Recensioni

Recensione Armored Core VI: Fires of Rubicon

di: Simone Cantini

Se dici From Software, è impossibile non far correre la mente a Boletaria, Lordran, Yharnam e tutto quanto ruota attorno al mondo dei soulslike, visto il modo in cui, con tale genere, la compagnia nipponica è riuscita a far breccia nel cuore di vecchi e nuovi fan. Se non si è giocatori della prima ora, però, il team capitanato da Hidetaka Miyazaki viene ricordato con affetto anche per molte produzioni sicuramente meno sputtanate, che affondano le proprie origini in quello che oggi potremmo definire tranquillamente retrogaming: senza andare a scomodare titoli come Kuon o Tenchu (ehi, a quando un reboot Hide-san?), almeno per il sottoscritto è lecito far correre la mente ad un mondo dark sci-fi, in cui i protagonisti indiscussi sono giganteschi mech, personalizzabili in ogni loro aspetto, e capaci di dare vita a titoli adrenalinici e ricchi di fascino, soprattutto per chi, come me, è cresciuto a pane ed anime robotici. E dopo aver giocato ogni capitolo di questa longeva serie, che fece il suo esordio su PS1, potete solo farvi un’idea della gioia che mi ha dato recensire Armored Core VI: Fires of Rubicon, l’atteso e chiacchierato nuovo titolo del franchise, che giunge a 10 anni di distanza dalla sua ultima apparizione sul mercato.

Per visualizzare i video di terze parti è necessario
accettare i cookie con finalità di marketing.

Alimenta le fiamme!

Visto il clamore ed il successo generato da Demon’s Souls e compagnia, era logico che gli occhi della platea videoludica, oramai elevata al rango di mera adoratrice di tutto quanto proviene dagli uffici giapponesi di From Software, fossero tutti puntati su Armored Core VI: Fires of Rubicon. A voler essere maligni, visto che non parliamo certo di una nuova IP, mi verrebbe da chiedermi dove fossero sempre stati questi nuovi proclamati fan senza riserve della serie, che con i suoi 26 anni sulle spalle, avrebbe meritato ben altre attenzioni nel corso della sua vita. E a voler proprio essere pignoli, dato che conosco bene la materia di cui sto parlando, una tirata di orecchie sarebbe da rivolgere alla stampa specializzata che, Metacritic alla mano, sembra essersi accorta solo oggi della bontà del brand, dopo aver passato anni a stroncare (più o meno) quanto realizzato da From Software in tal senso. Sì, perché pur al netto delle sue inevitabili e gradite migliorie, frutto dell’esperienza maturata negli ultimi anni dal team, l’ossatura di Armored Core VI: Fires of Rubicon non si distacca poi così tanto dal proprio passato, dimostrandosi una fedele e coerente evoluzione di ciò che abbiamo già giocato in precedenza. Per quanto non tale da stravolgerne così tanto l’essenza, al punto da vedersi elevato al rango di improvviso capolavoro. Accantonato questo sfogo puramente personale, è giunto il momento di accennare brevemente alle vicende che fanno da sfondo alle gesta di C4-621, l’umano potenziato di quarta generazione che sarà al centro delle vicende che determineranno il destino del pianeta Rubicon 3. Tutto ruoterà attorno al Coral, una misteriosa sostanza che costituisce una fonte di energia dal potenziale incommensurabile, tale da attirare le attenzioni delle solite mega corporazioni, decise a sfruttarlo per accumulare quanti più crediti possibili. Si tratta, però, di un’operazione assai rischiosa, dato che il Coral è un elemento alquanto instabile, capace di sprigionare improvvisamente tutto il suo potenziale, come avvenuto in passato proprio su Rubicon 3, quando una violenta esplosione ne distrusse la maggior parte della superficie. Barcamenandosi tra fazioni in lotta e coloro che sono intenzionati a preservarne l’esistenza, come se fosse un’entità quasi divina, il nostro muto 621, che prenderà presto il nome di Raven, si troverà suo malgrado a decidere le sorti di questo mondo in rovina.

