Recensione Amnesia: The Bunker
di: Simone CantiniIl mio rapporto con Amnesia: The Bunker non è stato affatto semplice e scontato, ed ha caratterizzato un week end fatto di qualche basso e parecchi alti. Una relazione amore/odio che, una volta superate le iniziali diffidenze, ha finito per dare vita ad un’esperienza che, come tutte le storie oramai terminate, non posso che ricordare con estremo affetto. Ci siamo scornati senza ritegno negli attimi in cui ci siamo “annusati” per conoscerci meglio, non risparmiandoci parole grosse e qualche sano improperio, solo per poi lasciarci andare ad un piacevole e tenero abbraccio, che si è sciolto soltanto una volta giunti, ahinoi, ai fatidici titoli di coda. E solo ora che ho scritto questo mare di amenità, mi rendo conto di come simili parole suonino assai strane, soprattutto se consideriamo il fatto che sono spese nei confronti di un survival horror, in cui siamo costantemente braccati da una mostruosa presenza. Ah, che spasso il mondo del gaming…
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Orrori sotterranei
Il primo conflitto mondiale è ricordato per essere stato uno dei più cruenti e spietati di sempre, un vero gioco al massacro in cui la morte si è divertita a dare sfogo a tutte le sue spietate bassezze. Proprio per questo non poteva che essere il teatro perfetto per l’incipit di Amnesia: The Bunker, che ha per protagonista il soldato francese Henri Clement, che in seguito al tentativo di salvataggio di un commilitone disperso durante un pattugliamento, si ritroverà vittima del fuoco delle truppe tedesche, finendo per essere colpito da una granata per poi cadere a terra sul campo di battaglia. Cambio di scena, e ritroveremo il nostro Henri disteso in una branda situata nel bunker che dà il nome al gioco, bendato e privo di memoria: chi lo ha portato in salvo, e perché il rifugio sembra come sprofondato in un innaturale silenzio, interrotto di tanto in tanto da qualche sinistro rumore? Pochi passi, il tempo di recupera una piccola torcia a dinamo e fare la fugace conoscenza di un superstite oramai in fin di vita, ed inizierà una letale lotta per la sopravvivenza, braccati come saremo da un implacabile orrore deforme. Raggiunta la temporanea salvezza all’interno di una camera protetta da una pesante porta metallica, al cui interno troveremo un salvifico generatore di corrente alimentato a benzina, Henri dovrà trovare il modo di fuggire da questa prigione sotterranea, mentre cercherà di mettere ordine tra i propri ricordi perduti, grazie ai numerosi documenti nascosti nell’area di gioco. Pur non rinunciando a portare avanti la visione dell’horror inaugurata proprio dai ragazzi di Frictional Games, Amnesia: The Bunker cambia in parte le carte in tavola per quanto concerne la progressione che, abbandonato l’incedere lineare ha scelto di abbracciare una struttura open map dall’approccio decisamente più aperto e meno guidato, condendo il tutto con una spruzzata di proceduralità per quanto riguarda il posizionamento di oggetti ed ostacoli, così da rendere ogni run differente dalla precedente. Si tratta di una mossa che, al di là dell’elemento randomico decisamente marginale, riesce a corroborare con efficacia il senso di terrore e smarrimento vissuto da Henri dato che, proprio come il nostro sfortunato soldato, ci ritroveremo ad esplorare in maniera inconsapevole un ambiente a noi sconosciuto, che dovremo imparare a decifrare passo dopo passo. E poco importa, in tal senso, che la narrazione si faccia prevedibile già dopo poche battute, dato che sarà il perenne senso di incertezza ed impotenza a rendere indimenticabili le ore che ci separeranno dalla nostra effettiva (?) salvezza. Una sceneggiatura che finisce, pertanto, per scivolare in secondo piano, lasciando la scena ad un setting ispirato e capace di mettere in piedi un contesto bellico credibile, pur condendo il tutto con un pizzico di sovrannaturale. Peccato soltanto per una longevità non proprio stellare, che in circa 3-4 ore finirà per esaurire la storia di Henri e che, onestamente, a mio avviso trova poche giustificazioni nella natura randomica delle partite, dato che il semplice cambiare posizionamento di trappole, oggetti e codici lo ritengo uno stimolo un po’ troppo blando alla rigiocabilità. Ma è probabile che si tratti di un mio limite personale.
