake. Anche perché pareva davvero impossibile, visto il pregresso buono ma non certo esaltante che ne ha caratterizzato la storia. Eppure, zitti zitti e sorprendendo davvero tutti, i ragazzi di Bloober Team sono tornati sulle scene, a quasi un anno esatto di distanza, pronti a terrorizzare nuovamente vecchi e nuovi fan, riportandoli alle origini più pure ed intransigenti dei survival horror. E per farlo, stavolta, hanno deciso di utilizzare unicamente farina del loro sacco, grazie a quella nuova ed interessantissima IP che risponde al nome di Cronos: The New Dawn.
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Back to the future
Sin dal primo trailer di gameplay i paragoni con pesi massimi del passato videoludico si sono sprecati, a causa di notevoli somiglianze con titoli che hanno contribuito a caratterizzare e ridefinire il concetto di survival horror. E confesso che simili disquisizioni, almeno a livello puramente superficiale, hanno trovato la loro brava conferma in Cronos: The New Dawn. Difficile, difatti, non scorgere echi provenienti da Dead Space, The Last of Us, Resident Evil oppure Bioshock, ma se è vero come l’eredità disseminata da simili produzioni sia effettivamente palpabile, è anche vero che il lavoro di Bloober Team è riuscito a declinare le fonti di ispirazione in maniera assolutamente personale ben definita. L’avventura della nostra scafandrata Viaggiatrice, difatti, ha un’identità propria molto forte e riesce a veicolare in maniera assolutamente autonoma le idee di gameplay del titolo polacco.
E lo fa innanzitutto per mezzo di una sceneggiatura che, per quanto assai rarefatta nella sua interezza, pur non rinunciando a qualche dialogo ben più dilatato, capace di catturare l’attenzione del giocatore sin dalle prime battute, pur avanzando lungo binari non proprio del tutto inesplorati. Un viaggio in bilico tra passato e futuro, al centro del quale troviamo la razza umana oramai decimata da una misteriosa malattia che porta gli esseri umani a fondersi tra di loro, all’interno di marcescenti agglomerati di carne pulsante. A cercare di salvare gli ultimi barlumi di umanità troveremo la Collettività, un astratto ente che per mezzo di letali individui corazzati si preoccupa di estrarre le essenze vitali di alcuni individui particolari, gli unici in grado di poter garantire (per non meglio precisate ragioni) la sopravvivenza di ciò che rimane degli abitanti della Terra.
Portare a temine questo compito si tradurrà nell’attraversare le strade desolate e pregne di morte di questa distopia futura, raccogliendo indizi ed indugiando attorno ai piccoli e strazianti racconti che hanno accompagnato questa ingloriosa fine: graffiti scoloriti, frammenti di lettere e registrazioni spezzate contribuiscono a rendere palpabili e strazianti gli ultimi istanti di quelle esistenze soffocate dal letale morbo. Un’altalena che ci porterà tanto ad esplorare questo grigio futuro, ma anche l’inizio degli anni ’80, momento in cui tutto ebbe drammaticamente inizio.
Tra deliri religiosi e sociopolitici, così artificiosi ma anche dannatamente reali e contemporanei (difficile non ripensare alla pandemia legata al Covid-19), la Varsavia raccontata da Bloober è quanto mai credibile e reale, vuoi per la scelta di ambientare il tutto all’interno di un’ambientazione ispirata ad un reale quartiere della città (Nowa Huta), vuoi per l’aver contaminato il racconto con frammenti storici realmente accaduti negli anni tratteggiati in Cronos: The New Dawn. C’è pertanto di che essere pienamente soddisfatti in merito al lavoro di scrittura, che fortunatamente non è l’unica freccia a disposizione della nuova IP dello studio.