Sicuramente meno criptica (deo gratias!) rispetto al solito, la sceneggiatura che funge da collante tra le varie missioni di Armored Core VI: Fires of Rubicon è comunque ricca di temi cari al mondo dei soulslike made in From Software, con i suoi ossessivi richiami al fuoco e al suo nutrimento, che tra fiamme e ceneri non può che risultare un ideale fil rouge con il recente passato dello studio. E come vuole la tradizione, non mancano i finali multipli (3 per la precisione), che richiederanno tre run distinte per poter essere sviscerati. Non si tratta, però, di un mero espediente utile solo a nutrire la longevità generale, dato che ciascuno dei New Game+ che andranno a proseguire automaticamente la fine delle vicende, presenteranno contenuti inediti, legati alla presenza di alcuni bivi decisionali che, a partire dalla seconda partita, andranno ad offrire missioni e snodi narrativi non presenti in origine. Parlando di pure ore di utilizzo, personalmente ho portato a termine la prima run (sicuramente quella più impegnativa), in circa 18 ore, con le due successive che si sono attestate sulle 15, in virtù della possibilità di importare tutti gli elementi sbloccati in precedenza.

Il mech e mio e lo assemblo io

Dato che squadra che vince non si cambia, Armored Core VI: Fires of Rubicon presenta un gameplay che non si discosta affatto da quanto visto in passato, presentandoci un TPS frenetico e dotato di uno spessore tattico non certo indifferente. Nucleo portante del tutto sarà il nostro mech che, come detto, potremo assemblare a piacimento, tramite un ricco set di componenti che saranno resi disponibili nel corso dell’avventura, che riceveremo in premio o che potremo acquistare investendo i crediti guadagnati sul campo. Dopo aver dato vita al nostro esoscheletro, composto da testa, tronco, braccia e gambe, sarà la volta di assemblare il nostro arsenale, che potrà contare su due coppie di strumenti di offesa, legati alle mani e alle spalle. Ovviamente non potremo sbizzarrirci a piacimento, ma dovremo fare i conti con il carico massimo concesso dalle componenti scelte, oltre a tenere conto del limite imposto dal generatore energetico che installeremo a bordo. Ci troviamo, pertanto, al cospetto di un meccanismo di tuning che, pur non raggiungendo le vette dei racing sim più spinti, finirà per portarci via gran parte del tempo, data la necessità di adattare le nostre prestazioni alle varie situazioni che le missioni di gioco ci presenteranno. Ed è proprio in relazione alla natura delle minacce che saremo chiamati ad affrontare, che si incappa nel primo limite di Armored Core VI: Fires of Rubicon, dato che se è vero che i nemici base presenti nel gioco non rappresenteranno quasi mai un problema insormontabile (pur con le loro brave eccezioni situazionali), discorso differente deve essere fatto per boss e mid-boss, che richiederanno spesso approcci ben precisi per poter essere abbattuti con relativa semplicità. A dispetto dei vari briefing pre-lancio, però, non sapremo mai che tipologia di nemico ci troveremo ad affrontare, situazione che in molti casi ci porterà a soccombere senza pietà al primo tentativo.

È qua che entrano in gioco i checkpoint, un aiuto non da poco se si considera il passato del brand, presenti sempre subito prima di questi scontri campali, che ci permetteranno di modificare il setup del nostro mech, potendo però contare unicamente sulle componenti già in nostro possesso. Logica vuole, pertanto, che se sprovvisti delle armi più adatte alla situazione in questione, l’unica possibilità che avremo sarà quella di abbandonare la missione per poter fare compere, costringendoci però a ripetere tutto dal principio. Fortunatamente le sortite non saranno mai lunghissime, e si tratterà quindi di investire una manciata di minuti, ma i meno pazienti potrebbero comunque storcere la bocca. Un altro difetto che si può imputare alla produzione From Software, inoltre, è legato alla curva della difficoltà che accoglierà i giocatori, capace di presentare un benvenuto sicuramente spiazzante e decisamente ripido, per poi andare progressivamente a mitigarsi man mano che ci addentreremo nelle vicende. I motivi sono da ritrovare nella scarsità di risorse disponibili nelle battute iniziali, situazione che, complici l’aggressività e la resistenza dei nemici, potrebbe portare i neofiti della serie ad abbandonare prematuramente Rubicon 3 al proprio destino.

