Recensione Beautiful Desolation
di: Marco LicandroBrotherhood Games, sviluppatore indipendente specializzato in avventure grafiche quali Stasis, arriva su console con un porting della sua ultima uscita per PC: Beautiful Desolation. Una avventura come nessun’altra, dicono loro, ma sarà per le giuste motivazioni?
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Beautiful Desolation si presenta come una avventura grafica per PC vecchio stile, con una prospettiva isometrica, un 2.5D fatto di sprites volutamente pixelati, che regalano una sensazione di giocare un titolo uscito negli anni 90. Questo si nota sotto praticamente ogni aspetto, andando dal gameplay vero e proprio, all’utilizzo degli oggetti e dell’inventario, alle animazioni basiche, salvo per alcune cutscenes di intermezzo che invece sorprendono per la qualità e l’attenzione ai dettagli, in maniera tale che quasi stona con lo stile complessivo del gioco.
Completamente in Inglese, non includendo tra le lingue l’Italiano, il gioco avrà un doppiaggio con accenti marcati misti tra Irlanda e Africa, visto che lo stesso gioco sarà ambientato in una valle desolata post-apocalittica africana, con un mix di artefatti alieni che regalano quel non so che di caratteristico ed unico, rendendo il gioco distinguibile dalla massa.
Nel gioco impersoneremo Don Leslie, un ex-Marine che in seguito ad una catena di eventi vorrà scoprire di più riguardo la Penrose, una misteriosa struttura aliena giunta sulla terra senza preavviso, e da quel momento sotto controllo del governo. Le cose non andranno come previsto, ed un salto temporale proietterà il nostro protagonista in un futuro distopico dove nulla è come lo conosciamo. Dovremo conversare con le varie razze ed indigeni presenti, esplorare, effettuare scelte, risolvere puzzle, raccogliere ed utilizzare oggetti, nonché affrontare mini giochi e combattimenti opzionali, così da giungere alla fine della nostra futuristica avventura sbloccando uno dei possibili finali a disposizione.
Le conseguenze di un porting
Innanzitutto, per non lasciare nel mistero nessuno dei nostri lettori, ci chiederemo che cos’è un porting? Essenzialmente viene chiamato porting l’atto di convertire un titolo uscito per una determinata piattaforma verso un’altra che inizialmente non era stata pensata durante lo sviluppo. In questo caso, parliamo di un porting di una avventura grafica per PC, pensata per essere giocata con tastiera e mouse, con enfasi su quest’ultimo, visto che l’interfaccia grafica è studiata per essere esplorata con un puntatore, così da scoprire le varie interazioni, leggere i dettagli sull’elemento puntato, ed utilizzare i vari strumenti a disposizione tra cui l’inventario e le note.
La conversione per console ovviamente è una sfida per gli sviluppatori, in quanto si tratta di privare questa libertà di esplorazione a schermo in favore di un controller fatto da levette e bottoni, sicuramente più che ottimi per una grande varietà di giochi, ma un po’ meno per la struttura di una avventura grafica classica. L’esplorazione perde quindi il click del mouse per un movimento incentrato sulla levetta analogica, scindendo la duplice funzionalità di scoperta/posizionamento fornita dal cursore, e relegando quindi la prima alla posizione sulla mappa del personaggio. Non potendo passare il cursore sopra i vari elementi per poterne leggere i dettagli, gli sviluppatori hanno pensato di nasconderne i testi relegandoli alla pressione di un pulsante che alterna il nome dei luoghi/oggetti alla descrizione, costringendoci alla pressione ripetuta del pulsante, o alla scelta di un caso statico che ci mostrerà solo i punti di interazione o di interesse ma senza descrizione, o solo quest’ultima ma con conseguente ingombro della schermata, visto che tutti gli elementi a schermo presenteranno varie linee di testo.
