Recensione Baldur’s Gate, Baldur’s Gate 2, Planescape: Torment, Icewind Dale: Enhanced Edition
di: Simone CantiniPer i più giovani di voi leggere il nome Bioware non potrà fare a meno di riportare alla mente la saga di Mass Effect, la produzione più recente dello studio canadese. Se però si ha qualche annetto in più sulle spalle, come (ahimè) il sottoscritto, quell’agglomerato di lettere viene automaticamente associato al leggendario Baldur’s Gate, uno dei migliori RPG di tutti i tempi uscito inizialmente su PC, salvo poi sbarcare praticamente ovunque negli anni successivi, ad eccezione del mondo console. Almeno fino ad oggi. Sì, perché dopo un paio di spin-off usciti nell’era a 128 bit, la serie si era sempre tenuta lontana dalle nostre macchine da gioco casalinghe, al pari di altri 3 titoli, dai fan considerati assieme a questo come una delle espressioni massime del genere. Il periodo di emarginazione è però, finalmente, giunto al termine, dato che da pochissimi giorni sono disponibili per PS4, Xbox One e Nintendo Switch Baldur’s Gate, Balduir’s Gate 2, Icewind Dale e Planescape: Torment tutti in formato Enhanced Edition.
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Le quattro leggende
A dispetto di quello che potreste pensare questa non sarà una vera e propria recensione, ma piuttosto una panoramica di quello che i quattro titoli in questiona hanno rappresentato nel panorama ruolistico occidentale. Anche perché visti gli anni che si portano appresso, il web pullula già abbondantemente di disamine critiche sicuramente esaustive, al quale il sottoscritto avrebbe ben poco da aggiungere rispetto a quanto scritto da altri colleghi. Ed anche perché, lo ammetto, esaminare nel dettaglio come di consueto ciascun gioco, avrebbe sicuramente portato questo pezzo a sforare ampiamente lo spazio canonico. L’aspetto principale, nonché a mio avviso più importante da sottolineare del lotto è che Baldur’s Gate rappresenta un vero e proprio spartiacque quando parliamo di adattamenti videoludici dei Forgotten Realms, visto il modo estremamente puntuale e fedele con cui le regole di Advanced Dungeons & Dragons sono state tradotte digitalmente dai ragazzi della Bioware che fu. L’avventura del figlioccio di Gorion, che partito da Candlekeep si ritroverà ad esplorare in lungo ed in largo la Costa della Spada, è difatti quanto di più fedele si sia mai visto in termini di adattamento delle classiche campagne narrative del popolarissimo gioco di ruolo, in cui le innumerevoli e complesse statistiche capaci di renderlo al contempo tanto amato, quanto odiato, riuscirono a trovare la loro collocazione anche su schermo. Il sistema permette di dare vita all’avventuriero dei propri sogni, proprio come se ci trovassimo ad un tavolo in compagnia di un gruppo di amici, grazie ad un sistema di personalizzazione in grado di proporre un set di classi e razzi davvero corposo, che sarà possibile ibridare per mezzo di specializzazioni multiclasse, ma anche in virtù di un più esteso (rispetto al classico D&D) sistema di allineamento. Tutto ciò, però, non avrà soltanto un impatto sul nostro giocatore, ma si rivelerà di fondamentale importanza anche una volta che ci saremo avventurati lungo la Costa della Spada, visto che l’etica ed il comportamento del nostro avatar avranno un impatto diretto anche sulle relazioni che instaureremo con gli altri personaggi, siano essi NPC o character reclutabili nel party. Un esempio lampante potrebbe essere la dipartita volontaria di elementi puramente malvagi, qualora ci ostinassimo a mantenere un comportamento irreprensibile, quasi fossimo dei rettissimi paladini. Ed in questo, in aggiunta alla mole di dialoghi a scelta multipla presenti nella complessissima avventura, è davvero impossibile non rintracciare quegli elementi che hanno contribuito a fare la fortuna del comparto sociorelazionale visto in Mass Effect. E questa ossatura, pur con le sue brave limature, si applica felicemente agli altri tre esponenti del pacchetto, ognuno dei quali, pur con le sue brave divergenze, può essere visto come l’ideale prosecuzione stilistica del precedente lavoro, pure considerando il passaggio del testimone a Black Isle Studios per quanto concerne Icewind Dale e Planescape Torment.
