
Recensione Blades of Fire
di: Simone CantiniParlando di MercurySteam viene sempre spontaneo associarne il nome a qualche brand famoso di terze parti, come Metroid o Castlevania, visto il pluriennale impegno che il team iberico ha dedicato a tali franchise. Più difficile, invece, ricollegare il tutto ad IP proprietarie che, sebbene presenti sin dalla nascita dello studio, hanno avuto indubbiamente un impatto ed un appeal sul mercato meno longevo e devastante. E proprio in virtù del suo recentissimo (e non) passato a base di Samus e vampiri, ha stupito vedere solo pochi mesi fa l’annuncio di un titolo inedito, una proprietà intellettuale nuova di zecca che, visti i risultati ottenuti, non mi di dispiacerebbe affatto vedesse MercurySteam d’ora in poi additata come lo studio di Blades of Fire.

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Il mio regno per una spada
L’acciaio è merce assai rara nel mondo di Blades of Fire, tramutato in pietra da un incantesimo lanciato dalla perfida regina Nerea, che ha condannato il popolo a subire inerme le angherie dei suoi scagnozzi, oramai gli unici in grado di brandire affilate e letali armi. Una malia che ha finito per far sprofondare nel caos e nella disperazione un reame un tempo sereno e pacifico, ora tramutato in una landa di morte e desolazione, in cui si aggirano le più letali creature. Ed è proprio in questo setting che strizza in più di un’occasione l’occhio a Berserk che impareremo a conoscere a dovere Aran de Lira, un fabbro dal passato tormentato che, ritiratosi nella foresta dopo alcuni drammatici fatti che hanno visto coinvolta la propria famiglia, finirà per divenire, suo malgrado, l’unico in grado di porre fine alla perfida tirannia di Nerea. In compagnia di Adso (no, non c’entra Il Nome della Rosa, forse), un giovane studente dell’Abbazia di Egion, Aran si imbarcherà nel pericoloso viaggio che lo condurrà sino al palazzo della regina, non prima di aver fatto superato numerose difficoltà e sconfitto pericolosissimi avversari.

Pur partendo da basi non certo originalissima, il plot di Blades of Fire scorre sempre snello ed asciutto durante tutta la sua durata, grazie soprattutto ai due personaggi che ne tirano le fila: Aran e Adso, con i loro battibecchi ed un rapporto che si va costruendo un passo alla volta, pur non raggiungendo la complessità di Joel/Ellie o Kratos/Atreus, costituiscono una coppia ben scritta e divertente da gestire. E gli stessi sparuti comprimari che andranno ad incrociare il loro cammino non saranno da meno, grazie anche a stuzzicanti trovate visive e narrative che li caratterizzeranno, per quanto siano molto forti palesi ispirazioni esterne (difficile non scorgere in Glinda un palese omaggio ad una certa Freya).

Un’avventura, quella vissuta in compagnia di Aran e Adso, molto longeva e stimolante, a dispetto di una parte finale un po’ stiracchiata e ridondante, ma che non mancherà di sorprendere in più di un’occasione. Sibillino al punto giusto ed in grado di andare oltre l’apparenza, Blades of Fire chiederà al giocatore di scavare oltre la superficie, anche in virtù del suo essere volutamente parco di suggerimenti e privo della stucchevole volontà di prenderci costantemente per mano. Nulla è ciò che sembra in questo mondo di morte e acciaio rubato, e lo capirete piacevolmente a vostre spese se avrete la pazienza di raggiungerne il vero cuore pulsante. Il mio consiglio può essere solo questo: non vi fermate alle apparenze, anche quando potreste pensare di trovarvi al cospetto di una crudele beffa (e un tale momento arriverà).

Son Bastilani e batto il ferro
Volete vedere in Blades of Fire l’ennesimo e stucchevole soulslike? Liberissimi di farlo, ma solo perché ogni morte o sosta presso i numerosi checkpoint porterà la gran parte dei nemici a ricomparire come per magia, o perché il combat system si porta in dote un più permissiva gestione della stamina. Per il resto non lasciatevi ingannare dal lavoro firmato MercurySteam, che in realtà è più un action in salsa hack and slash che punta tutto sulla creazione e gestione delle armi in possesso di Aran. Il gioco non presenta una crescita del personaggio in classico stile ruolistico, ma baserà tutto sull’arsenale a nostra disposizione: ciascuna lama che potremo forgiare presso la fucina accessibile tramite le incudini che fungono da punti di sosta, si poterà in dote delle caratteristiche uniche, che varieranno in base alle parti che la andranno a comporre e ai materiali che decideremo di impiegare nel processo.

Il gioco presenta 7 classi differenti, oltre a 30 pergamene di creazione uniche ed un corposo numero di componenti tra cui scegliere, così da poter dare vita ad un impressionante numero di varianti, ogniuna caratterizzata dalle proprie statistiche (che si ribalteranno anche sulle prestazioni di Aran). Da spade a spadoni, passando per martelli e lance, il campionario a nostra disposizione è quanto mai variegato, e la differenziazione del nostro arsenale sarà la chiave per uscire indenni dagli scontri. Ciascun nemico, difatti, sarà vulnerabile ad una precisa tipologia di arma (il colore che avranno una volta lockati ci permetterà di capirlo), pertanto switchare al bisogno tra le 4 che potremo equipaggiare sarà di vitale importanza. Interessante anche il sistema di combattimento, che si baserà sui quattro pulsanti frontali del pad, ognuno legato ad una differente direzione del colpo (alto, basso, destra e sinistra), che potremo anche caricare tendo premuto l’input corrispondente. Il meccanismo funziona a dovere, e chiederà di saper leggere a dovere i moveset nemici, così da poter massimizzare il danno e, al bisogno, schivare e parare al momento giusto. I combattimenti risultano sempre assai stimolanti ed impegnativi al punto giusto, e parte della soddisfazione viene anche dall’ottimo feedback restituito dai vari colpi, capaci di assecondare e trasmettere le varie differenze di lame.