Numerose difficoltà si presentano anche per l’interfaccia. Questa non è stata ridisegnata per essere sfruttata dal controller, il che significa che l’utilizzo della stessa, delle note, o dei vari comandi a disposizione, è poco intuitiva ed inutilmente complessa, avendo associato ad ogni azione un suo tasto specifico, senza nessuna correlazione tra la posizione a schermo e quella sul controller, fomentando una sensazione di disconnessione tra il titolo ed il giocatore, che spesso dovrà premere svariati pulsanti prima di riuscire a conseguire ciò in cui si stava cimentando.
Questa bellissima desolazione
Se c’è una cosa che brilla in questa produzione questa è sicuramente il lato artistico. I paesaggi di gioco, con il suo mix tra natura rigogliosa e deserto, umano e alieno, spingono al massimo la voglia di esplorare e saperne di più al riguardo. L’esplorazione come detto è uno dei punti forti del titolo, visto che il gioco spinge il giocatore ad indagare e perlustrare ogni punto della mappa, permettendo anche di utilizzare dei mezzi di trasporto per muoverci in aria e giungere quindi in luoghi lontani e sperduti. La telecamera isometrica e gli sprites in 2.5D permettono un buon grado di immersione, ma il level design spesso pecca nel combinarsi con il codice di gioco, non spiegando visualmente quali sono i margini o i limiti invalicabili, e non marcando a sufficienza il terreno per permettere quindi degli spostamenti chiari per il giocatore. Questo ovviamente non è un problema per la versione PC, visto che basterebbe cliccare sopra un punto sul terreno per vedere il personaggio muoversi o fermarsi, mentre su controller questo non è possibile in quanto saremo noi ad avere il controllo totale sui movimenti del personaggio, creando spesso confusione e frustrazione sul da farsi, non trovando la via verso il nostro obiettivo.
Essendo poi i luoghi divisi in visuali separate, come mappe a sé stanti, per muoverci da un punto all’altro sarà necessario interagire con la fine di un percorso, anziché semplicemente muoversi verso la fine di esso, come promemoria di ciò che un porting dovrebbe prendersi cura una volta convertito in una esperienza per console. Tutto questo è per dire di prendervi di pazienza perché questa è richiesta sia dalle meccaniche di gioco che dalle conseguenze del porting, perciò non disperate se non riuscirete alle prime nel capire come muovervi o cosa fare, in quanto il titolo risulterà ostico almeno all’inizio.
È possibile entrare in varie strutture di gioco, esplorare gli interni, salire o scendere ai piani superiori ed inferiori, spendere denaro e risorse, conversare con le varie persone, creando una sensazione di presenza e credibilità che aiutano ad entrare nella realtà creata dal team. Ma se c’è una cosa che caratterizza le avventure grafiche, queste sono le fasi puzzle. Più che veri e propri enigmi da risolvere, si tratta di una combinazione tra esplorazione, scoperta, collezione di note e/o oggetti, e decifrare quanto abbiamo racimolato finora per giungere alla risoluzione del puzzle. Questa potrà essere semplice come parlare alla persona giusta, offrire un oggetto, combinare alcuni insieme, o semplicemente sfogliare le note ed utilizzare l’ingegno per arrivare a capire la combinazione richiesta.
Come da prassi, non tutte le risposte si troveranno nello stesso luogo, motivo per cui dovremo spesso viaggiare in diversi luoghi, e trovarci con più domande che risponde, fin quando non troveremo quell’elemento o dettaglio che farà click con ciò che stavamo cercando, e ci aiuterà a proseguire nel gioco.
Conclusione
Beautiful Desolation rende giustizia al titolo, portandoci in un mondo creato ad-hoc e sicuramente con il suo stile unico e ben distinto dai giochi dell’epoca, ancor più da quelli odierni. Le uniche pecche che effettivamente ne abbassano il voto complessivo sono la mancanza di traduzione nella nostra lingua, non lamentandoci troppo per il doppiaggio ma almeno per quanto riguarda i sottotitoli, ed il porting su console che non brilla per il lavoro svolto, limitandosi ad attribuire i pulsanti alle azioni, e non cercando di fornire una esperienza godibile con il controller. Nonostante questo l’avventura di Brotherhood Games è senz’altro godibile se padroneggiate la lingua e merita sicuramente di essere provata.