Recensione Born of Bread
di: Simone CantiniÈ sempre bello quando un videogioco ridimensiona le mie convinzioni, come quelle relative al vecchio adagio buono come un pezzo di pane. Ecco, dopo aver giocato a Born of Bread e conosciuto il simpaticissimo Loaf, sono davvero restio a definire la mitezza di una persona con una analogia simile, visto che il nostro particolare eroe a base di acqua, lievito e farina sa menare le mani con estrema efficacia. Un character sicuramente originale, che in questo coloratissimo RPG che strizza più di un occhio a Paper Mario, saprà conquistare grazie alla sua innata simpatia, a cui si accompagna quella degli altri bizzarri protagonisti del titolo sviluppato da WildArts Studio.
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Con le mani in pasta… di pane
C’era una volta… – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’erano una volta un po’ di acqua, lievito ed una buona dose di farina magica: è con questi semplici (mica tanto) ingredienti che il buon Papa Baker, pasticciere di corte, darà vita al buffissimo Loaf, una sorta di Pinocchio di pasta di pane (nonché protagonista di Born of Bread), del quale diverrà subito l’amorevole padre. Affatto scavezzacollo come il suo ligneo omologo, il giovane Loaf si troverà subito a dover salvare il proprio improvvisato genitore dalle prigioni della regina della città, dopo che questa lo ha ritenuto il responsabile del furto di uno dei tesori più preziosi di corte. Peccato che a sottrarre il cimelio sia stato in realtà il perfido Jester che, assieme alla sua sgangherata combriccola di compari, mira a recuperare tutti e 5 i frammenti di un artefatto in grado di riportare in vita il suo antico regno, oramai relegato ad un passato remoto. Come vuole la prassi, spetterà a Loaf e ai compagni che recluterà nel corso della dozzina di ore necessarie a giungere al finale, mettere i bastoni tra le ruote al violaceo antagonista, magari mentre è impegnato a diventare un eroe a tutti gli effetti.
Caratterizzata da una vena comica assai marcata, che non risparmia prese di giro ai canoni del mondo ruolistico, la sceneggiatura che funge da cornice al gameplay di Born of Bread scorre in modo assai piacevole, nonostante qualche lungaggine di troppo, non risparmiandosi anche qualche momento sicuramente più introspettivo, capace di rendere assai più sfaccettata la figura dei cattivi. Lontani dall’essere le solite e prevedibili macchiette, Jester e compagni riusciranno ad andare oltre questa sconveniente e banale etichetta, diventando personaggi ben più complessi e definiti, grazie ad una serie di dialoghi per certi aspetti imprevisti, a cui si affiancano alcune trovate di gameplay un po’ compresse, ma comunque ben amalgamate nel contesto.
Azione e reazione
Come detto in apertura, Born of Bread è un RPG che richiama fortemente alla mente Paper Mario, sia per quanto riguarda la pura messa in scena che relativamente ad alcune meccaniche di gameplay. Nel gioco saremo chiamati ad esplorare varie zone, collegate dall’hub centrale rappresentato dalla capitale del regno. Ogni nuovo bioma sarà caratterizzato dalla sua dose di segreti da scoprire (rappresentati da alcune lucertole dormienti che serviranno per sbloccare le abilità dei nostri compagni) e missioni secondarie dedicate, oltre ad un personaggio reclutabile che andrà ad ampliare la banda di Loaf. Non essere soli sarà fondamentale durante gli scontri, che permetteranno di schierare un altro elemento in aggiunta alla nostra pagnotta antropomorfa, e saranno regolati dalla canonica scansione a turni. I combattimenti consentiranno di attaccare corpo a corpo, utilizzare abilità speciali ed oggetti, difendersi oppure fuggire, come prevede la tradizione. Peculiare sarà il modo di attivazione di ogni scelta, che sarà legata a semplici minigiochi (oltre all’impiego di punti abilità per le azioni più potenti) sempre differenti, così da rendere più dinamico e vario il flow. Interessante l’idea di gestire il tutto come se fosse una trasmissione in streaming, con follower e richieste dei fan che, se assecondate, ci permetteranno di rimpinguare in parte la nostra scorta di punti abilità.
L’idea è sicuramente intrigante, ma alla fine dei giochi risulta implementata in modo assai superficiale, al punto che mi sono trovato quasi sempre ad ignorare il tutto e proseguire come se nulla fosse: peccato. Peculiare il sistema di level up e potenziamento, con il primo che ci permetterà di aumentare le statistiche (punti vita o skill) selezionando ad ogni passaggio l’elemento da incrementare, oltre alla possibilità di aumentare lo spazio del nostro inventario che, in maniera analoga alle valigette di Resident Evil, dovremo gestire per stoccare armi e power up. A chiudere il cerchio ci pensano le abilità uniche di ciascuno dei nostri compagni, che serviranno per sbloccare percorsi nascosti (spazio al backtracking!) oppure a risolvere vari enigmi.
E adesso?
Purtroppo il codice di Born of Bread ha evidenziato numerosi problemi di polishing, che si sono tradotti in crash improvvisi del gioco e personaggi incastrati nell’ambiente (il male minore), oltre ad errori realmente bloccanti, ben più fastidiosi e necessari di una rapida correzioni. Uno riguarda l’impossibilità di ripercorrere uno stage per tornare all’hub, ovviamente per motivi di trama, a causa della mancata comparsa a video dell’area di gioco. Fortunatamente era possibile sbloccare un percorso secondario, per quanto più lungo, ma dato che la zona in questione ospitava anche la soluzione di alcune subquest, si è trattata di una situazione assai fastidiosa. La problematica peggiore si è però verificata quasi al termine dell’avventura, quando è risultato impossibile utilizzare l’abilità unica di un compagno, necessaria per poter percorrere un sentiero obbligatorio ai fini della progressione. Morale della favola: nonostante chiusura del gioco e reload della partita (è disponile UN solo salvataggio) sono stato costretto a rimandare la scoperta del finale di gioco. Qua è necessario che i ragazzi di WildArts Studio corrano rapidamente ai ripari. Si tratta davvero di un peccato, dato che Born of Bread è un titolo spensierato e divertente, oltre che caratterizzato da una presentazione accattivante e coloratissima, in cui personaggi smaccatamente bidimensionali si muovono in ambienti 3D. Lo stile adottato è convincente e può vantare un character design buffissimo e a tratti assai caricaturale, con personaggi in grado di bucare letteralmente lo schermo. Lo stesso comparto audio, basato unicamente su effettistica e soundtrack, si sposa alla perfezione con il mood generale, rendendo il tutto più coeso e appagante. Peccato per queste magagne a livello di codice.
Voglio dare fiducia a Born of Bread, complice il lancio previsto per oggi, e pensare che i ragazzi del team di sviluppo riescano a correre rapidamente ai ripari con una bella patch. Già, perché i problemi incontrati (per quanto fastidiosi) non meritano di affossare una produzione tutto sommato peculiare e divertente, che oltre ad un riuscitissimo comparto grafico può contare su di un gameplay interessante e su di una buona sceneggiatura di fondo. Loaf e compagni danno vita ad un RPG non certo complesso ed eccessivamente stratificato, ma comunque in grado di mettere in piedi un concept solido e convincente. A patto che i difetti di codice vengano risolti in tempi rapidissimi.