Crampo alle mani
Qualunque sia il titolo del quartetto preso in considerazione, appare subito evidente di come il tutto sia innegabilmente figlio del mondo legato ai personal computer, visto come il gameplay risulti smaccatamente cucito attorno all’utilizzo della consueta combo mouse/tastiera. Ed è molto probabilmente per questo motivo che la conversione console si è fatta attendere a dismisura, dati gli imprescindibili compromessi che un simile porting ha inevitabilmente comportato. Non si può, difatti, negare come il passaggio all’uso esclusivo del pad abbia reso il sistema di controllo invero più macchinoso e lento, laddove un semplice click su uno degli elementi sensibili dell’interfaccia di gioco è adesso sostituito da una più complessa sequenza di comandi, in cui la combinazione di pulsanti dorsali e leve analogiche non può certo competere con la naturalezza di impiego del topo da scrivania. Proprio per questo motivo, soprattutto per coloro che sono cresciuti con le esperienze originali, giocare a queste Enhanced Edition potrebbe risultare inizialmente alquanto ostico e dannatamente insoddisfacente (presente!), vista la pratica a tratti eccessiva che è necessaria per poter iniziare a controllare in modo più agile ed immediato il nostro party. Non mancano, però, alcune piccole chicche capaci di smussare un poco alcune delle criticità di questa menomazione del sistema di controllo, sulle quali svetta la possibilità di gestire il movimento del party anche tramite il semplice utilizzo delle leve analogiche, risparmiandoci così la fatica di dover di volta in volta selezionare il punto di spostamento. Rivisto anche il sistema di interazione con gli elementi interattivi della scena, siano essi oggetti o elementi da saccheggiare, grazie ad un partico sistema di rilevazione automatica degli spot sensibili. Si tratta di piccoli accorgimenti non certo in grado di far raggiungere al tutto la fruibilità delle esperienze originali, ma è innegabile come si tratti di compromessi necessari se si vuole godere di questo quartetto anche su console.
Tecnica scricchiolante
Ci sono però alcuni aspetti in cui il porting si è limitato al minimo indispensabile, primo fra tutti l’adattamento grafico dei quattro titoli, ognuno dei quali non fa nulla per mostrare su schermo gli anni che si portano appresso. Il confronto con la grafica odierna, fosse anche quella del più spartano degli indie, è difatti invero impietoso, con una scena alquanto spoglia e di sicuro incapace di lasciare un ricordo positivo nella mente dei giocatori. La sciattezza di questo elemento della conversione, inoltre, è evidenziata dai brevi intermezzi che caratterizzano alcune porzioni delle varie avventure, momenti in cui l’origine vetusta degli asset grafici, uniti ad una pessima compressione video, viene fuori in tutta la sua prepotenza. Ma di sicuro chi sceglie consapevolmente di avvicinarsi a produzioni che hanno oltre 20 anni sulle spalle sarà pronto a pagarne lo scotto, dato che qua a fare la voce grossa è indubbiamente l’impianto ruolistico generale. Laddove è impossibile muovere qualche appunto è relativamente alla longevità complessiva che, qualora non bastassero le storyline principali (e relative tonnellate di subquest), può essere aumentata grazie alla presenza di tutte le espansioni rilasciate per ciascun titolo, in grado di aumentare a dismisura il monte ore generale. Giusto a voler essere pignoli si potrebbe rimproverare l’assenza della traduzione italiana in Planescape Torment: Enhanced Edition, elemento che stona se confrontato con l’impressionante lavoro di localizzazione nostrana disponibile per gli altri tre pezzi del pacchetto.
Baldur’s Gate, Balduir’s Gate 2, Icewind Dale, Planescape: Torment: poco importa quale sia l’ordine in cui vengono scritti, dato che questo non andrà certo ad influenzare l’importanza che ciascuno di essi ha rivestito nel panorama degli RPG, oltre che nel curriculum di Bioware e Black Isle Studios. Impressionanti per contenuti, qualità ed aderenza al mondo di Advanced Dungeons & Dragons, i membri di questo leggendario quartetto giungono finalmente anche su console, nonostante una conversione effettivamente problematica per quanto concerne la costrizione del sistema di controllo originale all’interno delle anguste pareti di un pad. Una volta superato questo scoglio, oltre che chiuso più di un occhio al cospetto di una grafica oramai desueta, ecco che ci troveremo tra le mani quattro esperienze ruolistiche dal fascino e dalla qualità universale, capaci di rappresentare ancora oggi alcune delle eccellenze del genere.