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Recensione American Arcadia

di: Luca Saati

Il binomio tra Raw Fury e Out of the Blue, già collaudato con Call of the Sea, viene riproposto anche con American Arcadia. Pubblicato nel novembre 2023 su PC e approdato solo di recente su console PlayStation e Xbox, il titolo offre un’esperienza completamente nuova rispetto alla storia d’amore ambientata nel Pacifico del Sud, pur mantenendo gli elementi distintivi dello studio: una forte enfasi sulla narrazione e uno stile visivo peculiare.

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American Arcadia is Watching You

Trevor Hills è un uomo qualunque che conduce una vita ordinaria ad Arcadia, fatta delle solite routine: sveglia presto, metropolitana per andare in ufficio, qualche convenevole scambiato con un collega, rientro a casa e zapping alla TV prima di andare a dormire. Tutto procede come sempre, finché strani eventi iniziano ad attirare la sua attenzione: messaggi criptici in TV, speaker che comunicano direttamente con lui e il suo collega che scompare improvvisamente, dichiarando di aver vinto un viaggio premio a cui, fino a poco prima, diceva di non essere minimamente interessato.

La situazione precipita quando anche Trevor viene annunciato come vincitore del fantomatico viaggio premio, nonostante non abbia mai partecipato ad alcun concorso. È a questo punto che qualcuno si mette in contatto con lui, svelandogli una sconvolgente verità: Arcadia è una città fittizia, e i suoi abitanti sono protagonisti inconsapevoli di un reality show intitolato American Arcadia, in cui i meno popolari vengono eliminati con mezzi poco convenzionali, proprio con la scusa del presunto premio.

Fuori da Arcadia c’è Angela, unica spettatrice empatica della vita di Trevor, che cerca di aiutarlo a fuggire utilizzando le sue abilità da hacker e costruendo con lui un rapporto di fiducia sempre più forte.

La storia di American Arcadia è raccontata sia dal punto di vista di Trevor che di Angela, entrambi sottoposti a un interrogatorio in stile mockumentary, con inquadrature da documentario e montaggi serrati. Neanche a dirlo, sono proprio i due protagonisti a rubare la scena, grazie a una scrittura attenta e a un doppiaggio d’eccezione: Yuri Lowenthal (Peter Parker nello Spider-Man di Insomniac) presta la voce a Trevor, mentre Krizia Bajos (Cyberpunk 2077) dà vita a Angela. Anche i personaggi secondari, tuttavia, si rivelano memorabili, come il poliziotto Marcus Javert e la carismatica ma inquietante Vivian Walton, capo di Arcadia.

In questo cast ricco di personalità si inserisce una trama a metà tra The Truman Show e Big Brother, con colpi di scena — alcuni prevedibili, altri sorprendentemente efficaci — e un tocco costante di umorismo intelligente.
Le circa sette ore passate con American Arcadia sono state piacevolissime, confermando ancora una volta l’abilità di Out of the Blue nel raccontare storie profonde e personaggi sfaccettati.

2 giochi in 1

La dualità dei due protagonisti si riflette anche nel gameplay di American Arcadia. Nelle sezioni dedicate a Trevor, ci si trova davanti a fasi a scorrimento laterale in visuale 2.5D, che alternano sequenze platform e semplici puzzle ambientali, in cui è possibile sfruttare le abilità di hacking di Angela, che nel frattempo lo osserva e lo supporta attraverso le telecamere.

L’altra parte del gioco, invece, ci mette letteralmente nei panni di Angela, con una visuale in prima persona, per risolvere una serie di enigmi più legati all’interazione diretta con l’ambiente e all’uso della logica.

Questi due stili di gameplay si fondono con naturalezza, dando vita a un’esperienza che funziona nella sua semplicità, senza però raggiungere vette d’eccellenza. I puzzle, in particolare, risultano ben concepiti, richiedendo un minimo di ragionamento per essere risolti, ma senza mai diventare frustranti o eccessivamente complicati.

Il gameplay di American Arcadia si rivela, in definitiva, essenziale ma funzionale, capace di sostenere la narrazione e accompagnare il giocatore attraverso la storia senza mai appesantirla.

Dal punto di vista grafico, American Arcadia riprende in parte il lavoro svolto in precedenza da Out of the Blue, ma se ne discosta quanto basta per affermare una propria identità estetica, capace di conquistare il giocatore con la sua semplicità. Il tocco colorato e cartoon di Call of the Sea si fonde con un design retrofuturistico ispirato agli anni ’70, dando vita a un’estetica minimalista ma estremamente efficace.

Tra reality e videogioco

American Arcadia è una piccola perla narrativa che conferma l’abilità di Out of the Blue nel raccontare storie appassionanti e coinvolgenti, sostenute da uno stile visivo ispirato e da una componente ludica che, pur nella sua semplicità di fondo, riesce a essere funzionale e ben integrata al servizio della narrazione.