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Recensione Back 4 Blood

di: Simone Cantini

A dispetto del fallimento di Evolve, è palese come Turtle Rock Studios abbia una visione ben chiara del suo modo di approcciarsi al gaming, invero basato principalmente sull’interazione online dei vari giocatori. Un trend che, senza andare a scomodare gli esordi con Counter Strike, è stato consolidato in maniera marcata (e felice) grazie a Left 4 Dead. È innegabile come la produzione cooperativa a base di zombie abbia segnato una netta svolta per le fortune del team, che dopo il mezzo passo falso legato al titolo citato in apertura, ha deciso di tornare in parte sui propri passi, presentando quel sequel (per quanto spirituale) chiesto da anni a gran voce dai fan. E dopo essersi fatto attendere un bel po’, sebbene abbia cambiato nome rispetto ai desiderata, Back 4 Blood è finalmente realtà.

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Vedo la gente morta

Vabbè, alzi la mano chi è seriamente in cerca di un solido pretesto narrativo per mettersi a crivellare di colpi orde infinite di putrescenti non morti. Cercare, difatti, una giustificazione alla mattanza selvaggia di queste orride creature assetate della nostra carne, sembrerebbe alquanto ingenuo, e Turtle Rock Studios non ha nessuna intenzione di iniziare le danze prendendo in giro l’intelletto dei player. Pochi fronzoli, pertanto, e siamo pronti all’azione, e di certo la breve cinematica iniziale è più che sufficiente ad introdurci il setting di Back 4 Blood: come sempre ci troviamo a lottare contro una misteriosa epidemia che, guarda un po’, ha trasformato gran parte della popolazione mondiale in letali macchine di morte, Puzzolenti e decadenti, ci tengo ad aggiungere. Noi giocheremo nei panni di uno degli 8 Sterminatori attualmente presenti nel titolo, volontari apparentemente immuni al contagio, che hanno deciso di scendere in campo per garantire un barlume di speranza alla razza umana. Caratterizzati da un loadout personalizzato (che comprende un’arma principale ed una secondaria) e da un paio di skill uniche, il loro obiettivo sarà quello di farsi strada lungo i 4 atti della campagna, vomitando tonnellate di piombo sulle aberrazioni con cui il gioco inonderà letteralmente lo schermo. Sebbene tutto possa essere affrontato in solitaria, a patto di sacrificare trofei/obiettivi e punti progressione, è indubbio come lo story mode riesca a dare il meglio di sé se affrontato in compagnia di altre 3 persone, così da sprigionare il pieno potenziale della produzione.

L’unione fa la morte

Come detto poco sopra, Back 4 Blood è un titolo pensato principalmente per sfruttare la cooperativa online, all’interno di una campagna che vedrà all’opera sino a 4 Sterminatori (o in assenza di player gli eventuali bot, che potranno essere rimpiazzati tramite un sistema drop in/out). La struttura delle missioni è molto elementare e classica, e sfruttando un gameplay in prima persona ci richiederà, nella maggior parte dei casi, di andare dal punto di partenza A al traguardo B. Il tutto mentre dovremo farci strada tra le orde di non morti desiderosi di farci la pelle. Di tanto in tanto non mancheranno alcune piccole variazioni sul tema, come il dover distruggere alcuni nidi di Infestati (gli zombie del gioco), oppure proteggere degli oggetti o recuperare delle risorse. Comunque la si giri, sarà l’azione serrata a farla da padrona, senza che siano richieste particolari strategie ai giocatori, anche se in alcuni frangenti un minimo di collaborazione attiva può semplificare le cose. Anche le mappe di gioco non stupiscono molto in fatto a struttura e varietà, ad eccezione di un paio di situazioni particolari, ma sono comunque dotate di una discreta ampiezza, così da incentivare quel minimo di esplorazione utile a recuperare equipaggiamenti. Già, perché per sopravvivere ci vorrà ben altro che la dotazione di partenza del nostro Sterminatore, pertanto ecco che giungono in nostro soccorso tantissime bocche da fuoco differenti, con relativi upgrade, caratterizzate dall’oramai grado di rarità definito dai vari colori. Qualora volessimo sfidare la sorte, e tirare dritti per la nostra strada, tra un checkpoint e l’altro ci verrà in soccorso una cassa rifornimenti, che ci permetterà di spendere le monete guadagnate per rimpolpare il nostro arsenale. Fin qui, in definitiva, appare tutto molto lineare e prevedibile, ma fortunatamente Back 4 Blood ha un asso nella manica, con cui si diverte a sparigliare la situazione: sto parlando del sistema di carte. Man mano che giocheremo, difatti, otterremo dei Punti Rifornimento, che potremo investire per acquistare gli oggetti in questione, così da poter comporre un mazzo di 15 elementi. Le carte in questione garantiranno numerosi bonus, e ne potremo selezionare una all’inizio di ciascuna missione, così da dare vita (grazie anche a quelle giocate dagli altri) a situazioni sempre differenti. Il rovescio della medaglia è che anche il gioco potrà sfruttare tale meccanismo, pertanto ogni livello sarà caratterizzato da alcune impostazioni peculiari, pronte a variare le situazioni ludiche, inserendo malus, ostacoli aggiuntivi o agguerriti boss speciali. Il gioco presenta un numero ragguardevole di carte, pertanto le combinazioni possibili sono davvero numerose, ed in grado di garantire una buona dose di imprevedibilità (e rigiocabilità) al tutto. Ciascun delle tre modalità di gioco, cooperativa, competitiva e solitaria, avrà il suo mazzo a disposizione, così da permetterci di adattare la nostra strategia ad ogni situazione.

