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Recensione ABZÛ

di: Marco Licandro

ABZÛ è il primo titolo prodotto dallo studio Giant Squid, team composto da diversi membri, tra cui spiccano Matt Nava e Austin Wintory, art director e compositore del più ben famoso Journey. Al momento esclusiva PS4, il titolo ci porterà ad esplorare i fondali marini, omaggiandoci di tutte le sue ricchezze ed i suoi pericolosi segreti.

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La danza dell’oceano

Musiche empiriche ed eccezionali ci avvolgono sin dai primi istanti di gioco, caratterizzando il titolo grazie al buon Austin Wintory, mentre curiosità e scoperta ci introdurranno invece agli oceani sconfinati, con la sua miriade di specie di animali e fitta vegetazione. Fermiamoci un attimo e assisteremo ad un vortice di colori sgargianti e ricchezza dell’ambiente, che sembra vivo ed in perenne movimento, come una danza. Ogni pixel del nostro schermo farà la sua parte nel rendere l’oceano un posto incredibile, con i raggi del sole che filtrano dal muschio poggiato sulla superficie, le particelle dell’acqua in costante movimento, così come lo è l’acqua stessa che andrà a muovere  piante, pesci, e persino il nostro personaggio, il quale si lascerà cullare dal movimento stesso in ogni direzione. È uno spettacolo.

Il protagonista, un personaggio antropomorfo dotato di una sorta di tuta subacquea con tanto di pinne, sarà il nostro alter ego per questa avventura.

Potremo nuotare in ogni direzione, dare dei colpi di pinna per guadagnare velocità, e ripetuti con corretto tempismo per nuotare più rapidamente. Una capriola su noi stessi perché… beh, perché no. Possiamo farlo. Siamo in un ambiente che ci permette movimento completo, perciò ha senso. Potremo persino sfruttare un passaggio dai pesci più grandi, i quali non saranno per nulla spaventati dalla nostra presenza, ma ci calcoleranno come uno di loro.

Deja Vu

Tutorial minimale, nessuna parola, esplorazione guidata, e… un unico tasto, quadrato, per comunicare tramite un suono. Tutto ciò ha qualcosa di già visto.

Ci avviciniamo ad alcuni grovigli di piante, utilizziamo quadrato, e libereremo una razza di pesci dapprima intrappolata. Un altro rimando.

E ancora, un’impostazione a livelli con “sala” di scelta centrale, con vari portali che si apriranno man mano che concluderemo i relativi livelli. Una trama astratta e non chiara, comunicata tramite geroglifici sui muri. Una introduzione ad un pericolo, un cambiare di colori per andare sul buio, situazioni più cupe e pericoli sempre più presenti.

Non possiamo più ignorarlo. Abbiamo già provato questa tipologia di gameplay, così come la narrazione, lo stile, il gameplay. Se non lo avevamo capito prima è per via della locazione così distante e opposta, ma i rimandi ci sono tutti: Journey.

Dal lontano deserto privo di vita, ad un oceano ricco di vegetazione e brulicante di pesci. ABZÛ sembra proprio il seguito spirituale perfetto.

Le musiche stesse ci rievocano lo stesso stile, guidandoci durante i livelli e narrando il gioco stesso, unite ad esso imprescindibilmente.

Anche la comunicazione a singolo tasto permette al protagonista di comunicare con l’ambiente e di attivare elementi interattivi.

Meditazione subacquea

Le specie di pesci riprodotte sono moltissime, tutte riprodotte come forma, movimenti, velocità e comportamento. Il più grande mangia il più debole, e diverse volte potremo assistere alla cattura, in particolar modo meditando. Durante il titolo troveremo infatti alcune aree in cui vi saranno presenti alcune statue. Poggiandoci su di esse potremo iniziare quindi a meditare. La meditazione consiste nell’abbandono del proprio corpo, per concentrarci su ciò che ci circonda. La telecamera vagherà quindi sui diversi pesci, e potremo guardarci intorno o spostarci su altri presenti nei dintorni. Le musiche, immediatamente citate ad inizio articolo come empiriche ed eccezionali, ci aiutano ad immergerci nel sogno indotto dall’insieme di questa varietà di dettagli, aiutandoci a dare la giusta importanza ai vari livelli di gioco, caratterizzati da uno stile e sensazioni uniche, passando dai verdi e azzurri mari di inizio gioco, a ben più cupe ambientazioni, vuote e buie, per poi introdurci nella tana di qualcosa che non dovrebbe appartenere all’oceano: una sorta di piramidi a sensore, le quali uccidono tramite elettrocuzione i pesci che faranno l’errore di avvicinarcisi troppo.

Lo stile mischia elementi reali come la vegetazione e le razze animali, a paesaggi onirici, dove l’acqua scorre soggetta a gravità come fosse al di fuori dell’oceano. Potremo passare dall’acqua alla terra all’aria senza una vera logica conseguenza, ritrovandoci semplicemente in balia della narrazione continua, che ci spingerà a proseguire sino a conclusione del titolo, spingendoci probabilmente a rigiocarlo, questa volta con più calma, per scovare tutto quello che avremo perso durante il primo gameplay.

Conclusione

ABZÛ è un titolo lento ed esplorativo, sicuramente non per tutti. Se avete amato Journey, probabilmente sarà di vostro gradimento anche questo, per via delle similitudini che lo rendono a tutti gli effetti un sequel spirituale. Da giocare in momenti di relax e serenità, rigorosamente in cuffia o con un impianto audio che dia valore alla colonna sonora, parte integrante del titolo e dell’esperienza. Nonostante quanto di buono vi sia stato detto finora, siamo comunque ben lontani da quel che fu Journey, e seppure il gioco abbia tutte le carte in regola per guadagnarsi la stessa fetta di giocatori, la sensazione di già giocato si percepisce molto nonostante le forti differenze stilistiche, fattore che potrebbe annoiare ben più di un giocatore prima che questo raggiunga il finale.