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Recensione Akimbot

di: Simone Cantini

Non è un mistero che tra i miei personaggi videoludici preferiti di sempre, un posticino speciale spetti a Ratchet e Clank, capaci di rapirmi il cuore sin dal filmato presente nel demo disc della PlayStation 2. Un amore cresciuto capitolo dopo capitolo, certo non senza qualche scossone (Gladiator, QForce, All 4 One), ma che ha sempre saputo farsi perdonare i passi falsi grazie a capitoli principali spettacolari e divertentissimi. Facile, quindi, capire come abbia fatto Akimbot a finire nel mio radar, visto che il gioco sviluppato da Evil Raptor non fa nulla per nascondere la sua volontà di omaggiare i due personaggi sviluppati da Insomniac.

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Non ci eravamo già visti altrove?

Non ci sono eroi senza macchia e senza paura in Akimbot, o per lo meno questo è quanto sembra emergere dal prologo del titolo in questione, che si apre all’interno di un van in cui sono presenti l’hacker Exe ed il logorroico bot truffaldino Dataset. Un’improbabile e forzata coppia che, dopo essere sfuggita agli sgherri della mafia robotica che li avevano fatti prigionieri, si ritroveranno loro malgrado ad essere incaricati di salvare l’universo dai piani diabolici del perfido Malware che, dopo aver rubato un oscuro artefatto in grado di scombinare il tempo e lo spazio sembra oramai inarrestabile. Ha così inizio il solito e rocambolesco viaggio scandito da esplosioni e frenetiche situazioni, in cui proiettili e balzi la faranno da padrone, in quella che sembra la versione in scala ridotta di uno degli episodi con protagonista il Lombax più famoso della galassia.

E non c’è niente di male in questo, sia ben chiaro, sebbene venga logico fare un paragone con l’ingombrante esempio di cui sopra, soprattutto quando la volontà di omaggiarlo è palese e sfacciata come nel caso in questione. Un parallelismo che emerge già dalla struttura della sceneggiatura che, non brillando affatto per originalità, spinge forte sui caustici e spassosi dialoghi che hanno nella logorrea di Dataset il loro cardine. Peccato che essendo tutto non localizzato vocalmente in italiano, a meno di non essere ferrati con la lingua di Albione, è abbastanza ostico seguire gli sproloqui leggendo i sottotitoli, soprattutto quando si è immersi nell’azione più sfrenata. L’alchimia tra la coppia, comunque, finisce per funzionare ed è facile affezionarsi rapidamente a queste due new entry.

Figlio minore

Laddove Akimbot sembra quasi un brutale rip-off di Ratchet & Clank è relativamente al puro gameplay, che si propone virtualmente identico a quello della saga Insominac, pur con i suoi bravi distinguo, dovuti principalmente all’esigua dimensione del team transalpino. Fate, pertanto ciao ciao con la manina alle folli bocche da fuoco viste nel brand Sony, sostituite da 4 armi dall’impatto assai più standard, a cui si affianca un’arma speciale (selezionabile tra un ulteriore quartetto) che, dato il suo bisogno di proiettili speciali ottenibili unicamente uccidendo i nemici (e che si consumano assai rapidamente) ho trovato tutto sommato superflua. A non latitare, pertanto, sarà l’azione in chiave TPS, intervallata da fasi platform assai canoniche, ma non per questo meno interessanti o semplicemente abbozzate. Un compito onesto e tutto sommato ben sviluppato, spettacolare e caciarone quanto basta, soprattutto considerando il prezzo di vendita assai contenuto di Akimbot.

Quasi come fossero consapevoli di non poter giocare nello stesso campionato dei big, i ragazzi di Evil Raptor hanno pensato bene di infarcire la progressione con alcune diversioni in grado di spezzare la prevedibilità del flow di gioco. Questo si è tradotto in sezioni alternative, non sempre impeccabili, ma comunque piacevoli e gradevoli al punto giusto. Combattimenti stile picchiaduro 1vs1? Ce li abbiamo. Sezione a bordo di veicoli? Presente. Fasi stile infinite run? Eccovi accontentati. Piccoli sforzi creativi non certo in grado di sovvertire l’economia del tutto, ma che dimostrano comunque la volontà di omaggiare cercando di dire comunque (ed in parte) la propria. E sebbene tutto sia permeato da una palpabile aura che sprizza deéà vu da tutti i pori, Akimbot si lascia giocare più che volentieri, al punto che si può passare tranquillamente sopra la sua scarsa originalità ed un feeling dei colpi non sempre allo stato dell’arte.

Immagine spezzata

Insomma, Akimbot pare essere una piccola e piacevole sorpresa, anche se assai derivativa, ma chi lo ha detto che costeggiare con fierezza sentieri già battuti sia un male? Ecco, non sarò certo io a dirlo, visto che giocare con Exe e Dataset mi ha divertito molto. Sarebbe però alquanto ingiusto non sottolineare le magagne tecniche che hanno afflitto la mia personalissima esperienza di gioco, vissuta su PS5 (ma a leggere il web la situazione, ad oggi, pare identica anche su Xbox). Le storture principali sono da imputare ad un tearing marcato ed invadente, capace di disturbare non poco vista la sua costante presenza sullo schermo, in un modo che non capitava dai primi Assassin’s Creed su PS3. Lo sfarfallio costante dell’immagine, unito a freeze e scatti vari, sono il segno evidente di una fase di testing alquanto superficiale, a cui però gli sviluppatori stanno per porre rimedio, almeno a leggere i loro post su X.

Giudicare in prospettiva, però, è assai difficile in questi casi, visto che non sono rari gli esempi di belle promesse cadute nel vuoto: al momento in cui state leggendo queste righe, il codice di Akimbot non è perfetto e, pur essendo il tutto giocabile senza problemi, mi pare corretto mettere in luce queste pecche di pura natura tecnica. Per il resto tutto è nella norma una volta compresa la portata della produzione: troveremo pertanto ad attenderci un comparto grafico gradevole ma non certo strabiliante ed un comparto sonoro in linea con le aspettative. Ottimo, invece, il voice over in lingua inglese, con un Dataset davvero in stato di grazia.

No, Akimbot non è un nuovo Ratchet & Clank, ma d’altro canto pensare anche solo di lambire il duo Insomniac sarebbe stato presuntuoso. Pur consci dei propri limiti, i ragazzi di Evil Raptor si sono avvicinati con rispetto e conoscenza al materiale originale, fornendone la propria e personalissima versione. Il risultato è un action/platform sicuramente non strabiliante in quanto a pura originalità, ma comunque divertente da approcciare, grazia ad un cast tutto sommato riuscito e ad alcune intuizioni di gamplay in grado di spezzare una routine consolidata. Peccato soltanto per i problemi tecnici che, al momento, stanno affliggendo le versioni console e che mi auguro vengano risolti, come dichiarato dal team, al più presto.