Di necessità virtù
Lo dico subito, almeno se siete inclini a passatempi più rilassati non potrete dire che non vi ho avvertito: Cronos: The New Dawn è un survival horror vecchia scuola, difficile ed impegnativo oltre che capace di incarnare in maniera brutale l’essenza del genere. Era da tanto che non mi capitava di girovagare in videogioco avendo perennemente addosso la sensazione di essere disarmato, costretto a centellinare con parsimonia le sparute risorse a mia disposizione. L’avventura non è generosa con il giocatore, e lo metterà realmente davanti alla necessità di gestire con oculatezza proiettili e cure, cercando di sfruttare anche l’ambiente a disposizione per sbarazzarsi delle letali creature che popolano Varsavia.
Un’impostazione spartana e pragmatica che si evidenzia anche nella gestione dell’inventario, legato come un tempo a slot risicati (per quanto espandibili tramite il sistema di potenziamento di armi e armatura), che va così ad acuire questo senso inadeguatezza. A rendere un pizzico più docile la scarsità di risorse ci pensa un elementare sistema di crafting che, sfruttando una coppia di materiali reperibili in-game, ci consentirà di rimpolpare lievemente le nostre scorte, rigorosamente in tempo reale e senza che il gioco venga messo in pausa. Risorse che serviranno, oltre che per recupera la nostra energia vitale, anche per sfruttare il ristretto ma efficace arsenale che sarà possibile sbloccare proseguendo nel gioco: pistole, shotgun, balestre, mitragliatrici e lanciafiamme, c’è davvero di che essere soddisfatti.
Non lasciare che si fondano!
Tutto ciò sarà indispensabile per avere la meglio degli Orfani, le letali creature nata dalla mutazione umana, che saranno in grado di rappresentare una seria minaccia anche da morti: la loro natura li porterà a fondersi con i cadaveri per assorbirne i poteri e dare vita ad organismi ancora più potenti, pertanto dovremo evitare che ciò accada quando saremo impegnati in combattimento. Un aiuto ci verrà dal fuoco del nostro lanciafiamme, peccato che per la maggior parte del gioco avremo a disposizione una sola carica alla volta, situazione che ci richiederà una pianificazione strategica ulteriore. Unite il tutto a creature particolarmente resistenti e spesso caratterizzate da punti deboli ostici da centrare, oltre che presenti in numero generoso, ed il risultato saranno scontri a fuoco che ci vedranno spesso restare a secco, così da acuire notevolmente quella sadica sensazione di precarietà.
Letta così potrebbe sembrare come una scelta di game design inutilmente frustrante e gratuita, ma in tal senso Cronos: The New Dawn non è un titolo che gioca sporco perché sì (salvo qualche piccolissima e mai letale eccezione), ma che ha scelto scientemente di ritornare alle origini di un genere nato proprio per far sentire il giocatore perennemente in bilico. Ed è proprio in questa sua precisa volontà di allontanarsi da esperienze oramai trasformate in puri shooter che risiede un altro punto di forza di questa neonata IP. Ovviamente non vivremo di sole mattanze, dato che la progressione sarà caratterizzata anche da piccoli ed elementari momenti più riflessivi, in cui dovremo attivare generatori oppure deformare l’ambiente sfruttando le anomalie temporali presenti: al netto di questa semplicità, tutto contribuisce a garantire all’avventura un ritmo solido e quasi perfetto, capace di tenere sempre ben salda l’attenzione del giocatore.
La nebbia agli irti colli…
E molto, in tal senso, è da imputare anche ad una direzione artistica eccellente, che pur non potendo fare a meno di evocare Silent Hill e The Last of Us in diverse occasioni, riesce a costruire uno scenario fortemente evocativo ed ammaliante. Il modo in cui lo spigoloso rigore della Polonia figlia della Cortina di Ferro è stato traslato sullo schermo è davvero eccellente, e riesce a veicolare alla perfezione quel senso di oppressione e decadenza che tanti racconti hanno contribuito a codificare. A ciò contribuiscono anche alcuni brevissimi filmati dell’epoca, capaci di calare il player all’interno di questo austero e rigoroso contesto in una frazione di secondo, andando ad assecondare le suggestioni visive veicolate durante l’azione. E a questo punto passa pure in secondo piano il mero aspetto tecnico che, pur non essendo sempre puntualissimo in quanto a conta dei frame in entrambe le modalità previste (niente di drammaticamente evidente, sia chiaro), è comunque piacevolissimo da vedere in movimento.
