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Recensione Captured

di: Simone Cantini

Quanto mi manca Il Tenero Giacomo, che puntualmente ci rimandava alla quarta di copertina de La Settimana Enigmistica, dando vita ad un loop narrativo che, almeno personalmente, riusciva sempre a strapparmi un sorriso. Un piccolo divertissement che dava il via alla risoluzione degli enigmi più disparati, quelli presenti nella rivista che vanta innumerevoli tentativi di imitazione, tra i quali, soprattutto da bambino, spiccava l’immancabile caccia alle differenze tra due immagini. Quello che non sapevo, quando ancora non avevo peli sul petto (pessima immagine, lo so), era che anche un simile ed innocuo passatempo potesse essere davvero spaventoso, capace di sconfinare tra le suadenti pareti dell’horror. Che poi è quello che ha fatto Captured.

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Casa dolce casa?

Ho davvero perso il conto dei titoli che hanno ripreso, tra alti e bassi, il concept di P.T., e Captured è uno degli ultimi arrivati, almeno su console. Il titolo sviluppato da Puck Redflix si presenta come un esperimento disturbante e claustrofobico, che sfrutta la visuale in stile bodycam per amplificare il senso di smarrimento e paranoia, costruendo il proprio gameplay attorno al loop in cui è sprofondato l’appartamento del giovane protagonista. 

Il nostro si risveglia in una casa che sembra familiare, ma che presto si rivela un incubo architettonico: corridoi infiniti, stanze che mutano forma e una presenza oscura che lo bracca senza tregua, il tutto mentre si cerca di scovare le anomalie in grado di riportare il tutto alla normalità. L’obiettivo è semplice quanto angosciante: usare la videocamera per documentare i fenomeni paranormali che andranno a mutare l’essenza di ogni loop, cosa da poter recuperare la memoria e spezzare questo letale ciclo infinito.

La narrazione è frammentata, volutamente criptica, e lascia spazio all’interpretazione. Un approccio che funziona, ma solo se il giocatore è disposto a immergersi completamente nel delirio visivo e sonoro che il gioco propone. Al solito, come accade spessissimo in queste produzioni, tutto è in bilico tra il detto ed il sottinteso e spetterà al giocatore unire tra di loro i piccoli frammenti che il gioco regalerà partita dopo partita.

Aguzzate la vista

Il gameplay si basa su esplorazione, osservazione e interazione ambientale. La videocamera è il fulcro dell’esperienza: ogni cambiamento sospetto va registrato, ogni dettaglio può essere la chiave per progredire, in quella che in buona sostanza non è altro che una riproposizione della citata caccia alle differenze che popola le più svariate riviste di enigmistica. In definitiva dovremmo tenere d’occhio ogni variazione che presenterà la nostra casa ad ogni loop, facendo bene attenzione a non perderne nemmeno una: se chiuderemo il ciclo avendole scovate tutte (il numero sarà legato al livello di difficoltà selezionato) le immagazzineremo nella videocamera, così da poter proseguire e raggiungere l’obiettivo fisso delle 13 anomalie; terminare l’esplorazione senza avere scoperto tutto, azzererà il contatore, costringendoci a ricominciare da zero.

Sarà possibile scegliere tra vari livelli di difficoltà, a partire dal più basso che elimina la comparsa di creature maligne, passando per vari step intermedi che, oltre ad aumentare il numero di eventi da scoprire in ogni ciclo, renderanno più frequente l’apparizione dei mostri. Questi ultimi non sono presenti in numero elevatissimo, ma ciascuno di loro sarà caratterizzato da meccaniche uniche, che renderanno la sfida sempre stimolante e sfidante.

Repetita juvant?

È innegabile come il concept alla base di Captured sia decisamente originale ed intrigante, ma sicuramente non basta per far raggiungere vette altissime alla produzione. Ed i motivi sono proprio da ritrovare nella natura fortemente enigmistica del suo gameplay che, non appena viene spogliato delle sue fattezze horror, finisce per far scemare in maniera brusca il senso di tensione. Non aiuta anche la natura degli elementi che possono variare che, laddove ci troviamo al cospetto di luci o deformazioni spaziali non presentano un alto tasso di individuazione, ma che si trasformano in snervanti cacce al particolare in presenza di piccoli oggetti in situazioni davvero sovrabbondanti (ciao cucina!).

Va da sé che se non siete persone molto pazienti e, soprattutto, il colpo d’occhio non è tra le vostre doti principali, uscire indenni dalle avventure generate in maniera procedurale potrebbe portarvi ad esaurire la pazienza davvero molto in fretta. A ciò non giova anche la natura fortemente limitata e ripetitiva dell’esperienza, che finisce per scoprire le proprie carte davvero molto in fretta.

A corroborare il senso di terrore, una volta che Captured scopre le sue carte, ci pensa il comparto tecnico della produzione che, ad una modellazione ambientale pulita e ricca di dettagli, accompagna un colpo d’occhio molto gradevole, a cui si affiancano piccole chicche visive e sonore. L’effetto bodycam è ben realizzato, con distorsioni e movimenti che simulano una ripresa amatoriale, mentre il sound design si erge al rango di vero protagonista, grazie a rumori improvvisi, sussurri e silenzi pesanti in grado di restituire un’atmosfera opprimente.

Captured è un esperimento coraggioso che mescola horror psicologico e enigmistica visiva in un loop narrativo disturbante e claustrofobico. L’idea di trasformare la “caccia alle differenze” in un incubo procedurale funziona, almeno nelle prime fasi, grazie a un’atmosfera opprimente e a un comparto tecnico sorprendentemente curato per una produzione indipendente. Tuttavia, la ripetitività delle meccaniche, la scarsa varietà degli elementi da individuare e una curva di difficoltà che può facilmente sfociare nella frustrazione, finiscono per smorzare l’impatto emotivo e ludico dell’esperienza. È un titolo che merita attenzione per la sua originalità e per il modo in cui riesce a reinterpretare un passatempo innocuo in chiave horror, ma che avrebbe bisogno di maggiore varietà e rifinitura per lasciare davvero il segno.