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Recensione After Us

di: Marco Licandro

Lo studio made in Barcellona, Piccolo Studio, torna dopo l’interessante Arise — a simple story, con un nuovo gioco surrealistico e post-apocalittico, After Us. Distribuito da Private Division, il titolo porterà il giocatore nei panni dello Spirito della Vita, una dolce ma non indifesa donzella fatta di luce che avrà il compito di portare pace in un mondo afflitto dalle tenebre.

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Un platforming con I suoi ma

Alla base del titolo vi è una meccanica platformer, dato che il level design sarà strutturato in maniera tale che il nostro personaggio dovrà necessariamente saltare da piattaforma in piattaforma, muoversi lungo percorsi appositamente ostici, e affrontare saltuariamente nemici che vorranno farci fuori. Gaia, la nostra protagonista dai lunghi capelli bianchi, quasi fossero fatti anch’essi di pura luce, potrà lanciare una sfera luminosa che avrà la duplice funzione di recuperare spiriti perduti di animali, nonché respingere i nemici che ci sbarreranno la strada. Potremo effettuare salti e doppi salti, nonché effettuare un balzo in aria che ci spingerà in avanti, aiutandoci a superare pendii e divari particolarmente grandi. Con il grilletto sinistro potremo caricare le nostre energie così da provocare una esplosione di luce tutto intorno a noi, rigenerando per pochi istanti la naturalezza ormai assente da questo strano mondo post-apocalittico e privo di vita. Nel caso volessimo un aiuto, non mancherà l’occasione di cantare, sprigionando farfalle che si muoveranno verso la direzione giusta, così da aiutarci a trovare gli spiriti mancanti, i quali non sono obbligatori per poter finire il gioco ma aiutano la vena collezionista.

Avventurarsi per le valli desolate o abbandonate, con inquietanti statue umane sparse in ogni dove, nonché residui di una civiltà ormai caduta, trasmette un senso generale di inquietudine, ma al contempo Piccolo Studio riesce a farlo sembrare rilassante. Può esserlo per via delle musiche, con quei synth dal tocco retro, o semplicemente grazie alla natura astratta del level design, che consisterà in vari livelli, completamente sconnessi tra loro e senza un ordine preciso. Non vi è infatti una guida che ci aiuterà nel nostro percorso, lasciandoci completamente smarriti e creando una sorta di mondo aperto, così da generare curiosità e spronare l’esplorazione. Ma proprio per questo motivo, sorge uno dei problemi più grandi di After Us, in quanto né la parte platforming, cuore ed anima del titolo, né il level design, sembrano eccellere. Perdersi completamente lungo il percorso, solo per esplorare un terreno vuoto che si interrompe nell’abisso, o seguire quella che sembra una strada per poi anch’essa terminare in una via cieca, porta una sensazione di perdita tempo, nonché frustrazione, e tenendoci occupati molto più di quanto avremmo voluto, semplicemente per poter capire come entrare in un livello.

Generazioni indietro

Il gameplay tipico ci vedrà saltare da una piattaforma sospesa all’altra, cantando di tanto in tanto per individuare le anime perdute, così da avvicinarci e lanciare la nostra sfera di luce per recuperarle. Queste sbloccheranno, per così dire, gli animali incontrati, così da ritrovarli nella valle iniziale che farà da hub centrale. L’hub sarà utile per tener d’occhio i livelli già completati, nonché ogni spirito animale liberato che incontreremo alla fine di ogni livello. Questi spiriti si comporteranno come fantasmi di animali incorporei, ma sarà possibile accarezzarli effettuando uno swipe sul touch pad nel caso di PlayStation 5, piattaforma sulla quale abbiamo provato il gioco. Per qualche motivo, tuttavia, i comandi non sembrano rispondere sempre come dovrebbero. Lo stesso swipe potrà richiedere più di un tentativo, un salto ben calcolato potrà invece risultare in una caduta nel vuoto perché il pulsante del salto o del balzo in avanti non sarà andato a buon fine, nonostante questo sia stato premuto senz’altro. Vi è una sorta di lentezza e pesantezza nel gameplay, dovuto anche alla gravità del titolo e la leggerezza della protagonista, che sembrerà fluttuare in ogni direzione, ma mancando di precisione, cosa che dovrebbe essere essenziale in un platformer.

Gli scontri con i nemici saranno particolarmente semplici, visto che l’unica arma a disposizione sarà quella della sfera di luce da lanciare tipo boomerang, o l’abilità che sprigiona energia attorno. Non vi è un tempo di attesa per poter riutilizzare questi due attacchi, ciò significa che semplicemente dovremo scagliare continuamente entrambi, muovendoci rapidamente per evitare gli attacchi nemici, e così fin quando la lotta si conclude. A questo proposito, essendo appunto la parte platformer non esattamente entusiasmante, le aspettative scendono ancor di più visto che anche la lotta non sembra essere del tutto interessante. Il fatto di non avere quindi una trama ben definita né una narrazione, lasciando il giocatore libero di esplorare a suo piacimento, potrebbe funzionare se vi fosse un gameplay solido di fondo, cosa che è invece assente. L’aspetto grafico del titolo non è malaccio, presentando ambienti interessanti, e tenendo un buon framerate in modalità performance in 2K, ma a guardarlo il gioco sembra effettivamente un indie lanciato su piattaforme precedenti, come nell’epoca di Xbox 360 e PS3, in quanto sicuramente più simile ai giochi usciti a quei tempi. La stessa protagonista non sembra essere curata nel dettaglio, con i capelli visibili in maniera sgradevole come fossero corde, svolazzanti in una maniera poco naturale e quasi poligonale, mentre i nemici sembrano poco ispirati e ancor peggio poco memorabili.

In breve

After Us sembra avere sulla carta un buon sviluppo e delle belle idee per farne un bel gioco, ma si perde dal punto di vista tecnico, sfornando un titolo che sembra, più che incompleto, mal impacchettato, fallendo nel fornire un gameplay solido e divertente, e rendendo il tutto una sorta di esperienza lenta e vagamente onirica, in un periodo in cui siamo ormai tartassati da uscite di alto livello, dove ogni team spinge l’acceleratore al massimo per uscire dalla massa e sfoggiare il suo piccolo miracolo videoludico. Piccolo Studio non riesce quindi in questo intento, creando un gioco poco memorabile, ma che sicuramente può avere il suo pubblico, in particolare se siete in cerca di qualcosa di vagamente onirico e lento, con molta esplorazione, ma anche in quel caso avreste probabilmente voluto evitare le fasi di lotta con i mostri, proprio per potervi concentrare sull’esperienza anziché sul gioco vero e proprio. Un peccato per il team di Barcellona, ma nonostante ciò seguiremo comunque questo interessante team sperando di poter apprezzare di più il loro prossimo titolo.