Sottoterra nessuno può sentirti urlare
Sul fronte puramente ludico, al di là del rinnovato approccio all’area di gioco, Amnesia: The Bunker si attesta come un classico esempio dello stile made in Frictional: ancora una volta ci troviamo al cospetto di un survival horror in salsa hide and seek, in cui saremo inermi al cospetto della mostruosità che ci da la caccia, che potremo soltanto allontanare per qualche momento sfruttando alcuni degli oggetti che potremo rinvenire nel bunker, che spaziano da granate a sparuti proiettili per le due armi da fuoco rinvenibili durante l’avventura. Fondamentale per sopravvivere, comunque, sarà evitare di fare rumore, così da non allertare il sensibilissimo udito della nostra nemesi. Ed al solito fondamentale sarà la gestione delle fonti di luce, indispensabili tanto per rischiarare i labirintici cunicoli della nostra prigione che per tenere lontana la bestia. Per farlo potremo contare sull’avido generatore di cui sopra, alimentato dalle taniche di carburante nascoste nella mappa, ma soprattutto sulla nostra fidata torcia che, però, per poter garantire una manicata scarsa di secondi di chiarore, ci richiederà di tirare una rumorosa cordicella. Condite il tutto con famelici ratti assetati carne fresca (la nostra!) e di cadaveri, ed avrete già un’idea dell’idilliaco quadretto che ci aspetta in questa amena località di vacanza sotterranea. Un’idea, quella di fornire un approccio libero al problema, che finisce per risultare dannatamente stimolante, tanto in ottica ludica che di pura tensione horror, ma che purtroppo deve scendere a patti con una gestione della mappa e degli obiettivi che, almeno nelle prime battute, può risultare alquanto fuorviante, dato che verrà specificata una zona obiettivo, senza però sottolineare come gli oggetti necessari al suo completamento siano nascosti per tutta l’area di gioco. Scelta decisamente incomprensibile. Meno impattante di quanto indicato nel prologo, inoltre, è la decantata libertà di approccio agli ostacoli che, a dispetto di quanto sottolineato in apertura di gioco, non lascia poi molto spazio all’inventiva del player, dato che ad eccezione di alcune porte, la progressione sarà sempre scandita da tappe ed oggetti obbligatori, sacrificando in tal senso il ruolo degli sforzi intellettivi del giocatore. Tolti questi due elementi, comunque, l’esperienza restituita è ansiogena ed opprimente al punto giusto, corroborata da un nemico regolato da routine comportamentali imprevedibili, capace di mettere a dura prova l’istinto di sopravvivenza di Henri, come solo il necromorfo di Alien: Isolation era riuscito a fare (quanto ci starebbe bene un sequel).
Tra luci ed ombre
I titoli Frictional Games non hanno mai brillato certo per perizia tecnica, e sotto questo punto di vista Amnesia: The Bunker è un degno erede di questa tradizione che, complice anche l’assenza di una versione dedicata current gen, si presenta all’appello con una complessità grafica non certo miracolosa. Tra texture che si caricano in ritardo, oltre che caratterizzate da una definizione non sempre impeccabile, ed un frame rate che non si risparmia più di un palpabile sussulto, non si può certo dire che il quadretto presentato sia idilliaco. A compensare il tutto, pertanto, ci pensa l’eccellente gestione delle fonti di luce, capaci di mascherare la pochezza estetica, coadiuvate da una direzione artistica convincente ed azzeccata. Il vero plus, come già accaduto nel deludente Rebirth, è però costituito dal comparto sonoro, che può contare su di un’effettistica di primo ordine ed in grado di restituire la giusta spazialità al tutto: restare in silenzio, accucciati in un angolo al buio, mentre sentiamo il respiro affannoso del mostro girarci poco alla volta attorno, facendosi sempre più vicino, è un’esperienza in grado di galvanizzare ogni amante degli horror. Convincono anche le sparute linee di dialogo, sottotitolate nella nostra lingua, che si è presa la briga di localizzare anche tutte le fonti testuali presenti nel gioco. Peccato, come detto poco sopra, per l’assenza di una versione dedicata agli hardware attuali che, soprattutto in ottica DualSense, avrebbe potuto fornire un gradito boost in più all’immersione.
L’ho odiato visceralmente in occasione del nostro primo incontro, complice quel suo voler lasciar intendere un certo tipo di progressione, sconfessata una volta ignorato quel cerchio rosso comparso sulla mappa posta nella safe zone, ma Amnesia: The Bunker è poi riuscito a conquistarmi senza riserve, non appena sono state comprese pienamente le sue intenzioni ludiche. Dopo la delusione dell’avventura algerina, il ritorno del brand Frictional Games è riuscito a regalarci un horror convincente e divertente, che esce fortificato dal suo rinnovato approccio open map e dalla libertà concessa al giocatore (per quanto più sacrificata di quanto lasciato intendere). Perennemente in bilico tra luce ed ombra, silenzio e rumore, la corsa per la salvezza di Henri saprà conquistare gli amanti del concetto di survival inaugurato dal team scandinavo, che si troveranno immersi in un incubo riuscito ed ammaliante. Certo, non è tutto oro quello che luccica, soprattutto in ottica tecnica e di pura rigiocabilità, ma se amate le esperienze di questo tipo, l’acquisto di Amnesia: The Bunker non può che essere altamente consigliato.