Recensione Arken Age
di: Simone CantiniA dispetto di un sentimento popolare che vede il settore VR in netta crisi, gli ultimi mesi del 2024 hanno dimostrato come ci sia vita al di là della barricata, confermando un trend alquanto positivo che, da fruitore della prima ora, mi sento da sempre propenso a sottolineare. Il mercato attuale ne ha davvero per tutti i gusti, sia che si cerchi esperienze più immediate e condensate, sia che si desideri approcciarsi a titoli più stratificati e complessi, come nel caso di Batman: Arkham Shadow, Metro Awakening ed Alien: Rogue Incursion. Ed il 2025 sembra proprio intenzionato ad aprirsi abbracciando quest’ultimo approccio, grazie all’interessante Arken Age, che promette di catapultarci in un’avventura corposa e ricca di spunti interessanti. Pur con qualche piccolo difettuccio…
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Non chiamatelo Pandora
Diciamo subito come la narrativa non sia il punto di forza di Arken Age, che lato scrittura fa davvero poco per catturare in maniera assoluta l’attenzione del player. Nel gioco sviluppato da Vitruvius VR (che avevo già incrociato ai tempi del carinissimo Mervils: A VR Adventure) andremo ad impersonare un guerriero della razza rettiliana dei Nara, che sarà chiamata a combatter contro delle forze robotiche che hanno preso possesso di un mondo alieno di natura spiccatamente fantasy noto come Bio-Chasm.
Il proseguo dell’avventura non migliora, in tal senso, le cose, lasciandoci in balia di un plot alquanto generico e scarsamente ispirato, i cui dialoghi e documenti collezionabili fanno davvero poco per immergere a dovere il giocatore nel mondo di gioco. Poco male, comunque, visto che i motivi che ci spingeranno ad attraversare il Bio-Chasm risiedono (fortunatamente) altrove, ovvero in un gameplay alquanto stratificato e ricco di spunti interessanti, che faranno la gioia di chi è in cerca di titoli VR in grado di andare oltre il classico compitino. Il tutto pur in presenza di meccaniche che, nonostante tutte, sono già state ampiamente sviscerate da altre produzioni.
Macchina da guerra
A livello puramente ludico, Arken Age propone un contesto suddiviso in mappe collegate tra di loro, caratterizzate da uno spiccato senso di verticalità, oltre che da vari percorsi in grado di permettere approcci differenti. Noi ci muoveremo al loro interno, cercando di sopravvivere alle creature che le popolano, ovviamente desiderose di farci la pelle alla prima occasione. Per sopravvivere in questa esperienza in prima persona, avremo a disposizione un combat system ibrido, che comprende attacchi melee e ranged, grazie ad un arsenale quanto mai variegato. A nostra disposizione, man mano che procederemo lungo la decina di ore necessarie a giungere ai titoli di cosa, avremo una lama, una pistola ed un’arma pesante, a cui si aggiungeranno uno scudo, delle granate e gli immancabili medikit iniettabili.
Gli scontri corpo a corpo ruberanno la scena sin dalle prime battute e sono regolati da una gestione fisica credibile e convincente che, oltre a restituire un ottimo feeling, richiederanno un uso ragionato dei parry e dei fendenti direzionali. Meccaniche, queste, che sarà necessario padroneggiare rapidamente, così da evitare di soccombere in fretta e, al contempo, riuscire a sbaragliare la guardia degli avversari. Non mancherà, come già detto, anche la possibilità di colpire dalla distanza, grazie alla coppia di bocche da fuoco citate, caratterizzate da un gunplay interessante e dalle immancabili ed immersive gesture legate alla ricarica dei nuclei energetici necessari per alimentarne la cadenza.
L’aspetto più interessante del nostro arsenale risiede nella possibilità di modificarne l’aspetto per mezzo di alcuni progetti, nascosti nel mondo di gioco e che, una volta recuperati ed installati nelle varie stazioni di creazione, ci permetteranno di avere accesso ad un nutrito numero di modifiche (sono circa una trentina): dalle asce a pugnali energetici, passando per fucili da cecchino e mitragliatrici compatte ad una mano, il set di strumenti di offesa presenti in Arken Age garantiscono un buonissimo numero di possibilità.