Giocando tutto sulla costruzione del proprio arsenale, non stupisce che Blades of Fire chieda anche di prendersene amorevolmente cura, così da non arrivare mai impreparati ad uno scontro. Ciascuna arma che forgeremo, tramite un minigioco che ci chiederà effettivamente di battere il metallo incandescente così da massimizzarne la qualità, sarà caratterizzata da una propria durabilità e da un numero di possibilità di riparazione, tutti elementi che saranno influenzati dal risultato ottenuto durante il processo in questione. Tali valori saranno soggetti ad usura con l’utilizzo, pertanto dovremo essere sempre pronti ad affilare in tempo reale la lama al bisogno (in maniera analoga a quanto avviene in Lies of P), oppure a ripararla direttamente presso le incudini di cui sopra. Inizialmente il timore di vedere interrotta con frequenza l’azione dalla necessità di forgiare nuove armi era molto forte, e si avverte davvero nelle battute iniziali, ma man mano che metteremo le mani su nuove pergamene (sbloccabili una volta sconfitta una data quantità di ciascun nemico) e nuovi materiali, la situazione tenderà a stabilizzarsi in maniera efficace.

Va’ dove ti porta il cuore
L’azione di gioco di Blades of Fire si dipana lungo 4 macro mappe aperte dalle dimensioni sempre generose, e caratterizzate da una struttura che stizza l’occhio ai metroidvania, con passaggi e sezioni che si apriranno progressivamente dopo che avremo ottenuto i poteri di tre particolari rune (e non solo). Il world building è risultato molto piacevole ed efficace, complice anche un level design ispirato e labirintico, che richiederà uno sforzo notevole per essere metabolizzato e memorizzato a dovere. Tanto, in tal senso, è dovuto anche alla volontà di non presentare alcun tipo di indicatore di missione: la conoscenza che il giocatore avrà del mondo sarà la stessa di Aran, pertanto starà a noi/lui capire di volta in volta dove dirigersi, studiando l’ambiente e le descrizioni che accompagnano gli sparuti oggetti in cui ci imbatteremo, oppure parlando con Adso. Confesso che in alcuni momenti avrei gradito essere preso un pochino per mano, dato che la progressione era davvero oscura e legata a passaggi alquanto difficili da intercettare chiaramente (odierete la seconda parte del Forte Cremisi!), ma una volta entrati nel mood potreste rimanere piacevolmente colpiti da questo ideale ritorno alle origini del game design. Poi, se proprie un simile sistema non dovesse fare al caso vostro, potrete di volta in volta abilitare un piccolo segnalatore tramite il menu delle opzioni, ma l’indicazione fornita circoscriverà semplicemente l’area d’azione: buoni sì, ma senza esagerare!

A rendere interessante il mondo di gioco, però, ci ha pensato anche il comparto tecnico/estetico di Blades of Fire, che poggia interamente sull’interessante engine proprietario dello studio. Il colpo d’occhio offerto è estremamente gradevole e pulito, con numerosi dettagli in grado di rendere stimolante la progressione e l’esplorazione delle mappe. La modellazione poligonale dei vari elementi è sempre di altro livello e contribuisce a rendere giustizia ad un character e ad un creature design ispirato e d’impatto. Ovviamente la parte del leone in fatto di dettagli la fanno Aran e Adso, ma anche i comprimari hanno il loro bravo perché e presentano caratteristiche in grado di renderli piacevolmente unici e riconoscibili. E poi c’è l’atmosfera generale, pregna di una decadenza ed una sofferenza che si respira ad ogni passo e contribuisce a corroborare una lore tanto semplice quanto efficace. Buono anche il frame rate, che si è rivelato sempre molto fluido e privo di evidenti sbalzi, riuscendo ad accompagnare a dovere anche le situazioni più affollate. A voler essere pignoli si potrebbe avere da ridire per qualche texture meno appariscente, oltre ad alcuni elementi del voice over inglese che avrebbero meritato un’enfasi recitativa maggiore (tutto è localizzato testualmente in italiano), così come pesa l’assenza di un numero maggiore di boss di spessore, ma una volta giunti al termine ci si può davvero passare sopra.

Come chiesto in apertura di recensione, MercurySteam sarà d’ora in avanti identificata come lo studio di Blades of Fire? Al netto di qualche magagna, almeno per quella che è stata la mia esperienza, me lo auguro davvero. La nuova IP del team iberico, difatti, propone un’avventura impegnativa e divertente, caratterizzata da una propria peculiare identità e da un mix di elementi di gameplay ben confezionati, combat system e gestione dell’arsenale in primis. Le maggiori criticità di Blades of Fire, in definitiva, si possono ricondurre in una durata forse un po’ troppo dilatata, che si è portata appresso sezioni inutilmente ridondanti e ludicamente meno ispirate del resto, che potrebbero acuire anche quel senso di smarrimento causato dalle precise scelte di design evidenziate poco sopra. Al netto di ciò, parliamo comunque di una nuova IP dotata di una propria e riuscita personalità, capace di operare scelte ludiche indubbiamente divisive e nette, ma che saprà regalare soddisfazioni a chiunque avrà la voglia di assecondarne la natura.