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Recensione Clock Tower: Rewind

di: Marco Russi

Per gli amanti dell’horror, Clock Tower è da tempo un simbolo del genere, mai uscito ufficialmente fuori dal Giappone fino ad oggi. Clock Tower: Rewind è finalmente qui grazie alla cura di WayForward, che non solo ha riportato in vita il classico survival horror del 1995 ma lo ha arricchito con chicche moderne. Ma questo tuffo nel passato riesce ancora a spaventare o rimane prigioniero del suo stile old-school?

Clock Tower si colloca insieme a titoli storici come Alone in the Dark, e la versione originale per Super Famicom è rimasta nel cuore di molti fan per la sua atmosfera unica. Ora, Clock Tower: Rewind offre la possibilità di riscoprire quella stessa esperienza – con tanto di visuali 16-bit e gameplay punta e clicca – insieme alla versione migliorata per PS1, The First Fear. E non mancano extra di tutto rispetto: interviste ai creatori, fumetti animati, una colonna sonora interattiva e persino il manuale originale, in perfetto stile vintage.

Un’Esperienza Inalterata per Chi Ama il Retrò

Nonostante i vari miglioramenti, il cuore di Clock Tower rimane lo stesso gioco di avventura punta e clicca che potrebbe sembrare lento e arcaico ai nuovi giocatori. Gli ambienti richiedono pazienza: esplorare la tetra dimora dei Barrows vuol dire cliccare e attendere, e anche con la possibilità di correre sulle scale, l’animazione è inesorabilmente lenta. La ripetitività del gameplay punta e clicca e le attese tra un’azione e l’altra possono rendere frustrante l’esperienza, specialmente per chi è abituato a ritmi più veloci.

Il terrore principale arriva dal famigerato Scissorman, la nemesi di Jennifer, che appare in momenti casuali, trasformando ogni angolo della villa in una possibile trappola mortale. È una meccanica che crea tensione, ma i movimenti lenti e la necessità di nascondersi spesso risultano pesanti, dato che molte sequenze si risolvono in un meccanismo ripetitivo e prevedibile.

Puzzles e Logica d’Altri Tempi

Risolvere gli enigmi è forse la parte più impegnativa di Clock Tower. Gli oggetti spesso devono essere usati su punti specifici dello scenario senza indizi chiari, portando inevitabilmente a un gameplay “a tentativi” che per molti richiederà una guida. È un aspetto frustrante, ma è anche il fascino dell’avventura classica: nulla è svelato con semplicità e scoprire un dettaglio significa esplorare a fondo, scovando ogni angolo e oggetto nascosto.

Atmosfera e Dettagli che raccontano una storia

Dove Clock Tower eccelle è nella sua atmosfera unica, una combinazione di grafica 16-bit e dettagli pixellati che dipingono la magione Barrows come un luogo sinistro e misterioso. La storia si svela lentamente, con dettagli macabri e oscuri legami familiari che emergono mentre si esplora. I vari finali – nove in totale – sono altrettante diramazioni della trama, con rivelazioni scioccanti e finali più o meno tragici.

La cura per i dettagli visivi e la colonna sonora che riecheggia il lavoro di John Carpenter completano l’esperienza. Ogni nota inquietante e ogni scatto visivo ci ricorda perché Clock Tower ha ispirato giochi del calibro di Silent Hill e Resident Evil. I dettagli delle animazioni e la ricca palette di suoni creano un’atmosfera che rimane affascinante e memorabile nonostante il gameplay datato.

Conclusione

Clock Tower: Rewind non è per chi cerca un horror moderno e veloce, ma è una gemma per chi vuole rivivere il fascino di un classico intramontabile. WayForward ha messo un evidente amore nella sua riedizione, portando il gioco a una nuova generazione pur mantenendo intatta la sua anima vintage. È un titolo consigliato agli appassionati del genere e a chi sa apprezzare la lentezza e la sfida di una classica avventura punta e clicca, con tutto il fascino – e le frustrazioni – di un’epoca passata.