Recensioni

Recensione Albedo

Se ripenso al mio debutto da fruitore di videogames non posso fare a meno di ricordare come i giochi che hanno accompagnato il mio ingresso in questo scintillante mondo fossero quasi sempre realizzati da un singolo individuo. È quasi anacronistico, oggi, pensare che una persona soltanto possa essere in grado di confezionare un gioco occupandosi direttamente di programmazione, grafica e sonoro. Specie se si scorrono le sempre più chilometriche liste dei credits che accompagnano le sequenze finali delle varie produzioni. A ricordarci i tempi che furono ci ha pensato l’italianissimo Filippo “Z4g0” Zagaglia con il suo Albedo: Eyes From Outer Space.

di: Simone Cantini

Se ripenso al mio debutto da fruitore di videogames non posso fare a meno di ricordare come i giochi che hanno accompagnato il mio ingresso in questo scintillante mondo fossero quasi sempre realizzati da un singolo individuo. È quasi anacronistico, oggi, pensare che una persona soltanto possa essere in grado di confezionare un gioco occupandosi direttamente di programmazione, grafica e sonoro. Specie se si scorrono le sempre più chilometriche liste dei credits che accompagnano le sequenze finali delle varie produzioni. A ricordarci i tempi che furono ci ha pensato l’italianissimo Filippo “Z4g0” Zagaglia con il suo Albedo: Eyes From Outer Space.

Non credo ai miei occhi

John T. Longy è un tranquillo guardiano notturno al soldo del laboratorio Jupiter che, dopo aver alzato un po’ troppo il gomito durante il suo ultimo turno di guardia, si ritrova coinvolto in una misteriosa esplosione che lo fa precipitare nei livelli più bassi della struttura. Ripresosi dalla sbronza e dalla botta, John si ritroverà ad affrontare misteriosi occhi alieni comparsi improvvisamente all’interno di Jupiter e, tra una citazione ed una battuta, dovrà fare di tutto per debellare l’invasione. Ricalcata profondamente sui canoni della fantascienza anni 50 e 60, la trama di Albedo: Eyes From Outer Space risulta comunque un mero pretesto per dare vita a vari puzzle ambientali, suddivisi in aree autoconclusive che contengono al loro interno tutti gli elementi utili alla risoluzione dei puzzle. Non mancano anche, ahinoi, alcune brevi fasi shooter in cui il tutto si tramuta in un rozzo FPS dai tratti fortemente old school, in cui saremo chiamati a crivellare di colpi occhi tentacolati e zombie.

Complicazioni ambientali

Come già detto, dietro ad Albedo: Eyes From Outer Space, si nasconde un’avventura grafica in prima persona, ricolma di enigmi dalla consistenza più disparata: oltre alle classiche combinazioni di oggetti da attivare in alcuni determinati hot spot, non mancheranno alcuni enigmi logici, di memoria e brevi prove a tempo. La bontà complessiva dei puzzle è generalmente buona e complessa al punto giusto, senza mai scadere nel frustrante o nell’illogico. Peccato che tutto sia minato da una non certo ottimizzata riconoscibilità degli elementi interattivi, oltre che da una abbondanza di item con i quali è possibile interagire e che spesso risultano ininfluenti al raggiungimento dell’obiettivo. Tale aspetto risulta essere quanto mai fastidioso qualora si selezioni il livello di difficoltà più elevato, il quale disabilità la possibilità di evidenziare i punti sensibili tramite la pressione dello stick destro. Farraginosa anche la gestione dell’inventario, richiamabile tramite la pressione di uno dei pulsanti frontali e delle varie azioni contestuali che, soprattutto nelle fasi in cui il tempo sarà nostro nemico, ci complicherà inutilmente la vita. Non mancano, inoltre, anche alcuni sporadici bug relativi alla compenetrazione di oggetti che, in un paio di occasioni, hanno reso irraggiungibile uno degli strumenti chiave, costringendomi a riavviare la partita. Decisamente più fastidioso la mancata attivazione di uno script, presente nel penultimo livello, che mi ha più volte impedito di proseguire l’avventura. Sotto questo punto di vista una maggiore cura in fase di testing avrebbe senza dubbio giovato.

Niente campanilismi

Realizzato interamente grazie a Unity 3D, l’aspetto grafico di Albedo: Eyes From Outer Space è senza dubbio gradevole, a maggior ragione se si considera il fatto di essere stato realizzato da una sola persona. Le ambientazioni sono ricche di dettagli e ben congeniate e la stessa modellazione poligonale si attesta su livelli più che sufficienti. A mostrare il fianco, invece, sono la gestione della fisica e le animazioni dei rari personaggi che incontreremo, decisamente sin troppo abbozzate e rudimentali. Discreto il comparto sonoro anche se non posso fare a meno di criticare, visto che parliamo di una produzione nostrana, la presenza di un voice over realizzato unicamente in lingua inglese.

Premiare senza riserve Albedo: Eyes From Outer Space mi avrebbe fatto davvero piacere, sia perché si tratta di un prodotto tutto italiano, sia perché traspare una innegabile bontà di fondo. Purtroppo però giocarlo richiede comunque un esborso in denaro ed ecco che l’entusiasmo va inevitabilmente ad infrangersi sugli aspetti critici della produzione. L’avventura, per quanto solida, presta il fianco ad alcune criticità che le impediscono di raggiungere la piena sufficienza. Di sicuro un buon punto di partenza per il nostro Z4g0 che sono sicuro, se alleggerito nei compiti da un team lievemente più corposo, potrebbe riservarci qualche gradita sorpresa con la sua prossima produzione.