Recensione Close to the Sun
di: Simone CantiniQuella di Icaro è senza dubbio una figura affascinante, quanto ambivalente: da una parte rappresenta il coraggio, l’umana voglia di superare i propri limiti nel tentativo di raggiungere il cielo, ma è anche impossibile separarla dal fallimento più crudele delle proprie aspirazioni, quando queste tendono a spingersi troppo oltre. E Close to Sun, tanto per il titolo quanto per il proprio sviluppo, incarna perfettamente questa dicotomia, partendo da premesse senza dubbio affascinanti e mosse dalla voglia di stupire, ma che hanno (ahiloro) finito per scottarsi senza possibilità di appello.
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Aspettative troppo alte
Il lavoro dei nostrani ragazzi di Storm in a Teacup prende il via in un universo alternativo, in cui il genio di Nikola Tesla ha spinto lo scienziato a costruire un’imponente nave, la Helios, al cui interno radunare le menti più brillanti del pianeta, così che possano dare libero sfogo alle proprie teorie, senza che alcuna influenza esterna possa ostacolarne il progresso. Tra i componenti di questo brillante equipaggio figura anche Ada Archer, sorella di Rose, la protagonista dell’avventura che, in seguito al ricevimento di una lettera, si imbarcherà su di un piccolo battello per salire a bordo della Helios. Ovviamente l’approdo sul gigantesco laboratorio galleggiante non filerà liscio come sarebbe lecito aspettarsi, visto che la nave è immersa nel silenzio più totale e nessuno giunge ad accogliere la giovane. Le cose si faranno bruscamente ancor più misteriose non appena i corridoi inizieranno a popolarsi di cadaveri, mentre una sinistra nebbiolina azzurra prenderà a diffondersi a bordo: cosa ha provocato la mattanza? Che ne è di Ada e di Tesla? Saranno queste le domande che daranno il via alla narrazione di Close to the Sun, avventura dalle tinte horror in cui, al pari di Outlast, S.O.M.A. e compagnia camminante, alterneremo l’esplorazione alla risoluzione di qualche basilare enigma, non senza che ci vengano risparmiate alcune fasi di inseguimento, in cui non potremo fare altro che cercare di sfuggire ai nostri braccatori. Le premesse, per quanto non certo originali, si basano comunque su alcuni spunti interessanti, corroborati da un setting di chiara ispirazione art déco che in più di un frangente non può fare a meno di ricordare i fasti della Rapture che tutti abbiamo imparato ad amare. Ed è proprio il mondo di gioco a rappresentare il punto di forza maggiore di Close to the Sun, vista la perizia con cui il team è riuscito a tratteggiare gli ambienti della Helios che, seppur debitori dell’estetica dei lavori Irrational (nonostante gli sviluppatori abbiano più volte dichiarato come siano altre le ispirazioni), non possono che suscitare interesse. Peccato che tutto finisca ben presto per collassare sotto il peso di cotante aspettative, con una trama che si esaurisce senza particolari sussulti e non senza lasciare spazio ad evidenti buchi narrativi. E tutt’altro che esaltante è anche il gameplay della produzione, piagato da una piattezza di fondo sin troppo evidente, oltre che fiaccato da delle sezioni di inseguimento sin troppo traballanti, in cui il trial and error la fa crudelmente da padrone: in simili frangenti, in cui saremo inermi, dovremo di volta in volta azzeccare al millimetro il percorso stabilito dagli sviluppatori, a meno di non voler incappare nel consueto ed ingiusto game over. Insomma, un po’ poco per garantire un’esperienza di gioco soddisfacente.
Mancata ottimizzazione
I problemi di Close to the Sun, però, non si esauriscono certo qua, dato che almeno su Nintendo Switch (la versione da me testata) le performance tecniche sono tutt’altro che soddisfacenti. Capisco che la console della casa di Kyoto sia la nuova Eldorado delle produzioni indipendenti, capaci di macinare numeroni a prescindere, ma un minimo di onestà nei confronti dell’utenza pagante credo che talvolta sarebbe opportuna: la versione in questione di Close to the Sun, difatti, presenta una grafica che evidenzia pesanti sintomi di downgrade, con texture slavate e ritardi nel caricamento delle stesse, per non parlare dell’aliasing che affligge praticamente ogni elemento della scena. La situazione peggiore, però, risiede in un frame rate che definire ballerino sarebbe un eufemismo, visti gli evidenti e sin troppo marcati rallentamenti che affliggono la produzione, sia in modalità portatile che docked. Fastidiosa, inoltre, anche la mancata ottimizzazione dei testi scritti (fortunatamente presenti nella nostra lingua), che non tengono conto delle ridotte dimensioni dello schermo della console e rendono, di fatto, praticamente illeggibili numerosi documenti sparsi nel gioco. Altalenante anche il voice over nostrano, che alterna prestazioni convincenti ad altre decisamente sottotono (Tesla), soprattutto se confrontate con la controparte inglese.
Proprio come l’Icaro da cui trae ispirazione, Close to the Sun ha cercato di volare troppo in alto, finendo soltanto per scottarsi senza appello. Il lavoro dei ragazzi di Storm in a Teacup, difatti, è deficitario tanto in termini di gameplay quanto in tecnica generale (almeno su Nintendo Switch), con solo uno stile visivo sicuramente affascinante, per quanto derivativo, a sostenere il peso della produzione. Carente anche per quanto riguarda il coinvolgimento narrativo, Close to the Sun parte da premesse sulla carta senza dubbio intriganti, ma che purtroppo non hanno trovato la loro giusta e corretta concretizzazione. Un vero peccato.