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Recensione Bleach: Rebirth of Souls

di: Gianmarco Forcella

L’ultima volta che Bleach approdava con un suo titolo su console fissa era nell’ormai lontano 2011 con Soul Resurrecion, un’esclusiva PlayStation stile Hack and slash e con la sola modalità single player. Sebbene non fu accolto benissimo dalla critica videoludica, il gioco riuscì a conquistare uno spazio nel cuore dei fan dell’opera di Tite Kubo, che a lungo richiedevano a gran voce una nuova opera.

Ecco, quindi, che Bandai annuncia a sorpresa, nel 2024, Bleach ReBirth of Souls come titolo intergenerazionale per PS4, PS5, Xbox Series S/X e Steam. Come si sarà comportato questo nuovo esordio della saga di Bleach su console?

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Un incontro dettato dal destino

Partiamo anzitutto con il dire che, come il suo predecessore, gli archi narrativi che vengono affrontati sono quelli della saga dello Sostituto Shinigami, dell’infiltrazione nella Soul Society e, infine, la saga degli Arrancar: parliamo di ben 423 capitoli del manga riadattati in formato videoludico, lasciando però fuori gli ultimi due che, probabilmente, arriveranno come contenuti aggiuntivi.

Come è facile immaginare, nel gettarsi sulla modalità storia, si seguiranno le avventure del protagonista di Bleach, ovvero Ichigo Kurosaki, che, per una serie di circostanze, è costretto a diventare uno Shinigami (“Dio della morte”, in giapponese) per difendere i propri cari. In alcuni punti di storia specifici, dato che il focus si sposta su altri personaggi, il gioco farà temporaneamente rivestire i panni di quest’ultimi, raccontando quindi quel segmento narrativo specifico dal loro punto di vista. E su questo filone, ReBirth of Souls fa un’aggiunta molto apprezzabile, ovvero quella di separare specifici momenti della storia di alcuni personaggi secondari per approfondirle poi: ecco quindi le “Storie segrete”, sbloccabili solo sotto determinate condizioni, che permettono quindi di approfondire più nel dettaglio alcuni momenti specifici della trama di quei personaggi.

L’arte del combattere

In termini di meccaniche di gioco vere e proprie, ReBirth of Souls si sviluppa come un picchiaduro e, in ogni picchiaduro che si rispetti, l’obiettivo è naturalmente quello di mandare a zero la vita dell’avversario, espressa da una o più barre salute. Solo che, in questo caso, non c’è un concetto di vita ma di… anime. Essendo Bleach un’opera che ruota molto attorno al concetto di anime, ecco quindi che quest’ultime sostituiscono la barra della vita a favore di uno o più “konpaku” (anime, in giapponese), che devono essere azzerate. Per farlo, il giocatore può sfruttare, oltre ai classici colpi leggeri o potenti, le tecniche reiatsu, che sono mosse che sfruttano l’energia spirituale che il personaggio accumula. Quest’ultimo è possibile accumularlo o infliggendo all’avversario o ricevendo danni da quest’ultimo.

Una volta che un konpaku viene quasi azzerato, il giocatore ha la possibilità di sferrare una mossa Kikon, evidenziata da delle bande con scritto “Now or Never” che può ridurre drasticamente i konpaku disponibili dell’avversario (da un minimo di due fino anche a cinque). Se non si sceglie questa strada, il gioco forza comunque l’esecuzione della mossa Kikon, sottraendo però soltanto una barra all’avversario.

Oltre a questo, il giocatore si può avvalere anche di due ulteriori possibilità: la prima è quella della sublimazione, ovvero una tecnica che permette di aumentare temporaneamente le proprie statistiche offensive e difensive e, naturalmente, il Bankai o la Resurrecion, ovvero la risorsa finale nella lore di Bleach di uno Shinighami o di un Arrancar.

Oltre alla storia, il gioco offre anche la possibilità di cimentarsi in allenamenti liberi contro la CPU e di giocare assieme ad altre persone online ed offline.

Shihakusho

In merito al comparto audio e visivo, invece, a nostro avviso, il titolo scricchiola pesantemente. Mentre la parte di doppiaggio è offerta, come spesso accade in giochi come questo, in giapponese ed inglese, e non presenta particolari problematiche, come anche la componente sonora, riteniamo che il grosso problema di Bleach ReBirth of Souls sia proprio il comparto grafico, elemento che si dimentica di avere finché non entrano in gioco le tecniche Kikon. Soprattutto nella modalità storia la problematica è ben visibile: l’espressività dei personaggi, i loro stessi modelli poligonali, ed anche le ombre ricordano molto i dettagli di giochi usciti nei primissimi anni della precedente generazione piuttosto che l’attuale.

The Death and the Strawberry

Nel complesso, Bleach ReBirth of Souls è un’enorme lettera d’amore a Tite Kubo: il dettaglio e la cura con cui è stata affrontata la modalità storia, la gestione dei menu, delle attese, dei cutscene, non fanno altro che esprimere il profondo sentimento che il team di sviluppo nutre per le avventure di Ichigo e compagni. Ed è sicuramente un aspetto che i fan della saga o chiunque voglia fruire del titolo possono apprezzare.

Rebirth of Souls purtroppo, per chi come lo scrivente non usufruisce molto della componente online, fallisce però miseramente nell’essere appetibile nel comparto grafico per i problemi scritti in precedenza, sommati anche ad alcuni personaggi difficili da manovrare e che risultano molto ingessati nei movimenti, a fare breccia perfettamente nei cuori dei consumatori, rendendo quindi probabilmente non giustificato un acquisto a prezzo pieno. Soprattutto il comparto visivo, fa veramente pensare che si tratti di una produzione pensata originariamente per la sola generazione precedente per poi portata, di corsa e furia tramite un porting, sull’attuale.

Resta comunque un titolo che ogni appassionato di Bleach dovrebbe avere nella propria collezione.