Recensione Alien: Rogue Incursion
di: Simone CantiniEra il 1979 quando imparammo che nello spazio nessuno può sentirci urlare, e da allora di grida perdute nel cosmo ce ne sono state a bizzeffe. Talvolta anche un po’ troppe, sia che si consideri il mero panorama cinematografico, sia si circoscriva l’analisi a quello videoludico. A dispetto di inevitabili colpi a vuoto, però, l’uscita di una produzione legata agli xenomorfi più famosi di sempre non può che suscitare, almeno nel sottoscritto, un piacevole prurito, pronto a trasformarsi in vera estasi qualora si concretizzi in sorprese clamorose come quell’Isolation datato 2014 (e di cui non loderò mai abbastanza l’annuncio del sequel). Facile, quindi, capire come l’annuncio di Alien: Rogue Incursion sia riuscito a catalizzare la mia attenzione in un nanosecondo, complice la sua deriva in salsa virtuale, che trovo quanto mai adatta ad un franchise del genere.
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Il lavoro uccide
Collocato temporalmente dopo gli eventi del capolavoro di Creative Assembly, Alien: Rogue Incursion vede il ritorno sulle scene di Zula Hendricks, personaggio della mitologia della serie già visto all’opera nel fumetto Aliens: Defiance. La ritroveremo anche stavolta in compagnia del suo sintetico di fiducia Davis-01, con il quale si appresta ad atterrare sul pianeta Purdan, per avere notizie del suo commilitone Ben Carver, di cui si sono perse le tracce all’interno della struttura scientifica nota come Culla di Castore. Naturalmente, tutto non può filare per il verso giusto, e che la situazione finirà per precipitare (letteralmente) si avverte dopo pochissimi istanti di gioco, non appena la navicella che li ospita finisce per effettuare un atterraggio di fortuna proprio nei pressi del complesso, oramai trasformato in accogliente e popoloso nido di xenomorfi.
E così, piaccia o no, l’operazione di salvataggio andrà ad assumere in un lampo contorni ben più complessi e sinistri, non appena la Culla di Castore inizierà a svelare tutti i suoi oscuri segreti, tra esperimenti poco piacevoli e le solite cospirazioni corporative tanto care alla saga partorita dall’estro di Sir Ridley Scott. Un’avventura avvincente ed adrenalinica, perfettamente calata nel tipico mood della serie, capace di fare la felicità di ogni fan, vuoi per la cura con cui l’ambientazione è stata costruita, vuoi per l’adesione alle tematiche che hanno reso immortale questo franchise. E che una volta giunti ai titoli di coda, dopo circa 6 orette abbondanti, non potrà che lasciarci piacevolmente sopresi: di più non dico per evitare di incappare in spiacevoli spoiler. Una corsa tra corridoi metallici e pareti biomeccaniche anche ben scritta ed interpretata, segno evidente di come i ragazzi di Survios conoscano bene ed amino a dismisura il materiale di partenza.
Pronti all’azione!
Se Alien: Isolation poteva idealmente essere accostato alle atmosfere della pellicola del 1979, dato il suo giocare attorno all’impotenza di Amanda nei confronti dell’ostile creatura sbavante, Rogue Incursion può essere visto come la versione in chiave videoludica di Aliens: Scontro Finale. Da ex marine quale è, Zula è tutt’altro che inerme e sacrificabile, situazione che sposta il focus dell’esperienza all’interno dei confini dell’action shooter. Ad aiutarci nella nostra impresa, difatti, troveremo tre differenti bocche da fuoco (il classico fucile ad impulsi, uno shotgun ed una magnum), ognuno dotato della propria potenza di fuoco e delle sue gesture necessarie al caricamento dei proiettili. In tal senso il lavoro svolto da Survios è veramente encomiabile, vista la precisione e la naturalezza con cui simili azioni sono integrate nel flow di gioco. Il che, comunque, sarebbe nulla se non fosse accompagnato da un gunplay solido e divertente.
