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Recensione AEW: Fight Forever

di: Luca Saati

Yuke’s, team di sviluppo giapponese da sempre specializzato nei videogiochi di wrestling, mancava da un po’ dalla scena videoludica. Sono passati ben cinque anni da WWE 2K19, da quel momento i videogiochi con la licenza della World Wrestling Entertainment sono passati al team di Visual Concept di 2K, già responsabile dei videogiochi a marchio NBA 2K, e Yuke’s si è dovuta reinventare per cercare nuove strade. Il caso vuole che nel 2018 viene fondata l’All Elite Wrestling che nel giro di pochissimi anni diventa il principale competitor della WWE. Ecco dunque che le strade della AEW e di Yuke’s si incrociano portandoci a AEW: Fight Forever.

Arcade Elite Wrestling

Dimenticatevi qualsiasi velleità simulativa come fatto negli ultimi anni dai videogiochi a marchio WWE. Yuke’s con AEW: Fight Forever ha preferito seguire la strada opposta proponendo un’esperienza totalmente arcade non solo nel gameplay ma anche nel comparto tecnico che è quanto di più lontano da una veste grafica iper-realistica. Una scelta stilistica ben precisa del team giapponese, ma che sa più di una scusa per proporre un comparto tecnico indietro ben più di una generazione. Ci manca anche l’atmosfera tipica degli eventi televisivi, basti pensare che neanche le entrate dei lottatori sono state ricreate nella loro interezza ma con intermezzi di pochissimi secondi che fanno solo venire voglia di saltare tutto e passare all’azione sul ring.

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Azione sul ring che possiamo definire molto semplice, forse anche fin troppo dato che manca profondità al gameplay. Non c’è niente di male nel proporre un’esperienza di gioco più leggera, anzi è proprio quello che ci vuole per distaccarsi dai competitor, ma il problema è che AEW: Fight Forever si limita a fare il compitino. In sostanza tutto è basato su un indicatore che si riempie concatenando una mossa dopo l’altra e qualche taunt qui e lì per sbeffeggiare l’avversario. Una volta riempito l’indicatore si può procedere alla mossa speciale e alla finisher e chiudere l’incontro, ma occhio che se l’indicatore è troppo basso si rischia di essere alla mercé dell’avversario.

Il sistema di controllo non richiede la combinazione di chissà quanti tasti. X e Y (su Xbox) permettono di scagliare pugni e calci, il tasto A di effettuare una presa da completare con la pressione di un ulteriore tasto frontale, B per correre. Ci sono poi i tasti dorsali per contrattaccare un pugno/calcio o una presa. A questo dovete poi aggiungerci eventualmente l’uso di levetta destra o frecce per le mosse speciali e le finisher. Il tutto come detto è piuttosto semplice ma non va oltre e ogni combattimento si limita a farvi tenere d’occhio la barra di cui sopra e concludere quanto prima. Persino sulle sottomissioni non c’è il minimo controllo né quando ci si difende o si attacca con queste manovre rendendo poco chiaro cosa effettivamente porti a cedere. Se a questo ci aggiungiamo la mancanza di animazioni e una grande legnosità di base che va in contrasto con l’immediatezza che lo stile arcade dovrebbe offrire, ecco che AEW: Fight Forever fallisce miseramente nel suo intento di offrire un’esperienza di gioco divertente.

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Road to Elite

E se guardiamo ai contenuti offerti da AEW: Fight Forever la situazione non migliora di molto. Mancano alcuni classici come gli incontri nella gabbia o i tag team a tre, e per una federazione che ha i Trios Tag Team Championship ci sembra una mancanza grave. Mancanze dovute anche al fatto che gli incontri supportano un massimo di quattro lottatori alla volta, persino la Casino Battle Royale non va oltre limitandone di molto la sua godibilità. Ci sono alcuni minigiochi piuttosto divertenti, ma niente di davvero così indimenticabile da giustificare il prezzo d’ingresso. Che dire poi del roster a malapena sufficiente e non aggiornato con tutte le new entry dell’ultimo periodo. Sicuramente sarà stato difficile per Yuke’s restare al passo con la rapidissima crescita che ha caratterizzato la AEW sin dalla sua fondazione, ma considerando le aggiunte pianificate tramite DLC ci è sembrata l’ennesima scusa per vendere pacchetti aggiuntivi.

La modalità principale è Road to Elite che è la classica carriera in cui scalare le gerarchie della federazione fino ad arrivare il campione massimo e il GOAT. Prenderemo parte a ogni evento settimanale e siparietti dietro le quinte. Tra uno show televisivo e l’altro dovremo gestire gli allenamenti, il riposo e lo svago alternandoli per non rischiare di infortunare il proprio lottatore a causa di un carico eccessivo di workout o di fargli perdere la condizione a causa di troppo tempo libero. Con gli allenamenti e i match settimanali si ottiene la valuta per migliorare le abilità del proprio lottatore. A tal proposito va segnalato che si può iniziare Road to Elite sia con una star già disponibile nel roster o crearne una nuova. E in questo caso c’è poco da gioire dato che le opzioni di personalizzazione non sono molte per quanto riguarda la parte estetica, mentre la modifica del move set si è rivelata un incubo. Questo perché è presente un lunghissimo elenco di mosse da scorrere, ma non sono suddivise in sotto menù come la stessa Yuke’s faceva nei videogiochi WWE. Ci sarebbero i filtri da attivare, ma abbiamo trovato il tutto così scomodo da farci passare quasi la voglia.

Commento finale

Quando abbiamo recensito su queste pagine WWE 2K19 , l’ultimo videogioco di Yuke’s prima di oggi, dicevamo che era ormai arrivato il tempo per lo sviluppatore giapponese di appendere il ring gear al chiodo e AEW: Fight Forever non ci ha fatto cambiare idea, tutt’altro. Dopo cinque anni era lecito aspettarsi qualcosa di più dai veterani del wrestling videoludico, ma purtroppo il primo videogioco con la licenza ufficiale della federazione fondata da Tony Khan fallisce in ogni cosa. L’idea di una struttura di gioco arcade era perfetta, ma andava realizzata bene e non con una tale superficialità da rendere il gameplay così legnoso pad alla mano. Il comparto tecnico è indietro di almeno due generazioni (nel 2023 non ci si può limitare a incontri con un massimo di quattro lottatori) e contenutisticamente è povero e non per niente al passo con le frequenti novità a cui la AEW ha abituato i suoi fan.