Lotta senza quartiere

E dire che, comunque, Armored Core VI: Fires of Rubicon si presenta come uno dei capitoli più abbordabili della serie, grazie ad una serie di implementazioni in ottica quality of life non certo trascurabili: oltre ai già citati checkpoint, difatti, avremo a nostra disposizione 3 kit di riparazione, ovvero l’equivalente del soulsiano Estus, oltre a poter contare sulla presenza di rifornimenti in determinate porzioni delle missioni più corpose. Da non trascurare, inoltre, il fatto che ripartire da ciascun checkpoint in seguito alla distruzione del mezzo, ci riporterà in pista con munizioni, kit ed energia completamente ripristinati. Facilitazioni non da poco se si pensa a quello che la saga ha sempre proposto ai propri utenti. Le novità, comunque, non si esauriscono certo qua, ma vanno anche ad impattare sul combat system del gioco che, complice la direzione affidata al director di Sekiro Masaru Yamamura, non si risparmia qualche piccola concessione in direzione del soulslike più atipico di casa From Software: il tutto si traduce nella presenza di una sorta di barra della postura, che caratterizzerà tanto noi quanto i nemici, che andrà progressivamente a riempirsi man mano che porteremo a segno i vari colpi, per svuotarsi rapidamente se staremo troppo sulla difensiva. Esaurirla porterà a lasciare inerme per un piccolo lasso di tempo il mech in questione, così da esporlo senza riserve agli assalti avversari, e causare così una ingente quantità di danni. Giocare bene le nostre carte, per raggiungere tale situazione di stordimento con le armi più potenti ben cariche, farà la differenza negli scontri con i vari boss che, come vuole la tradizione della casa giapponese, rappresentano la massima espressione creativa del gioco, capaci come sono di dare vita a scontri estremamente epici e spettacolari, figli anche dell’esperienza maturata nel corso degli anni, anche se a livello personale li ho trovati decisamente più abbordabili rispetto al tasso di sfida medio offerto dai vari souls.

In aggiunta alle varie missioni legate alla storia, Armored Core VI: Fires of Rubicon presenta anche una serie di feature collaterali, in grado di aumentare ulteriormente il tempo che passerete in compagnia della creatura diretta da Yamamura. In primis, svetta l’editor di livree, emblemi e decalcomanie, che ci permetterà di modificare l’aspetto di ogni singolo elemento del mech, oltre che di creare i nostri personalissimi sticker, con cui potremo abbellire ulteriormente il mezzo, e che sarà possibile condividere tramite un codice univoco da girare agli amici: non sarebbe stato più semplice dare vita ad un database completamente online? Troviamo poi anche un garage in cui testare il nostro AC, specificando quali minacce affrontare, così da valutarne potenza e prestazioni. Non mancherà anche un simulatore virtuale, in cui potremo affrontare vari mech unici che, se sconfitti, ci ricompenseranno con il loro schema costruttivo, un emblema, dei crediti e dei particolari chip, che ci permetteranno di modificare il sistema operativo del robot: si tratta, in soldoni, di un sistema di perk passivi, che andranno ad aumentare la potenza dei kit di riparazione, ridurre i danni subiti ed altro ancora. Chiude il pacchetto la presenza del comparto multiplayer, tramite il quale sarà possibile dare vita a scontri 1vs1 e 3vs3, anche se a mio avviso si tratta di una modalità appena abbozzata, dato che le partite sono risultate essere fini a loro stesse: superarle con successo non ci riconoscerà, difatti, alcun incentivo, che si tratti di crediti emblemi esclusivi o altro. In pratica combatteremo solo per la pura gloria personale e, data la presenza di un’unica modalità di gioco, dubito che la permanenza nelle varie lobby possa protrarsi a lungo.