Cambiare casacca

Oltre alla classica modalità PvE, affrontabile sia in compagnia di amici che di sconosciuti, tra l’altro anche tramite cross-play tra piattaforme, non poteva mancare una modalità competitiva, chiamata Sciame. Questa farà scontrare tra di loro un massimo di 8 giocatori, suddivisi in due squadre, con un team che impersonerà gli Sterminatori, mentre l’altro si calerà nei panni degli Infestati, per poi scambiarsi di ruolo. L’obiettivo sarà quello di resistere in vita più degli avversari, così da segnare un punto, ed ottenere la vittoria al meglio di tre round. Se nei panni degli eroi il gameplay non subisce variazioni rispetto alla campagna, è giocando nei panni dei non morti che le cose cambiano sensibilmente: potremo, difatti, scegliere tra 9 differenti classi, ognuna dotata delle proprie caratteristiche, potenziabili in-game spendendo i punti guadagnati infliggendo danni ed uccisioni. Lo stesso potrà essere fatto per l’orda di zombie base che ci aiuterà nel corso del match. Il meccanismo è, almeno sulla carta, interessante, ma ha anche un appeal sicuramente marginale, dato che parliamo di una singola modalità che, proprio per l’assenza di un gameplay tattico e stratificato, potrebbe stancare ben presto i giocatori. Un difetto, questo, che può essere esteso a tutto Back 4 Blood nel suo complesso, che pur risultando divertente da giocare, manca proprio di quello spessore in grado di garantire il coinvolgimento sul lungo periodo. A patto di avere un gruppo di amici ben affiatato, e desideroso di sperimentare più e più volte le missioni, anche solo per testare le carte, ci sono davvero pochi motivi per rimanere incollati al gioco. Almeno allo stato attuale delle cose. Vero è che il team ha già promesso alcune aggiunte future, come una nuova campagna e nuovi personaggi, ma considerando che parliamo di add-on a pagamento, resta da capire in che direzione Turtle Rock Studios ha in mente di muoversi anche in ottica di supporto gratuito.

Emorragia totale

Che il tutto sia nato come produzione cross-gen è evidente sin dalle prime battute, anche nella versione testata su PS5, visto che l’impatto scenico non è certo tale da far strabuzzare gli occhi. Parliamo comunque di una realizzazione tecnica più che discreta, che pur tradendo alcuni elementi meno riusciti di altri, riesce a garantire all’azione quella fluidità necessaria quando parliamo di un titolo del genere. Ad eccezione di alcuni sporadici e microscopici rallentamenti, difatti, sterminare le orde di Infestati è stato un vero piacere, grazie ad un motore di gioco reattivo e fluido, capace di reggere botta anche quando siamo letteralmente sommersi di carne putrescente. Colpisce, in senso positivo, la resa estetica dei personaggi principali e dei nemici che, sebbene avrebbero meritato un pizzico di originalità in più in quanto a classi, incarnano alla perfezione l’immaginario globale oramai codificato all’interno dei giochi a tema zombie. Buonissimo anche il comparto sonoro, forte di un doppiaggio italiano che, sebbene non centrale ai fini dell’esperienza, riesce a fornire il giusto supporto. In tal senso l’implementazione dell’audio 3D, soprattutto se indossiamo un paio di auricolari, è davvero ottima, e ci permette sempre di percepire la direzione da cui provengono le varie minacce. Buono anche il supporto al DualSense, che sacrifica un feedback aptico convincente in favore di un gradito impiego dei trigger adattivi, che riescono con efficacia a far percepire la differenza di utilizzo delle varie bocche da fuoco. Così così, invece, il comportamento dei bot alleati, che sebbene si siano rivelati delle ottime macchine di morte laddove è richiesto il semplice esborso di proiettili, lasciano davvero a desiderare nelle situazioni in cui è necessario un pizzico di collaborazione.

Left 4 Dead è tornato, anche se ora risponde al nome di Back 4 Blood, e sicuramente i fan di questa peculiare tipologia ludica non potranno che essere felici. Il problema, almeno per chi scrive, è che nel mentre di anni sotto i ponti (e giochi sotto i pad) ne sono passati molti, ed i giocatori si sono fatti sempre più esigenti. Il nuovo lavoro firmato Turtle Rock Studios è sicuramente divertente da affrontare in compagnia, grazie ad un gameplay immediato e spassoso, in cui poco spazio è lasciato alla materia grigia, in favore di un sano spasso blastatorio. Intrigante anche l’introduzione del sistema di carte, capace di fornire quel guizzo di imprevedibilità al tutto. Allora dove è che il titolo cade miseramente? È davvero difficile non constatare come, allo stato attuale, l’offerta ludica sia veramente molto stringata, con una campagna cooperativa esauribile in circa 5-6 ore, a cui si accompagna un PvP sin troppo acerbo ed elementare. La base di partenza è sicuramente solida, sia chiaro, ma per un titolo proposto a prezzo pieno a fine 2021, e con un futuro in termini di supporto al momento delineato solo a pagamento, era lecito aspettarsi davvero qualcosa in più.