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Recensione COLD VR
di: Luca SaatiSUPERHOT è in assoluto uno dei miei indie preferiti, e non vi nascondo che uno dei motivi principali per cui ho acquistato un Meta Quest 3 è stata la sua versione VR, capace di regalarmi ore di puro divertimento. Per chi non lo conoscesse, si tratta di uno sparatutto in prima persona dove il tempo scorre solo quando ci si muove: una dinamica semplice, ma geniale, che fonde elementi degli FPS e dei puzzle game.
Ispirandosi chiaramente a SUPERHOT, lo sviluppatore ALLWARE ha creato COLD VR, un titolo per realtà virtuale dove il tempo avanza solo restando fermi, costringendo il giocatore a un movimento continuo per evitare l’assalto dell’intelligenza artificiale. Una sorta di SUPERHOT al contrario, che non poteva non attirare la mia attenzione.
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Da caldo a freddo
La trama ruota attorno a un’IA che tenta di intrappolare l’umanità in una simulazione. Un dipendente di ALLWARE sviluppa un software per fermarla, guidando il giocatore attraverso sequenze live action, rese piacevoli dall’interpretazione dell’attore, anche se la narrativa si rivela ben presto un semplice pretesto per circa 3-4 ore di gameplay.
Il cuore dell’esperienza è il gameplay: come in SUPERHOT, ci si trova in arene circoscritte, eliminando i nemici per avanzare. La dinamica one shot, one kill si applica a tutti, rendendo ogni errore fatale e costringendo al riavvio del livello. L’idea di rallentare il tempo con il movimento trasforma radicalmente il ritmo, rendendolo più frenetico e meno strategico. Tuttavia, nell’esecuzione emergono problemi sia nel design sia nella fluidità del gameplay.
Il level design non esalta la meccanica: alcune aree sono troppo anguste per sfruttare la dilatazione temporale, altre troppo aperte, rendendomi un bersaglio facile. Nei livelli più lunghi, il trial and error si fa frustrante, amplificato da limiti inspiegabili come l’impossibilità di raccogliere armi nemiche o lanciare oggetti, compromettendo l’improvvisazione. Inoltre, la fisica approssimativa e i controlli legnosi rendono il lancio degli oggetti poco soddisfacente.
Per variare il ritmo, COLD VR introduce sezioni platform con trampolini e manipolazioni temporali per rallentare laser e scale mobili. Sono presenti anche livelli opzionali backrooms, delle sezioni horror in cui il giocatore deve sfuggire in un labirinto oscuro da delle inquietanti creature nere spinose. Il primo livello costruisce bene la tensione, ma l’effetto novità si esaurisce ben presto e quelli successivi si trasformano in noiose missioni di ricerca di oggetti e attivazione di interruttori, tanto da risultare quasi fuori luogo nel contesto del gioco. Il problema di COLD VR è proprio la mancanza di coerenza con i livelli che sono un mischione di cose fuori contesto: un attimo prima si combatte su delle navi pirata, l’attimo dopo su un treno moderno, e dopo ancora in una stanza buia a scappare da chissà quale mostro.
Non mancano bug fastidiosi: livelli che iniziano con il giocatore rivolto nella direzione sbagliata, conteggi errati delle munizioni e problemi nel rilevamento dei colpi corpo a corpo.
Sul fronte visivo, la versione per Meta Quest 3 delude: illuminazione piatta e modelli poligonali poveri rispetto alle promesse dei trailer. Probabilmente, il compromesso per mantenere la compatibilità con Quest 2 ha penalizzato la qualità su Quest 3. Almeno gli effetti particellari e la colonna sonora techno risultano gradevoli, sebbene lo stile artistico minimale ricordi troppo da vicino un reskin blu di SUPERHOT.
Feeling Cold
In definitiva, invertire l’idea alla base di SUPERHOT non basta a rendere COLD VR un titolo memorabile. Non è solo una questione di bug o di fisica da sistemare con eventuali aggiornamenti futuri, ma di un level design che non esalta la manipolazione temporale e manca di coerenza tra le ambientazioni. Ne risulta un’esperienza con spunti interessanti, ma priva di quel quid che la renderebbe davvero indimenticabile.