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Recensione Chime Sharp

di: Simone Cantini

Musica e puzzle game sono un binomio che da anni riesce sempre a tradursi in risultati, ludicamente parlando, positivi. E così, inserendosi furbescamente nella scia tracciata da Lumines, Chime Sharp ci propone un’esperienza acustica che cita in maniera anche troppo spudorata la produzione Q Entertainment, non raggiungendone le vette ma ritagliandosi in maniera orgogliosa il proprio posto al sole.

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Sono come suono…

Se avete in mente Lumines non ci vorrà molto perché riusciate ad entrare nel loop proposto da Chime Sharp, pur esulando dalle sue sin troppo scarne spiegazioni ingame. In pratica avremo a disposizione una griglia quadrettata, sulla cui superficie dovremo piazzare liberamente dei tetramini di tetrisiana memoria, con lo scopo di formarvi dei quadrati più o meno estesi. Una volta realizzate le nostre figure geometriche dovremo attendere che il cursore, che percorre da sinistra a destra l’area di gioco, vi passi sopra per accreditarci il punteggio relativo ed aumentare il risicato tempo a nostra disposizione, facendo scomparire la struttura geometrica e contemporaneamente andando a colorare la superficie della griglia corrispondente. Lo scopo del gioco sarà quello di liberare la maggior parte possibile dello schermo, andando man mano a comporre ed ampliare la melodia che fa da sottofondo allo stage. Messa così potrebbe sembrare un’esperienza semplice, ma dovendo scendere a patti con la brutale difficoltà che Chime Sharp ci spiattella sadicamente davanti, il tutto si rivelerà ben presto più arduo del previsto. Per lo meno se vorrete cimentarvi in qualcosa che esuli dal semplice sblocco delle varie tracce musicali. Se è vero che la percentuale di completamento prevista per accedere ai vari livelli si attesta su valori non certo proibitivi, anche solo per sbloccare la prima delle modalità accessorie ci sarà da sudare un bel po’, per non parlare di quello che dovrete passare per attivare tutte le varie esperienze secondarie (dalla difficoltà ancora più bastarda).

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…forse neanche buono

Pad alla mano Chime Sharp si presenta in forma decisamente smagliante, grazie ad uno schema di comandi essenziale e reattivo. Peccato che talvolta le scelte cromatiche operate dal team rendano difficile la lettura dell’area di gioco, ma si tratta di un aspetto con il quale bastano poche partite per riuscire a scendere a patti. Il punto focale dell’intera esperienza, data la natura del titolo, è da ricercare nel comparto audio, il quale può vantare un ricco campionario di brani elettronici di ottima fattura. Questi, complice il gameplay, si andranno a dischiudere progressivamente con l’avanzare del gioco, finendo con il formare una colonna sonora modulare di sicuro impatto. Peccato che, a differenza di quanto avviene per il già citato Lumines, la medesima cura non sia stata riservata al comparto visivo, che si limita unicamente a proporre una palette cromatica dai toni talvolta troppo acidi: sotto questo punto di vista si sente la mancanza delle clip animate che facevano da sfondo alle evoluzioni ritmiche del capolavoro targato Q Entertainment.

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Onesto nella sua messa in scena, anche se spudoratamente copiata da Lumines, Chime Sharp rappresenta un valido e bastardissimo clone di un classico dei puzzle game sinestetici. Il gamplay semplice, per quanto cripticamente illustrato, ben si sposa con una colonna sonora ottimamente assortita, seppur calata all’interno di un’estetica tutto sommato rivedibile. Se amate le sfide ostiche e la musica elettronica sentitevi liberi di offrire una chance a Chime Sharp, tenendo ben presente che per sviscerare il titolo nella sua interezza dovrete sudare le proverbiali sette camice.