Recensione Atelier Ryza 2: Lost Legends & The Secret Fairy
di: Simone CantiniI giapponesi sano essere estremamente tradizionalisti, poco inclini a modificare il loro modus operandi, ma anche loro sono soggetti al fascino suadente del vil denaro, capace di soppiantare l’onore e le consuetudini più radicate. Ecco, magari ho un po’ esagerato, ma è innegabile come Atelier Ryza 2: Lost Legends & The Secret Fairy, sia proprio figlio del successo incredibile (per gli standard del brand) riscosso dal proprio predecessore, che è stato in grado di far interrompere a Gust la tradizione che vuole un cambio di setting e protagonista ad ogni episodio. La rivoluzione, comunque, non è certo destinata a fermarsi qua, dato che la nostra brava Reisalin sarà protagonista anche di un terzo episodio, così da vedersi dedicata una intera trilogia. È comunque presto per anticipare i tempi, pertanto al momento limitiamoci ad analizzare il presente.
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Il peso della quotidianità
Sono passati 3 anni dall’ultima avventura di Ryza, durante la quale la giovane alchimista, assieme ai suoi amici, era riuscita a salvare il regno dalla minaccia di Philuscha, e la nostra eroina è sempre più immersa negli studi volti a migliorare la propria professione. La vita scorre come sempre sull’isola di Kurchen, fin quando Ryza viene convocata dal signor Brunnen, che le consegna una misteriosa pietra a forma di uovo. Decisa a saperne di più, la ragazza salpa alla volta della capitale, per cercare di contattare Tao, che nel mentre si è trasferito là per diventare uno studioso. Una volta riuniti, i due amici partiranno alla ricerca di alcune rovine, il cui ritrovamento farà schiudere la pietra in questione, dalla quale uscirà una piccola creaturina di nome Fi. È da questo avvenimento che prendono il via le vicende narrate in Atelier Ryza 2: Lost Legends & The Secret Fairy, che seguendo uno svolgimento analogo a quello visto nel precedente episodio, si discosta in modo marcato dai consueti canoni che vedono i protagonisti come ultimi baluardi del mondo. La narrazione, difatti, torna ad essere quanto mai spensierata, legata più alla quotidianità dei vari personaggi, e priva di quel senso di urgenza che si respira generalmente negli altri jrpg. Si tratta senza dubbio di una maniera non certo canonica di raccontare una storia, che potrebbe sicuramente fare la felicità di coloro che sono maggiormente interessati alla caratterizzazione dei vari personaggi, qua accentuata da una corposa mole di dialoghi accessori, utili proprio ad approfondire le sfaccettature ed i rapporti tra i membri del cast. Questa spensieratezza, però, se da un lato rappresenta sicuramente uno spunto per certi aspetti originale, dall’altro potrebbe andare a costituire anche un limite, dato che proprio l’assenza di un motore che regoli l’incedere dell’avventura, rende la scrittura molto piatta, priva di guizzi che invoglino a saperne di più, con i colpi di scena più interessanti che si concentrano nelle battute finali della main quest. Tutto, insomma, si sviluppa in modo analogo al predecessore, che poteva anche essere accettato se preso come un unicum, ma che se reiterato in ottica di trilogia potrebbe finire per rappresentare un discreto limite. A sopperire a questa carenza, fortunatamente, ci pensa il cast di personaggi, che seppur orfano di Empel e (soprattutto) Lila come personaggi giocabili, vede l’inserimento di tre character inediti, che vanno ad affiancare i cresciuti Ryza, Klaudia, Tao e Lent: sotto questo aspetto, difatti, è davvero difficile muovere delle critiche, vista l’azzeccata caratterizzazione di vecchie e nuove conoscenze, che seppur non rifuggano a qualche stereotipo, restituiscono una serie di individualità a cui è facile affezionarsi, con la solita, deliziosa, alchimista a svettare su tutti.
