Recensioni

Recensione Astro Bot

di: Simone Cantini

Sono giorni di montagne russe per Sony, momenti in cui alfa ed omega sembrano rincorrersi senza sosta, alternando delusioni ed aspettative in maniera alquanto bizzarra. Potrei spendere ore e fiumi di parole a parlare di come sia finito il disgraziato Concord, ma onestamente non mi pare né il momento né il luogo. In fondo, a meno di 24 ore dal debutto, penso sia più giusto tributare il giusto spazio ad Astro Bot, la faccia più splendente di quello State of Play che aveva avuto come sfortunato protagonista proprio il titolo Firewalk. E dopo aver portato a termine l’avventura del simpaticissimo robot, non posso che confermare quei felici entusiasmi maggerini.

Per visualizzare i video di terze parti è necessario
accettare i cookie con finalità di marketing.

Bigger and better

Vabbè, parliamo di un platform e quindi la trama è un mero accessorio, ed oggi e sempre lo sarà. Non arriverà certo il nostro simpaticissimo Astro a sovvertire questo immutabile dogma videoludico, ma non per questo ci limiteremo a saltellare senza uno scopo nel titolo di Team Asobi. Tutto ha inizio nello spazio, dove il robottino ed i suoi metallici amici stanno viaggiando, a bordo di una fiammante PS5. La gitarella extra orbitale subisce, però, un brusco arresto non appena incontrano un dispettoso e gigantesco alieno ed il suo disco volante: pochi istanti sono sufficienti a scatenare la furia vandalica della verdastra creatura, che si esaurirà con il furto del processore principale della console/astronave che, oramai in avaria e priva di altri componenti, finirà per precipitare su di un sabbioso pianeta. Da questo, che diverrà presto l’hub principale del gioco, prenderà il via l’avventura che, in maniera analoga a quanto visto nel delizioso (e preinstallato) Astro’s Playroom, ci vedrà piacevolmente costretti ad esplorare decine di coloratissimi e bizzarri mondi attraverso 5 (e non solo) galassie completamente fuori di testa.

Tanto per citare in parte un famoso spot, Astro Bot fa tutto quello che avevamo visto nella sua precedente sortita, ma più in grande, regalandoci uno spassoso ed ispiratissimo platform, che però è anche un sentito e riuscito viaggio nella memoria del brand PlayStation. Una corsa attraverso tre decadi di storia, plasmati grazie ad un numero impressionante di IP che, grazie anche all’apporto degli hardware Sony, hanno finito per divenire delle piacevoli costanti del medium. E così, tra citazioni e trovate sempre fresche ed originali, le circa 10-11 ore necessarie a giungere ai giocosi titoli di coda scorrono via in un lampo, permeando ogni passo o balzello di un alone di nostalgia dolceamara, ma sempre con il sorriso stampato sulle labbra. Un’occasione imperdibile per approcciarsi ad un platform davvero delizioso in ogni suo aspetto, ma che è anche l’occasione per (ri)scoprire serie e personaggi che, magari, non avevamo mai avuto il piacere di incontrare.

Una galassia di idee

Se avete una PS5, sicuramente avrete già giocato al citato Playroom e se non lo avete fatto, ma siete comunque qua a leggere la recensione di Astro Bot, i motivi possono solo essere due: o siete dei pazzi, oppure dei semplici curiosi. Se invece avete fatto i compiti per casa e vi siete già goduti quello stuzzicante antipasto, vi basterà sapere che il nuovo lavoro firmato Team Asobi non è altro che la versione sotto steroidi della precedente installazione: un motivo più che sufficiente per chiudere tutto e correre a prenotarlo (ma tanto lo so che lo avete già fatto). L’esperienza platform già rodata torna, pertanto, più in forma che mai, grazie anche ad un level design ispiratissimo e capace di offrire trovate sempre nuove in ogni mondo che ci troveremo a visitare.

