Recensioni

Recensione Blossom Tales: The Sleeping King

di: Simone Cantini

Se siete degli inguaribili nostalgici che ancora oggi rimpiangono le colorate atmosfere di A Link to the Past, ci sono solo tre soluzioni possibili per lenire l’acuto dolore causato dai ricordi: tirare fuori dal baule il vecchio Snes e spolverare la grigia cartuccia datata 1992 (almeno in occidente), acquistare la fiammante revisione in miniatura della mitica console Nintendo, oppure dare una chance a Blossom Tales: The Sleeping King.

Per visualizzare i video di terze parti è necessario
accettare i cookie con finalità di marketing.

C’era una volta un regno…

Con un incipit figlio anche esso dei tempi che furono, in un modo che richiama forte forte alla mente l’immortale La Storia Fantastica, Blossom Tales: The Sleeping King si apre con un pixelloso nonnino che si appresta a raccontare una fiaba ai due scalmanati nipoti. La storia in questione ha per protagonista la giovane Lily che, non appena insignita del titolo di cavaliere di Blossom, vedrà il proprio sovrano cadere vittima di un maleficio ordito dal perfido mago di corte, nonché fratello del regnante. Per svegliare il re dal sonno incantato in cui è sprofondato, la piccola Lily dovrà recuperare tre magici ingredienti, salvo poi porre definitivamente fine alla terribile minaccia incarnata dallo stregone. Se già da qua si sente un forte odore di Triforza, basteranno pochi minuti in compagnia di Blossom Tales: The Sleeping King per veder spuntare sullo schermo fenditure nascoste, bombe, boomerang, archi e dungeon da sviscerare, in una maniera che non può non ricordare in modo assai marcato le meccaniche e i topos ludici resi celebri dalla saga di Zelda. E Blossom Tales: The Sleeping King non fa certo nulla per mascherare questa sua nobile ispirazione, al punto che, pur non presentando la geniale originalità del materiale di partenza, il lavoro dei ragazzi di Castle Pixel può essere considerato a tutti gli effetti un azzeccato esempio di omaggio, seppur talvolta finisca per sconfinare nella scomoda definizione di plagio. Ma visto che tutto finisce per funzionare in modo decisamente convincente, si riesce a chiudere ben volentieri un occhio al cospetto di tutto ciò.

Non ci siamo già visti prima?

Se quanto appena scritto non fosse stato sufficiente a chiarire i meccanismi che regolano il gameplay di Blossom Tales: The Sleeping King, mi limiterò a dirvi che il tutto si colloca all’interno della variegata e prolifica cornice degli action/adventure. Nel corso delle circa 8 ore necessarie a giungere ai titoli di coda (minutaggio ampliabile se si sceglie di completare ogni missione secondaria e scoprire tutti i segreti), non faremo altro che muoverci all’interno di un simil open world bidimensionale, suddiviso nella più classica segmentazione a schermate. Ovviamente, come Zelda classico insegna, per accedere alle varie sezioni che permettono alla storia di progredire, sarà necessario recuperare gli strumenti utili alla soluzione dei vari enigmi di cui i dungeon presenti nel gioco sono costellati. E questi, come già detto, hanno la familiare forma di boomerang, archi e quanto altro, il cui utilizzo è legato ad una sorta di barra della stamina, che può essere ricaricata con il passare dei secondi, oppure impiegando apposite pozioni. Per difendersi dalle numerose insidie che costellano i vari schermi, la nostra Lily potrà contare anche su di una spada che, oltre al classico fendente standard, potrà contare su di un attacco caricato e, a partire da un certo punto della storia, su di un fascio energetico in grado di colpire a distanza. A chiudere il cerchio degli strumenti utilizzabili ci pensano dei sin troppo noti cuori (vi dicono nulla?), il cui numero disponibile può essere ampliato recuperando particolari reliquie, oltre ad altri strumenti di supporto. Diciamo che mancano solo le classiche Rupie (sostituite da più semplici monete), altrimenti l’opera di recupero avrebbe potuto definirsi totale.

Un ponte con il passato

Trattandosi, come già detto, di un sentito omaggio agli episodi bidimensionali della saga Nintendo, l’aspetto estetico di Blossom Tales: The Sleeping King si presenta volutamente retrò, forte di una presentazione che ricorda smaccatamente il citato A Link to the Past dell’era a 16 bit. Si tratta di una messa in scena estremamente essenziale, ma che ben si sposa con le tematiche ludiche qua presentate e a cui si affianca un accompagnamento audio decisamente in linea con tale scelta stilistica. Assente, in modo filologicamente corretto, la localizzazione in italiano, un retaggio di tale passato di cui, per quanto superfluo vista la caratura narrativa di Blossom Tales: The Sleeping King, avremmo fatto per una volta a meno.

Visto il modo in cui si rapporta al passato della serie a cui volutamente si ispira, accusare Blossom Tales: The Sleeping King di essere derivativo al limite dello stucchevole sarebbe come chiedere al sole di non tramontare ad ovest. Al netto di ciò, l’avventura messa in piedi dai ragazzi di Castle Pixel riesce a colpire nel segno, finendo con il proporci (ad un prezzo per una volta perfetto) una sorta di spin-off non autorizzato delle avventure del Link a 16 bit. Ovvio, complice un marcato effetto déjà-vu, l’impatto che Blossom Tales: The Sleeping King avrà sui player non sarà quello che ci investì 16 anni fa, ma il divertimento, soprattutto se si ricorda con affetto un simile modo di giocare, sarà sicuramente garantito.