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Recensione Blue Reflection: Second Light

di: Simone Cantini

Se c’è una cosa che non possiamo rimproverare ai ragazzi di Gust è sicuramente il loro essere prolifici, dato che basta scorrere il loro ricco portfolio per trovare un corposo numero di uscite videoludiche estremamente ravvicinate tra di loro. Solo per restare in ambiti recenti, è sufficiente pensare alla rinascita della serie Atelier (grazie Ryza), che in pochissimo tempo è riuscita a proporre due ottimi capitoli, oppure al ritorno della serie Nosurge, protagonista di questo 2021 grazie ad un’accoppiata di produzioni. La lista si è ulteriormente arricchita nelle ultime settimane grazie anche a Blue Reflection: Second Light, la nuova installazione JRPG di questa intrigante serie crossmediale.

Un’estate indimenticabile

Ao Hoshizaki è una normalissima studentessa, senza alcun apparente capacità particolare, ma animata dal desiderio di diventare qualcuno nel corso della sua vita. Un’esistenza, la sua, che scorre serena, priva di particolari scossoni, almeno fino al giorno in cui, per recuperare il cellulare smarrito, finirà per risvegliarsi all’interno di una misteriosa scuola. Un luogo alieno e familiare allo stesso tempo, situato su di un’isola interamente circondata da un mare sconfinato, al cui interno troverà ad accoglierla altre 3 ragazze della sua età. Intrappolate in questa strana realtà, con i ricordi del passato avvolti nella nebbia, le giovani finiranno ben presto per fare la conoscenza degli Heartscape, fisiche rappresentazioni terrene del loro subconscio, al cui interno si annidano letali creature demoniache, poste a difesa delle memorie perdute. Questi frammenti, però, non avranno un impatto solo sulla psiche delle nostre eroine, ma anche su coloro che si ritroveranno a vivere forzatamente sull’isola, visto che lo sblocco mnemonico coinciderà anche con la comparsa di nuove ragazze, legate in qualche modo alla proprietaria dell’Heartscape esplorato. Ricca di mistero e non certo avara di qualche colpo di scena, la trama che regola gli eventi di Blue Reflection: Second Light è in grado di mescolare, in modo più o meno riuscito, sezioni puramente esplorative e di lotta, a cui si aggiungono piccoli elementi gestionali, un sistema di crafting che strizza l’occhia alla serie Atelier, oltre ad una spruzzata di situazioni care ai dating sim. Quello che emerge è un quadro ludico assai sfaccettato nelle sue intenzioni, ma che non manca comunque di prestare il fianco a qualche critica: nel complesso, comunque, l’esperienza confezionata da Gust è sicuramente accattivante e longeva, e nonostante tali scivoloni si lascia giocare con piacere sino al suo epilogo.

Il momento di agire

Come detto poco sopra, Blue Reflection: Second Light poggia le proprie fondamenta ludiche su di un disparato set di opzioni, ma è innegabile come il core dell’esperienza sia rappresentato dall’anima JRPG della produzione. Sotto questo aspetto, il gioco si basa su di un classico sistema di esplorazione che richiama fortemente alla mente quello tipico della serie Atelier: ci muoveremo trai vari Heartscape, caratterizzati da mappe più o meno ampie collegate tra loro, al cui interno troveremo materiali da raccogliere e mostri da affrontare, mentre la scuola sarà una sorta di hub teatro dei momenti più rilassati. Il sistema di combattimento sviluppato da Gust si configura come una delle intuizioni più felici del titolo, caratterizzato da meccaniche interessanti e da un buon apporto strategico. Il tutto sarà scandito da una sorta di ATB, lungo la quale si sposteranno i 3 membri del nostro party ed i nemici. Nel caso delle eroine, la barra sarà divisa in 4 sezioni, ed il raggiungere uno di questi step ci permetterà di incamerare Etere, la risorsa che sarà richiesta per attivare le varie abilità in nostro possesso. Va da sé come il raggiungere le porzioni più avanzate, con conseguente aumento del bottino, ci permetterà di sferrare più attacchi nel medesimo turno, che se abbinati ad una debolezza dell’avversario, ci consentirà di spostarlo indietro nella linea d’azione. Starà a noi, pertanto, decidere se attendere per essere più letali, oppure scagliare un singolo attacco, interrompendo però l’attacco nemico. Durante gli scontri, come detto, avremo la possibilità di schierare al massimo 3 personaggi (due dei quali potranno essere controllati, se lo decideremo, anche dall’IA), con un personaggio di supporto in grado di sfruttare delle skill automatiche attivabili dopo un certo numero di turni. Tale character, inoltre, potrà essere mandato in prima linea in qualunque momento, ovviamente switchandolo con uno dei 3 attivi. Non mancheranno anche combo, trasformazioni e scontri 1vs1, attivabili rompendo la difesa avversaria, così da dare vita ad un sistema dinamico e sfaccettato. A peccare, in tal senso, è il sistema di personalizzazione che Gust ha pensato per le varie ragazze, che non disporranno di un set di equipaggiamenti, ma potranno avere accesso a nuove tecniche (sia attive che passive) per mezzo di alcuni cristalli, ottenibili svolgendo le attività collaterali che il gioco propone. E che, ahinoi, rappresentano l’aspetto più debole del titolo.