Naturalmente un ruolo di spicco lo avranno i gadget che Astro potrà trovare nei vari stage e che andranno a caratterizzare in modo unico la progressione, così da diversificare ulteriormente l’esperienza: tra vecchi dispositivi e new entry fiammanti, i ragazzi di Asobi si sono sbizzarriti, al punto che si è sempre spinti a giocare “ancora un mondo e poi spengo la console”, anche solo per vedere cosa si sono inventati. Ne volete sapere giusto una, solo perché non voglio rovinarvi la sorpresa? Bene, che ne dite di diventare delle vere e proprie spugne, così da assorbire l’acqua presente negli stage per diventare dei giganti, salvo poi spruzzare tutto il liquido per spegnere incendi o gonfiare piattaforme assorbenti? Ecco, mi fermo qua che ho già detto anche troppo.

Gironzolare per i mondi che caratterizzano la galassia servirà, oltre che per recuperare i pezzi perduti della PS5 volante, anche a scovare i Bot che facevano parte del nostro equipaggio, e che il team di sviluppo ha visto bene di nascondere in maniera più o meno subdola. L’occasione, in tal senso, è stata ghiottissima per infarcire il tutto di quel fan service smodato che aveva caratterizzato Playroom, con ciascun mondo di gioco che, in aggiunta ai Bot anonimi, ne celerà almeno un paio tratti da brand storici del marchio PlayStation. Anche in questo caso, tanto per non rovinarvi la sorpresa, vi basterà sapere che spazieremo da Bloodborne (così, per girare il dito nella piaga di chi chiede ardentemente un remastermake™) a Crash Bandicoot, passando per Killzone e Silent Hill. Insomma, tra produzioni interne e brand third c’è davvero di che lustrarsi gli occhi, e poco importa se sia per lo stupore o per la commozione di rivedere, in chiave robotica, personaggi che pensavamo di aver dimenticato (mentendoci spudoratamente).

E poi, per restare in tema, ci sono 5 stage interamente dedicati ad altrettante saghe e che potremo sperimentare dopo aver sconfitto il boss finale di ciascuna galassia: anche in questo caso vi lascio il piacere di scoprirli, ma vi dico soltanto che non si tratterà di semplici orpelli estetici, ma di vere e proprie riproposizioni decisamente fedeli delle meccaniche che hanno reso celebri e perfettamente riconoscibili i brand in questione. Astro Bot non nasconde il suo voler essere una vera e propria celebrazione di queste 3 decadi di videogaming, un vero inno a quella creatività che, piaccia o no, ha quasi sempre caratterizzato l’intrusione di Sony nel mondo delle console.

La ricerca dei Bot non avrà soltanto un mero valore collezionistico/emotivo, ma ricoprirà anche un ruolo importante in chiave ludica, dato che la progressione sarà legata al numero di automi salvati, così da incentivare la loro identificazione. Non nego, comunque, come sia un piacere vederli interagire all’interno del pianeta hub, magari dopo aver recuperato tramite la rediviva gacha machine il loro oggetto simbolo. Tornano, difatti, le palline collezionabili ottenibili spendendo la moneta guadagnata nel gioco, ma solo dopo che avremo recuperato i pezzi dei puzzle nascosti negli stage, che saranno richiesti per costruire questa ed altre strutture. Farlo ci permetterà di ottenere skin per Astro, ma anche colori alternativi per il nostro DualSense presente in-game, che avrà un ruolo ben più marcato di quello che si possa pensare.

