Recensione Bound
di: Marco LicandroI ricordi possono essere frammentati, decomposti e dimenticati, ma seppur in briciole risaliranno alla mente: ricomponendosi, amalgamandosi, generando nuove forme, essi sapranno sempre come risalire alla superficie, in special modo se si tratta di questioni irrisolte, dove l’unica soluzione è far pace con sé stessi compiendo una scelta. Anticipando di qualche mese il VR, così Plastic Studios genera un indie game, ampiamente supportato da Sony, di quelli che ci piacciono: brevi, ma intensi ed originali, rivelandosi uno dei primi titoli disponibili che andrà a supportare il nuovo casco virtuale di Sony.
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Apriamo le danze
Come protagonista, una principessa. Ballerina come forma e stile, che si muoverà per tutti i livelli come se fosse costantemente sul palco. Passi felpati, adagiati, saltellati, ci guideranno con armonia lungo i vari livelli dei quali il gioco è composto. Essi non sono altro che un misto tra ricordi ed invenzione di una giovane futura mamma, vero protagonista del titolo, la quale rivisiterà la storia della principessa che deve salvare il regno, prendendosi le sue pause e godendosi ogni singolo momento, prima di giungere alla fine e compiere una importante scelta.
Astratto in tutte le sue forme
La direzione artistica di Bound è pura poesia. Sorprende, incanta, e mescola un insieme di forme per creare musica, armonia, e ritmo. In un regno dove ogni estremo è instabile e volubile al tocco e al movimento, dove le forme si frastagliano, si intersecano, e creano così muri, passaggi, percorsi. Dove la danza è uno scudo ed una risposta a tutti i problemi, dove la gravità è accondiscendente al cambiamento. Il mondo immaginario di Bound è un insieme di musica e forme, misterioso ed ingannevole, interamente da scoprire. La sensazione di trovarsi in un ambiente malleabile ed in costante movimento è tangibile, e sprona il giocatore a toccare, saltare, spingere, sperimentare. Quest’ultimo fattore è poi ricompensato da passaggi nascosti ed aree segrete sparse per i vari livelli, che chiedono al giocatore di ritentare e godersi nuovamente il viaggio.
Un platform sentimentale
Il genere platform è il cuore di Bound. Il giocatore potrà infatti muoversi verso ogni direzione, saltando, anche più volte contro i muri, arrampicandosi o scivolando sulle superfici. Oltre a questo avremo la possibilità di rotolare, utile per divincolarci o per scavalcare, ed infine la possibilità di danzare, atto che genererà una barriera sferica attorno alla protagonista, la quale verrà difesa dagli attacchi fisici e sonori dei vari elementi di gioco. La parte sentimentale giunge nelle pause di intramezzo del gameplay, momento in cui attraverseremo alcune stanze, inizialmente frammentate, che andranno consequenzialmente a ricostruire, davanti ai nostri occhi, una scena di un’infanzia rovinata da un evento, causa principale del viaggio della giovane madre e parte integrante della nostra scelta finale.
Conclusione
Bound non eccelle forse per giocabilità o durata, a causa di una difficoltà quasi inesistente, ma sorprende ed incanta grazie al comparto artistico e sonoro. In un regno astratto che ricorda vagamente il DLC del primo Mirror’s Edge, ma che se ne differenzia per la malleabilità delle forme e ritmicità dei livelli, il giocatore è soggetto ad una perenne sensazione di sorpresa e scoperta; danzando per i vari livelli e seguendo l’evolversi della trama, anch’essa vagamente astratta e ad interpretazione personale, anche per via della possibilità di giocare i vari capitoli seguendo un proprio ordine preferenziale. Per concludere, se apprezzate i titoli originali, e non vi intimorisce un gameplay semplificato, allora Bound è indubbiamente un gioco da non perdere, che vi incanterà gli occhi per tutta la (breve) durata del titolo.