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Recensione Blizzard Arcade Collection

di: Simone Cantini

C’è stato un periodo in cui anche il sottoscritto aveva ceduto al fascino suadente del lato oscuro, finendo con l’abbracciare con veemenza la potenza della master race, situazione che mi portò ad avere nella mia cameretta un fiammante PC da gaming. Certo, visto il periodo, la prima metà degli anni ’90, se dovessi elencare oggi le specifiche della postazione, queste risulterebbero assai ridicole, ma non per questo l’hardware dell’epoca risultava incapace di far girare titoli decisamente apprezzabili. Tra questi, ovviamente, non potevano mancare i gioiellini di Blizzard, che soprattutto con Warcraft riuscì a stregarmi come solo pochi altri RTS erano riusciti a fare (chi ha detto Dune 2?). La casa statunitense, però, non viveva di soli orchi, ma aveva nel suo portfolio una serie di stuzzicanti produzioni, di cui possiamo riscoprire ancora oggi una piccola parte grazie alla Blizzard Arcade Collection.

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Chi fa per tre…

Sì lo so benissimo, per molti di voi Blizzard è sinonimo di Diablo e seguiti vari, oppure, se proprio vogliamo tornare al periodo degli RTS, di quello Starcraft che mai riuscì a far breccia nel mio cuore di adolscente. Sarà forse per questa mia infatuazione monotematica, pertanto, che non ho mai visto la compagnia americana come uno dei punti fermi della mia defunta carriera da pcista. È innegabile, però, come quel marchio fu in grado di partorire una serie di idee decisamente valide ed interessanti, tre delle quali ritornano oggi come parte della Blizzard Arcade Collection: sto parlando di The Lost Vikings, Blackthorne e Rock N Roll Racing, un trittico di produzioni quanto mai diverse tra loro, ma proprio per questo capaci di mettere in mostra la verve creativa di quel manipolo di, ai tempi, giovani programmatori. E questo estro creativo è evidente sin dal primo titolo esaminato, quel The Lost Vikings capace di mescolare tra loro elementi platform e puzzle, così da dare vita ad un peculiare gioco in cui i tre guerrieri nordici del titolo devono utilizzare le loro capacità uniche per superare una serie di schemi dalla difficoltà crescente. La chiave di tutto sarà la collaborazione, grazie alla possibilità di poter cambiare in qualunque momento il persionaggio controllato dal giocatore, che darà così vita a situazioni in cui abilità mentale ed i riflessi saranno indispensabili per venire a capo dei vari livelli. Il gameplay, pertanto, si baserà sull’alternanza tra il poter parare i proiettili con lo scudo, il saper saltare e l’essere in grado di combattere, a seconda dell’abilità del vichingo di turno. Il gioco, come concept, si rivela ancora oggi fresco e sulla carta divertente, ma deve scendere a patti con un sistema di controllo che, se ai tempi poteva essere sufficiente, ad oggi risulta quanto mai poco reattivo e caratterizzato da un marcato input lag, tale da rendere frustranti taluni passaggi.

…fa per tre

I difetti relativi alla sua età anagrafica, però, sono ancor più evidenti in Blackthorne, il secondo titolo presente all’interno della Blizzard Arcade Collection. Parliamo di un gioco di stampo platform/adventure, figlio dell’immortale Flashback (ma anche di Prince of Persia, quello Broderbund), che ci vedrà impegnati in un’avventura bidimensionale a base di salti e scontri a fuoco. Sulla carta, almeno per i bei ricordi che ho legati a questa particolare produzione, Blackthorne era sicuramente il gioco che più avevo voglia di ritrovare, ma dopo averci passato qualche ore assieme non posso che trovarlo quello invecchiato peggio. A fiaccare senza appello l’esperienza finale è la legnosità esasperata dei comandi, a cui si aggiunge un marcato input lag, capace di rendere frustrante anche il più banale dei salti. A peggiorare il tutto ci pensa una scelta di design oggi quanto mai discutibile, che vede il nostro Kyle (il protagonista) costretto a dover ogni volta sfoderare il proprio fucile per poter attaccare, situazione che comporta una perdita di tempo tale da causare la morte anche in occasione degli scontri a fuoco più elementari. Insomma, un vero passo falso se visto con gli occhi del 2021. A chiudere il trittico di reperti storici troviamo Rock N Roll Racing, forse il prodotto invecchiato meglio del lotto, ma più per la tipologia di gameplay che per la qualità generale dell’esperienza (sempre se rapportata ai passi da gigante compiuti dal gaming). Si tratta di un gioco di corse sulla falsa riga di Super Off Road, in cui dovremo correre su circuiti alieni, il tutto a bordo di un veicolo armato di una mitragliatrice e di una serie di chiodi, che potremo potenziare tra una gara e l’altra investendo il denaro guadagnato. Estremamente semplice sia come meccaniche che come track design, il vero plus del gioco è costituito dalla colonna sonora hard rock, capace di annoverare classici di Judas Priest, Deep Purple e Rush. Per il resto, se giocato oggi, tutto risulta molto piatto e banale, buono giusto per una partitina in odor di nostalgia. Questo, comunque, è il pensiero che si può adottare per tutte e tre le produzioni citate, non certo in grado di intrattenere a dovere chi non abbia vissuto sulla propria pelle quegli anni oramai lontani. Ma forse anche costoro perderanno ben presto interesse…

Dietro le quinte della storia

Se a livello di pura giocabilità, pertanto, ci troviamo al cospetto di una tripletta invecchiata maluccio, dobbiamo riconoscere a Blizzard una cura davvero notevole per la confezione generale, capace di dare davvero un senso a questa Blizzard Arcade Collection. Si parte con le tre versioni disponibile per ciascun titolo, ovvero Snes e Mega Drive, a cui si aggiunge la Definitive Edition, capace di accorpare assieme i punti di forza di entrambe le release, oltre ad aggiungere in alcuni casi livelli dedidcati e feature esclusive (in Rock N Roll Racing la soundtrack proprone brani di qualità CD: una era gioia per le orecchie!). Presenti, inoltre, i salvataggi manuali e la possibilità di riavvolgere l’azione (non nelle versioni definitive però), in aggiunta ai classici filtri per gli amanti dei display retrò. Per il gioco corsistico, inoltre, vale la pena citare la presenza di una versione per quattro giocatori in split screen, un vero e proprio inno ai tempi che furono. A colpire nel segno, però, è la sezione dedicata alle curiosità e ai dietro le quinte dei tre giochi, al cui interno troveremo bozzetti, pubblicità ed interviste al team originale: una sezione che, confesso, ho apprezzato molto più dei videogame presenti nella raccolta.

Sentivamo davvero il bisogno della Blizzard Arcade Collection? Beh, confesso che, alla luce dei giochi in essa presenti, la mia personale risposta non può che essere no. Se è vero che parliamo tre produzioni che, almeno in origine, avevano un loro perché, è anche innegabile come arrivini in questo 2021 irrimedibilmente invecchiati: legnosi nei controlli e non certo avvincenti a 360° in quanto a trovate ludiche, The Lost Vikings, BlackThorne e Rock N Roll Racing hanno senso unicamente se visti come una finestra su un passato orami troppo remoto, nonostante l’inserimento di feature utili a smussarne le asperità. Ci troviamo al cospetto di una collection che ribalta quanto visto in occasione del revival di Turrican, con un pacchetto che stavolta si trova a deficitare sul lato ludico, ma che eccelle davvero per quanto concerne il lato più enciclopedico. Peccato, però, che parliamo pur sempre di videogame…