A completare il nostro armamentario troveremo anche due utilissimi rampini, richiamabili semplicemente facendo scattare i polsi, che ci consentiranno di scalare determinate pareti e superfici: uno strumento davvero utile per sfruttare pienamente la verticalità degli ambienti di gioco e, magari, sorprendere alle spalle i nemici. Condite il tutto con un tasso di sfida tutt’altro che amichevole, vista la resistenza e l’aggressività delle minacce, una campagna corposa ed un numero di obiettivi da portare a termine da non sottovalutare, una modalità infinità sbloccabile al termine della main quest, ed avrete subito chiaro come la proposta di Arken Age sia capace di andare oltre il minimo indispensabile, soprattutto se consideriamo che parliamo di un titolo VR.
Non ci siamo già visti?
Purtroppo, al netto delle indubbie qualità della proposta Vitruvius VR, non è tutto oro quello che luccica in Arken Age, visto che la nostra avventura non è esente da qualche macroscopica stortura. La prima che balza all’occhio è l’assenza di una guida approfondita per alcune meccaniche di gioco, visto che dopo il sostanzioso (e un po’ tedioso) tutorial iniziale, in grado di sviscerare le meccaniche di base, una volta che il mondo si aprirà sotto gli occhi del player il titolo sembra scordarsi di illustrare a dovere alcune feature collaterali.
Non giova, inoltre, la decisa ripetitività degli ambienti e del bestiario che ci verrà vomitato addosso, con entrambi gli elementi che tendono ad assomigliarsi un po’ troppo, situazione che va a mitigare l’ottimo impatto visivo della produzione. L’effetto wow che colpisce già nelle battute iniziali, finisce difatti per affievolirsi gradualmente man mano che scorrono le ore.
Laddove si può davvero essere soddisfatti del lavoro di Arken Age, difatti, è relativamente al puro comparto tecnico della produzione, che riesce a mettere in evidenza una bontà generale decisamente da non sottovalutare. Il tutto a partire dalla mera estetica, che ci permetterà di scegliere tra le impostazioni Prestazioni (90 frame al secondo nativi con risoluzione di 2800 x 2000) e Qualità (60/120 frame al secondo con retroproiezione ed una risoluzione di 3300 x 2400), con la prima che riesce a rendere maggiormente giustizia all’esperienza, oltre ad essere consigliata in prima persona dagli stessi sviluppatori.
A prescindere dal preset preferito, il colpo d’occhio complessivo sarà in grado di soddisfare le aspettative dei giocatori, grazie ad un’ottima pulizia dell’immagine, a cui si unisce uno stile efficace ed interessante, che si accompagna ad una buonissima modellazione generale. Più generico il sonoro, che oltre ad un voice over tutto sommato calzante non riesce a proporre una soundtrack degna di nota. Per lo meno tutto è localizzato testualmente in italiano, che almeno per il sottoscritto è sempre cosa buona e giusta.
Il 2025 della realtà virtuale si apre sotto una luce più che positiva, vista la qualità complessiva di Arken Age. Il titolo Vitruvius VR, difatti, si presenta all’appello in forma decisamente smagliante, forte di un gameplay assolutamente solido e divertente, a cui si accompagnano una campagna longeva ed un comparto tecnico di assoluto spessore. Peccato per una certa ripetitività di ambienti e situazioni, a cui si aggiunge una sceneggiatura non certo memorabile, elementi che finiscono per mitigare in parte quanto di buono l’avventura dello scaglioso guerriero Nara ha da offrire. Nel complesso, comunque, il nostro incedere tra i meandri del Bio-Chasm è un’esperienza che mi sento di consigliare pienamente a chiunque sia in cerca di un titolo davvero ben confezionato e, soprattutto, divertente.