Ed una simile potenza espressiva non poteva certo esimersi dalla presenza di un comparto sonoro parimenti azzeccato, che ha in primis nella rarefatta ma puntuale colonna sonora, ricca di echi che richiamano la science fiction degli anni ’80, uno degli interpreti principali. Sarebbe però ingiusto non parlare dell’ottima effettistica, che tra sussurri e grida, sinistri gorgoglii e rumori improvvisi, sanno dare vita alla paura anche in assenza di stimoli prettamente visivi. Calzante anche il doppiaggio in lingua inglese (tutto è localizzato testualmente in italiano), che alterna la fredda recitazione degli sparuti algidi agenti della Collettività alle più vibranti e drammatiche prove attoriali degli altri protagonisti.
Terrore portatile
Su Switch 2 le cose sono leggermente diverse dal punto di vista prestazionale. Possiamo osservare un leggero ma evidente downgrade grafico, per via di una risoluzione ovviamente minore, ed una presenza di aliasing più marcata, visibile particolarmente in modalità TV. Il titolo rimane un eccellente horror, ma il vero terrore giunge nelle zone ricche di dettagli, dove il frame rate scende vertiginosamente, fino ad alterare negativamente il gameplay nelle fasi più movimentate, come durante un combattimento con un boss.
Alcuni elementi, come le scie di luce che marcano le zone afflitte da cambio spazio-temporale, soffrono di una risoluzione decisamente più bassa rispetto agli standard, sembrando quasi fuori luogo con il resto degli scenari. L’illuminazione generale su console portatile è sicuramente meno spettacolare che nelle controparti fisse, perdendo qualità negli ambienti di gioco, e in maniera ancora più evidente nelle esplosioni e sul fuoco.
Ciononostante, il gioco ha delle ottime visuali per trattarsi di una versione completamente portatile, oltre ad avere un frame rate il più delle volte stabile e fluido. Switch 2 dimostra la sua potenza muovendo un titolo sicuramente esigente, a livello prestazionale, e offrendo oltretutto delle modalità anche esclusive atte a sfruttare i controller di Switch 2, come l’utilizzo del giroscopio, o persino la modalità mouse, che possono certamente aiutare nei momenti più frenetici in cui un colpo a segno o uno a vuoto potrebbero fare la differenza.
C’è da dire che Nintendo Switch 2 è comunque capace di molto più di questo, avendo avuto modo di provare titoli del calibro di Cyberpunk 2077, o meglio l’ultimo Star Wars Outlaws, i quali si vedono in maniera veramente spettacolare sullo schermo. Ciò significa che dal team ci aspettavamo comunque qualcosa in più sul fattore ottimizzazione, e rimaniamo con la speranza che qualche patch correttiva faccia giustizia a questi pixel sgranati e a questo frame rate ballerino, dato che una volta risolti renderebbero l’esperienza complessiva un 10.
Cronos: The New Dawn è la dimostrazione che il survival horror può ancora evolversi senza tradire le sue radici. Bloober Team firma un’opera matura, viscerale e coraggiosa, capace di inquietare, coinvolgere e far riflettere. Non è un’esperienza per tutti: richiede pazienza, attenzione e una certa predisposizione al disagio. Ma proprio per questo, riesce a distinguersi nel panorama videoludico attuale, troppo spesso anestetizzato da formule sicure e prevedibili. Se cercate un titolo che vi metta alla prova, vi immerga in un mondo disturbante e vi lasci addosso quella sensazione di vulnerabilità che solo i grandi horror sanno trasmettere, Cronos: The New Dawn merita assolutamente un posto nella vostra libreria digitale. Non è perfetto, ma è sincero. E oggi, nel mondo dei videogiochi, è già tanto.