Good vibrations

Il pad di PS5, difatti, rappresenta la seconda metà del cielo in Astro Bot, visto il ruolo di spicco che va a ricoprire nell’economia ludica, al punto che viene spontaneo considerarlo un vero e proprio co-protagonista dell’esperienza. Oltre a fungere da navicella con cui spostarsi tra galassie e pianeti, non mancherà di trasformarsi letteralmente in alcuni gadget, oltre ad essere l’ideale anello di congiunzione tra noi e ciò che accade sullo schermo. C’è difatti solo da togliersi il cappello dinanzi al modo in cui il team giapponese è riuscito a sfruttare le feature del pad, senza tralasciarne neppure una: grilletti adattivi, feedback aptico, microfono e speaker trovano in ogni momento la loro perfetta collocazione, andando a garantire un livello di immersività davvero fuori scala.

È soprattutto la peculiare forma di vibrazione presente a rappresentare, almeno per il sottoscritto, la più affascinante delle feature, visto come permette di avvertire in maniera palpabile (sic) ogni sollecitazione e superficie con cui Astro finirà per entrare in contatto: basterebbe solo la resa della pioggia a conquistarmi ancora una volta senza riserve. Alfa e omega, come scritto in apertura: il DualSense si era presentato in forma smagliante al day one di PS5 grazie a Playroom e, con Astro Bot, si va a chiudere un cerchio che vorremmo vedere sempre sfruttato in questo modo.

Nello spazio tutti possono sentirti vibrare

A dispetto di una decina di ore di durata, ci sarebbe molto altro da dire sul gioco Asobi, dai mondi segreti che è possibile scovare ai punti fotografici, passando per boss e miniboss spassosissimi e una marea di ulteriori easter egg, ma sarebbe ingiusto togliervi il gusto della scoperta, pertanto la chiudo qua. Per quanto possa essere ridondante, dopo tutte queste lodi, parlare del comparto tecnico di Astro Bot, ritengo sia giusto dedicare il giusto spazio ad un elemento che, almeno sul fronte puramente ludico, non può che essere marginale. Ma che in questo caso non lo è in alcun modo. Pur non essendo certo il prodotto più brutalmente complesso a livello tecnico disponibile su PS5, non è certo un sacrilegio affermare come sia uno dei più ispirati e visivamente appaganti presenti sulla console Sony. Vero, non tutte le texture sono strabilianti (ma parliamo di inezie) e ben a vedere alcune ombre sono un po’ seghettate, ma chi cavolo se ne frega quando ad accoglierti trovi un mondo di colori e trovate visive assolutamente deliziose, figlie di una direzione artistica di primissimo spessore.

Come degno di nota è il comparto audio della produzione, che oltre ad una soundtrack sempre ficcante e ben amalgamata ai vari contesti ludici, vanta un’effettistica impressionante (elemento spesso sin troppo sottovalutato) e che unita ai feedback del DualSense dà vita ad una incredibile sinestesia. E poi tutto scorre liscio senza intoppi, sicchè che altro si può chiedere di più?

Bello, bello, bello. Punto e stop e chiusa qua con Astro Bot. In fondo, visti i risultati del Cavallo di Troia originale, trovarsi al cospetto della versione completa della visione di Team Asobi non poteva che dare vita ad un giudizio positivo, come testimonia il voto che potete leggere qua sotto. Pur non essendo il platform più impegnativo di tutti i tempi, il titolo Sony vanta davvero pochissimi rivali in quanto a mera cura realizzativa ed ispirazione, grazie ad una direzione artistica fenomenale che si intreccia in maniera indissolubile ad un fan service mai gratuito e becero. Divertentissimo da giocare, oltre che sorprendente in più di una situazione, la forza di Astro Bot risiede anche nella capacità di bucare letteralmente lo schermo grazie all’impeccabile sfruttamento delle feature del DualSense, da sole in grado di garantire un boost esperienziale difficilmente replicabile. Gli ultimi giorni sono stati davvero tosti per il marchio PlayStation ed i suoi fan, e l’avventura di Astro non poteva giungere in un momento migliore, chiaro esempio di come Sony sia ancora in grado di colpire nel segno, a patto che si ricordi di gettare sempre un occhio al proprio passato mentre è intenta a scrutare il futuro.