Non si vive di soli proiettili all’interno della Culla di Castore, ed infatti la nostra Zula avrà anche a disposizione alcuni gadget, indispensabili per aprire poco alla volta l’ampia mappa di gioco che, come prevedibile, si presta ad un corposo e mai troppo invasivo backtracking (ad eccezione dell’ultimissima porzione di gioco, davvero troppo ridondante). Oltre all’iconico rilevatore di movimento, imprescindibile per tracciare le minacce che si annidano nei condotti della struttura, a darci una mano saranno un datapad in grado di tracciare i nostri progressi, una chiave multiuso per forzare i pannelli energetici di alcune serrature ed una torcia al plasma con la quale liberare le porte sigillate dai furono (ahiloro) impiegati. Un arsenale di tutto rispetto che, data la costante presenza di minacce all’interno dell’area di gioco, indipendentemente dal livello di difficoltà selezionato, sarà bene imparare a padroneggiare velocemente.
L’ossatura ludica della produzione, pertanto, risulta essere alquanto solida e divertente, oltre che caratterizzata da un’ottima progressione, ad eccezione della già citata ultimissima porzione, stiracchiata in maniera un po’ troppo artificiosa. L’unica critica che mi sento in dovere di muovere è relativa al respawn ossessivo delle creature, qualunque sia la selezione iniziale, elemento che rende spesso un po’ troppo snervante l’incedere, soprattutto qualora si sia optato per un’esperienza maggiormente focalizzata sulla storia.
Grida strozzate
Non mancano, purtroppo, anche alcune storture in quanto a pulizia generale che, parlando di un team alquanto esperto in ambito VR come Survios, mi hanno lasciato un filo perplesso. Parlo principalmente di alcune interazioni un po’ troppo macchinose e scarsamente precise, come nel caso delle scatole di cartone, al cui interno è possibile reperire talvolta preziose risorse. Non mancano anche alcune compenetrazioni evidenti e poco belle da vedere, soprattutto per quanto riguarda gli xenomorfi, così come in alcuni frangenti (per quanto sporadici) si notano alcuni lievi cali del frame rate. Decisamente più fastidioso un bug riscontrabile proprio nell’infame porzione finale, che mi ha bloccato la progressione ad una decina di minuti dall’epilogo e che mi ha costretto a riavviare da zero la partita: dopo 6 ore di gioco, ad un passo dal successo, non è cosa buona e giusta. In attesa di eventuali correzioni, vi invito a NON salvare in caso protocolli di quarantena in azione.
Tolti questi sassolini dalla scarpa, è giusto però tributare anche i dovuti elogi al comparto audiovisivo di Alien: Rogue Incursion, che si attesta su livelli decisamente convincenti. La modellazione generale ed il design dei livelli trasudano tutto il fascino retrò della sci-fi cara alla serie, oltre a presentare un ottimo colpo d’occhio. A colpire nel segno è l’effettistica generale, sia per quanto concerne gli elementi atmosferici che la resa del fumo, ma anche la gestione dell’illuminazione ha il suo bravo perché. Ottimo senza riserve, ad eccezione di un paio di piccoli momenti minori, il fronte sonoro che ha nell’effettistica posizionale la sua punta di diamante: giocando con le cuffie è sempre chiaro da dove provengano le varie minacce, un elemento in grado di aiutare non poco in occasione dei frequentissimi scontri a fuoco che caratterizzano l’esperienza. Degno di nota anche il voice over in lingua inglese, sempre puntale e dotato di una carica espressiva e recitativa assai pregevole. Il tutto è comunque fortunatamente localizzato a livello testuale nella nostra lingua, sia per quanto riguardi i dialoghi, i documenti e le varie scritte ambientali. Bene così.
Con Alien: Rogue Incursion, Survios dimostra ancora una volta di essere perfettamente a suo agio nel costruire interessanti e divertenti esperienze ludiche in chiave virtuale, confezionando un gioco che era più facile sbagliare che condurre a meta con successo. Sacrificando l’incedere più compassato e furtivo di Isolation in favore di un approccio più votato all’azione, senza però dimenticare il fascino dell’esplorazione e delle ansiogene atmosfere care al brand, l’avventura di Zula Hendricks non potrà che fare la gioia di tutti i fan del franchise, che ritroveranno nei claustrofobici ambienti della Culla di Castore tutti gli elementi che hanno reso immortale lo xenomorfo più letale ed affascinante del creato. Avvincente e divertente, il titolo ha soltanto alcune criticità relative ad una pulizia del codice rivedibile, oltra ad una porzione finale un po’ troppo ridondate. Per il resto, se amate gridare vanamente nel cosmo, avete pochi motivi per stare lontani dal pianeta Purdan.