Detective Ryza
Pur non discostandosi troppo dalla struttura canonica della serie, e riprendendo molti elementi del gioco precedente, il gameplay di Atelier Ryza 2: Lost Legends & The Secret Fairy non si risparmia qualche piccola deviazione dal percorso sperimentato poco più di un anno fa, e che ha nella rinnovata modalità di esplorazione uno degli elementi più vistosi. Come vuole la tradizione, nucleo portante dei vari Atelier è sempre stata la raccolta di materiali, da sfruttare per realizzare le varie ricette alchemiche, ed anche in questo caso tale momento ricoprirà un ruolo fondamentale, con alcune gradite varianti: Ryza, adesso, oltre che in superficie, potrà anche immergersi nei vari specchi d’acqua che popolano la mappa di gioco, ampliando il ventaglio di oggetti reperibili, e modificando la conformazione delle varie aree di gioco. La giovane, inoltre, sarà adesso in grado di arrampicarsi su alcune pareti rocciose, sfruttando dei rampicanti, amplificando la verticalità del level design. In tal senso sarebbe stato opportuna anche una revisione dei meccanismi che regolano le varie ricette, che apprenderemo andando avanti nel gioco oppure spendendo i punti sintesi all’interno di un ricco skill tree: spiace, difatti, constatare, come sia rimasta la fumosità legata ad alcuni costrutti, come visto in passato, che talvolta rende inutilmente complesso capire cosa fare per procedere nell’avventura. Una volta presa confidenza con il sistema, però, perdersi nell’elaborare e modificare i vari oggetti craftabili diviene una vera droga, capace di farci passare ore ed ore all’interno del nostro atelier. Tornando per un attimo alla rinnovata esplorazione, questa riveste un ruolo importante anche nell’economia della progressione, dato che le varie rovine che andremo ad esplorare (i dungeon del gioco) ci chiederanno di recuperare dei ricordi spirituali, nascosti nelle varie mappe, che poi dovremo combinare con dei documenti per sbloccare i vari snodi narrativi, rendendo di fatto molto più stimolante la perlustrazione delle mappe. In linea con il passato, invece, il combat system, che ci ripropone scontri in tempo reale, gestiti da una sorta di ATB, durante i quali potremo combinare senza continuità attacchi corpo a corpo ed abilità speciali, magari switchando alla bisogna tra i tre membri attivi del party, così da massimizzare i danni. Quello che ne scaturisce è un sistema all’apparenza alquanto caotico, ma che una volta padroneggiato sarà in grado di dare vita a spettacolari combattimenti, decisamente più dinamici della media del genere.
Poche novità in poco tempo
Essendo stato sviluppato in pochissimo tempo, giocando ad Atelier Ryza 2: Lost Legends & The Secret Fairy non ci troveremo al cospetto di un comparto tecnico molto differente da quanto sperimentato in precedenza, anche se non mancano alcune chicche, come gli abiti dell’alchimista che si bagnano sotto la pioggia. Al netto di questo, e di una migliorata gestione di riflessi ed effettistica (almeno su PS5), tutto è all’insegna del riciclo più sfrenato, con il bestiario che rappresenta uno dei limiti maggiori della produzione, data la scarsità di modelli presenti e che spesso sono riciclati, in forma leggermente modificata, anche come boss. Molto gradevole, invece, il comparto audio, che al consueto voice over efficace in lingua giapponese (solo sottotitoli in inglese, ahinoi), affianca una soundtrack non certo abbondante in quanto a brani, ma che nonostante la loro risicatezza sono in grado di installarsi con prepotenza nelle orecchie.
Sradicando una consuetudine decennale, Gust ribalta le carte in tavola con Atelier Ryza 2: Lost Legends & The Secret Fairy, proponendo per la prima volta un seguito diretto di uno dei suoi titoli. Quello che ne scaturisce, soprattutto a causa di un’uscita alquanto ravvicinata con il predecessore, è un jrpg sicuramente convincente, che amplia e migliora parte degli elementi che sono stati in grado di determinare il successo dell’avventura originale di Ryza, ma che contemporaneamente non rinuncia a riproporre anche alcuni degli aspetti più deboli del debutto di Reisalin. A tratti farraginoso nella gestione alchemica, oltre che sorretto da una storia non certo memorabile, il nuovo lavoro di Gust da il meglio di se nei momenti più ludici, con il combat system e la rinnovata esplorazione a svettare su tutto. Si tratta di un titolo leggero e divertente, che pur non avendo la pretesa di voler “salvare il mondo”, ha l’indubbio pregio di proporre un gameplay fresco e dinamico, accompagnato da un cast delizioso che, in vista della conclusione di questa nuova trilogia, mi auguro riesca ad agire all’interno di una cornice narrativa un po’ più accattivante.