Parole, parole, parole

Un ruolo di primaria importanza all’interno di Blue Reflection: Second Light, è rappresentato dai rapporti che le varie ragazze avranno tra di loro, e che oltre a fornire una panoramica più approfondita dei vari background, daranno vita agli immancabili momenti romance. Tali situazioni avverranno per mezzo di un set di missioni secondarie tutto sommato trascurabili, vere e proprie fetch quest assai banali e blande, che oltre a sbloccare dialoghi opzionali, ci permetteranno di ottenere i cristalli di cui sopra, oltre a garantirci un numero di punti abilità da spendere nei vari skill tree di ogni personaggio. Condite da un pizzico di situazioni leggermente ammiccanti, invero mai troppo accentuate, tali situazioni si tradurranno per lo più in chiacchierate dal tipico gusto nipponico, ma che finiscono per spezzettare davvero troppo il ritmo di gioco, andando a rendere tedioso il meccanismo di crescita. A completare il tutto troviamo, come già detto, la possibilità di creare oggetti, tramite un sistema di sintesi che propone in forma semplificata le meccaniche viste in Atelier. Questa funzione, inoltre, ci permetterà di accedere alla creazione di varie strutture che, oltre a personalizzare l’isola, forniranno bonus aggiuntivi in combattimento, se combinate in una certa maniera. Sicuramente il team ha dimostrato di avere nella manica diversi assi, buoni per diversificare l’esperienza complessiva, ma che non sono risultati ben bilanciati all’interno dell’economia generale della produzione.

 

 

 

Strange déjà vu

Non è certo un mistero che, nonostante siano in forze a Koei Tecmo, il budget messo a disposizione a Gust difficilmente raggiunga vette spropositate, pertanto aspettarsi prestazioni tecniche esorbitanti, quando parliamo delle loro produzioni, è quanto mai fuori luogo e inopportuno. Va comunque riconosciuto che, a dispetto dei limiti appena citati, l’impatto estetico offerto da Blue Reflection: Second Light sia tutto sommato molto piacevole, ed i meriti sono da ritrovare in una direzione artistica riuscita, capace di mascherare a dovere la pochezza smaccata di determinati elementi. Al netto di animazioni non proprio raffinate, ed una modellazione poligonale essenziale (che ha ovviamente nelle ragazze le sue vette espressive più riuscite), il colpo d’occhio restituito è davvero piacevole. Certo, ad uno sguardo attento difficilmente sfuggiranno sin troppe somiglianze con le due avventure di Sophie, che emergono in elementi e dialoghi che sembrano proprio dei meri reskin di situazioni vissute assieme alla nostra alchimista del cuore, ma diciamo che nel complesso si può chiudere un occhio ben volentieri. Lato audio abbiamo il solito doppiaggio giapponese di buona fattura, accompagnato da una soundtrack tutto sommato ben costruita e non avara di brani capaci di entrare in testa con efficacia. Peccato per la consueta assenza di una localizzazione italiana, sostituita dal solito inglese. Buone anche le performance fatte registrare in retrocompatibilità su PS5, con una frame rate accettabile ed una marcata solidità generale.

Con Blue Reflection: Second Light, Gust dimostra di avere ancora un discreto bagaglio di idee da mettere in campo, a dispetto di un ritmo produttivo davvero elevato, e nonostante il budget a disposizione non sempre elevato messogli a disposizione. Sorretto da un’impalcatura ruolistica interessante, e che ha nel combat system la sua intuizione migliore, l’avventura di Ao e compagne si dipana efficacemente tra alti e bassi creativi, riuscendo a risultare nel complesso interessante e ben costruita. A stonare, nell’insieme, sono gli elementi apparentemente secondari, invero abbastanza banali e piatti, che hanno però la colpa di essere legati a doppio filo al meccanismo di crescita del nostro gruppo di affascinanti studentesse. Al netto di questi aspetti, comunque, la produzione nipponica ha dimostrato di godere di un discreto fascino, elemento che la rende comunque un’esperienza consigliata agli appassionati del genere.