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Recensione Castlevania Advance Collection

di: Simone Cantini

Si dice in giro che soltanto gli stolti non cambino mai idea, e almeno per una volta voglio considerarmi all’interno della cerchia degli intellettualmente dotati. L’occasione per titillare il mio ego mi è stata fornita da Castlevania Advance Collection, raccolta distribuita da Konami proprio in questi ultimi giorni, e che al suo interno raccoglie 3 titoli della serie proveniente dalla ludoteca del GameBoy Advance. Più uno special guest targato SNES. I motivi dell’incipit sono da ritrovare nel modo in cui, inanellando un po’ di ore, la produzione nipponica sia riuscita a farmi ricredere (seppur in parte), portandomi ad abbandonare l’orrore iniziale in favore di un giudizio più mite. Seppur lontano dagli entusiasmi che si respirano in rete.

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Schiaffo ai fan

Konami sembra voler fare di tutto per irritare i fan delle sue IP, dato che pare essere sorda più che mai alle loro richieste, che da tempo oramai immemore riecheggiano nell’aria. In seguito all’abbandono di Kojima, i player si erano auspicati di non veder più pubblicati capitoli della saga che ha reso celebre il designer, quando ecco che il publisher nipponico se ne è uscito con il controverso Survive. Si chiede a gran voce un ritorno di Silent Hill? Beh, perché non inimicarsi ulteriormente il favore generale, seminando indizi sibillini, che hanno finito per tradursi in nuovo merchandise. E che dire del ritorno dei cacciatori di vampiri, che da anni sono in attesa di un nuovo e degno capitolo del brand? Quale modo migliore, pertanto, che fare tutti felici andando a scavare nei meandri più retrò (tecnologicamente parlando), e riproporre su console ben più prestanti i titoli presenti in Castlevania Advance Collection? Già, perché chi, in un tecnologicamente avanzato 2021, non sentiva il bisogno di vedere spalmati sugli schermi in 4K, o sui nuovi OLED di Switch, rutilanti produzioni legate ad una impressionante risoluzione 240×160 pixel? Badate bene, la mia non vuole essere una critica alla qualità intrinseca dei giochi ospitati nella raccolta (anche se su uno in particolare si potrebbe avere qualcosa da obiettare), bensì sul modo beffardo con cui Konami sembra voler giocare con i sentimenti degli appassionanti, dando vita ad una produzione dall’aspetto quanto mai cheap e fuori tempo massimo, nonostante la presenza di alcune chicche sicuramente benvenute. Anche perché, diciamocelo, chiunque abbia investito tanto bei soldini per un hardware moderno, non so quanto sia felice di vedere tutta questa potenza impiegata per far girare pixel dalle dimensioni ragguardevoli, per quanto sia ancora divertente farlo. Passi una produzione indipendente, ma da un big come Konami, era lecito aspettarsi ben altro.

Invecchiare con stile

Bene, e dopo questo ridondante pippone/sfogo puramente personale, è il momento di giustificare brevemente il perché del voto in chiusura di recensione che, a dispetto di quanto appena scritto, non è poi così da buttare. Il motivo, come accennato, è da ritrovare nell’assoluta bontà di gran parte delle proposte presenti in Castlevania Advance Collection, che se escludiamo Vampire’s Kiss, ovvero la conversione SNES di Rondo of Blood, si sono rivelate ancora oggi in forma smagliante. Partendo proprio da questo ultimo episodio citato, introdotto come una sorta di bonus, ci troviamo (ahinoi) al cospetto di un capitolo non certo riuscitissimo, invecchiato anche maluccio non tanto per quanto riguarda l’aspetto tecnico, bensì per elementi strutturali, data la linearità dell’esperienza che, unita ad alcune scelte di design rivedibili, lo rendono più un omaggio che un vero e proprio plus. Discorso differente per i 3 giochi trasportati di peso dal GameBoy Advance, che hanno in Harmony of Dissonance e Aria of Sorrow alcuni dei momenti più alti del brand. Il merito è da ritrovare sicuramente nel coinvolgimento attivo di Koji Igarashi, che tornando alle redini della produzione, è riuscito a riproporre alcuni degli espedienti che hanno reso indimenticabile Symphony of the Night, il cui lascito è evidente tanto a livello di gameplay, quanto grafico, seppur con le limitazioni del caso. Leggermente inferiore è risultato Castlevania, ovvero Circle of the Moon, a causa di una difficoltà davvero elevata che, unita a dei comandi non proprio reattivi, se confrontati con gli standard attuali, risulta non perfettamente a fuoco nell’economia generale della raccolta.

Aiuto benvenuto

Se ludicamente parlando non abbiamo assistito, fortunatamente, ad alcun tipo di stravolgimento, Konami ha comunque pensato bene di rendere più accessibili le varie esperienza, introducendo alcuni piccoli aiuti opzionali: parliamo della possibilità di riavvolgere il gioco, di salvare la partita in qualsiasi momento, oltre alla possibilità di acquistare gadget e potenziamenti tramite un apposito menu. Feature sicuramente utili, che non potranno che fare la gioia dei giocatori meno pazienti. Lato grafico, invece, ci troviamo al cospetto di tre semplici impostazioni, che permetteranno di godere dell’aspect ratio originale, oltre ad altri due distinti livelli di zoom. Ovviamente nessun tipo di ritocco è stato riservato all’estetica, pertanto preparatevi ad un impatto visivo sicuramente datato. Migliorata in parte la resa sonora, anche se il livello risultante non è proprio eccellente, e tradisce il retaggio arretrato delle caratteristiche della macchina di partenza, come dimostrato in modo più marcato da Dissonance (che per limiti tecnici impiegava il chip audio originale del primo GameBoy). Più interessante il resto degli add-on, che permetteranno di scegliere le tre distinte versioni di ciascun gioco (giapponese, europea ed americana), utilizzare un player audio e accedere ad una corposa serie di artwork, che spazieranno da bozzetti a cover e manuali di gioco originali.

In definitiva, una volta sviscerata a dovere questa Castlevania Advance Collection, appare evidente come non tutto il lavoro di Konami sia da condannare, ma i meriti sono da ritrovare principalmente nella bontà del materiale di partenza, piuttosto che negli sforzi del colosso giapponese. Per quanto interessante da un punto di vista storico, difatti, questa fedele (pure troppo) riproposizione dei quattro vetusti titoli in questione sembra quanto mai fuori luogo di questi tempi. Passi un remake, o anche un semplice restyling, ma il limitarsi ad un prodotto più simile ad un emulatore, che ad un titolo realizzato ad hoc, appare quanto mai fuori tempo massimo. Oltre che abbastanza irriverente nei confronti dei fan che, negli anni, hanno contribuito (e stanno continuando) a fare le fortune di Konami stessa. Sicuramente divertente, con i suoi alti e basi, ma non certo adatta a tutti i palati. La domanda, a questo punto, sorge spontanea: a quando una conversione 1:1 del Metal Gear per MSX?