Quanto sei bello Rubicon quando è sera…

Se ripenso al passato della serie, non posso fare a meno di ricordare con disappunto la sciattezza generale del comparto tecnico che, ad eccezione della modellazione degli AC, ha sempre presentato un aspetto grafico sin troppo minimale e dimesso. In questo senso i passi avanti compiuti da Armored Core VI: Fires of Rubicon sono quanto mai sconvolgenti, dato il boost estetico che il titolo si porta in dote, come dimostra la versione per Xbox Series X che ho testato. Ci troviamo, difatti, al cospetto di quello che, sin dal day one, si presenta come il gioco tecnicamente più valido e solido della compagnia, sia che si parli di colpo d’occhio che di pure prestazioni. Complici gli ambienti circoscritti che fungono da teatro alle varie sortite, l’estetica generale si attesta su livelli assai convincenti, con una modellazione generale finalmente in grado di distaccarsi dal suo triste passato. Gli stessi ambienti, poi, non lesinano scorci e situazioni bellissime da vedere, grazie anche ad un’effettistica debordante e fortemente scenografica. Certo, non mancano alcune sgradevoli compenetrazioni e qualche piccolo scivolone, ma si tratta comunque di elementi assai marginali, non certo in grado di inficiare la bellezza generale della messa in scena. Lo stesso frame rate, cosa assai inusuale per From Software, si presenta all’appello in forma assai smagliante, a patto di preferire le performance alla qualità grafica, ma vista la frenesia del gioco, sarebbe sciocco sacrificare i fotogrammi in più in favore di qualche piccola miglioria visiva. A lasciare un minimo interdetti, pertanto, è risultata essere la solita telecamera che, in alcuni frangenti, non si è dimostrata in grado di gestire a dovere la situazione, ma fortunatamente si è trattato di una manciata di momenti. Ottimo anche il comparto audio, che può vantare un convincente doppiaggio, oltre ad un’effettistica di eccellente fattura in grado di presentare una superlativa resa tridimensionale, al punto che sapremo sempre da che parte giungeranno le varie minacce. Sacrificata, invece, è risultata essere la galvanizzante colonna sonora, le cui partiture hanno vengono sovente soverchiate dal caos degli scontri, al punto da rendere appena percettibile l’ottimo lavoro svolto in tal senso. Per quanto concerne la nostra lingua, tutto è fortunatamente localizzato a livello testuale, il che non fa mai male.

È innegabile come la rinnovata fiducia che la platea videoludica ha finito per riporre nei confronti di From Software, abbia finito per giovare ad Armored Core VI: Fires of Rubicon, che non a torto si presenta all’appello come il titolo più solido e convincente della serie, più per motivi di puro budget produttivo che di revisione strutturale. Pur presentando alcune smussature nei confronti di una certa intransigenza creativa figlia del passato, il lavoro diretto da Yamamura si incunea fedele nel solco tracciato dalla compagnia in questi 26 anni, presentandoci un TPS solido e divertente, in cui gran parte del godimento sarà rappresentato dalla messa a punto maniacale del nostro esoscheletro. Sicuramente più accessibile e, per certi versi, semplice dei suoi predecessori, Armored Core VI: Fires of Rubicon non è comunque un titolo da sottovalutare, dato il brutale benvenuto che è in grado di tributare a tutti coloro che desidereranno comprendere a pieno la natura del Coral. Superato questo ostacolo, però, quello che si dischiuderà sotto i nostri occhi è un titolo divertente e longevo, che mi auguro possa fungere da apripista per una nuova giovinezza di uno dei brand più sottovalutati dell’industria videoludica giapponese.