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Mario + Rabbids Sparks of Hope, il director parla della pressione sul team e sui grandi cambiamenti

di: Luca Saati

Il portale GamesIndustry ha pubblicato un’intervista a Davide Soliani, il game director di Ubisoft Milano che si occupa della serie Mario + Rabbids, in cui hanno parlato non solo del secondo capitolo Sparks of Hope di prossima uscita ma anche della pressione derivante dal lavorare con il brand di Super Mario.

“Sono sempre dubbioso. Con il gioco precedente ero così nervoso e così sicuro che le persone avrebbero finito per odiare il gioco, che stavo mandando messaggi ad alcuni dei miei compagni di squadra dicendo: ‘Oh dio, questo sarà il mio ultimo gioco’. Quindi anche allora sentivo molta pressione, anche per un gioco che non aveva aspettative. Dopo quattro anni di sviluppo in cui ci abbiamo messo tutto il nostro amore… senti la pressione.

Ma se su Mario + Rabbids: Kingdom Battle la pressione era del 100%, in Sparks of Hope la pressione è del 300%. C’è sempre questo periodo prima dell’uscita, dove diciamo tutti: ‘oh mio dio, speriamo sarà piacevolmente apprezzato.’ Non puoi mai saperlo.

Basta che un piccolo dettaglio sia fuori luogo o una persona che dica qualcosa di sbagliato. Anche su Kingdom Battle, abbiamo avuto una fuga di notizie un paio di mesi prima della rivelazione ufficiale all’E3. E ricordo di essere andato in vari forum con persone che mi mandavano i peggiori messaggi, che non ho intenzione di ripetere. Ma poi hanno cambiato idea perché hanno visto che il gioco era creato da persone motivate dalla passione. Quindi siamo stati fortunati. È una marea che non puoi controllare. Speri solo che vada tutto per il meglio.”

Sui cambiamenti di Sparks of Hope rispetto al suo predecessore, Soliani e il team di Ubisoft Milano hanno eliminato alcune delle funzionalità più popolari come il sistema a griglia e hanno rivisto il gioco dalle fondamenta:

“I giocatori hanno bisogno di una vera ragione per giocare al nostro gioco. Non deve essere ‘Oh, ha avuto successo, quindi costruiamo su ciò che abbiamo fatto.’ Vogliamo sempre creare una nuova esperienza.

Credo che sia parte del motivo per cui siamo in linea con Nintendo, perché cercano sempre di trovare un nuovo motivo per far tornare i giocatori al loro gioco, con nuove meccaniche ed esperienze. È piuttosto pazzesco. Di solito quando vuoi cambiare qualcosa [per un sequel], scegli un solo elemento, come cambiare la parte di esplorazione.

Ma da Kingdom Battle a Sparks of Hope, abbiamo cambiato troppe cose. Abbiamo cambiato l’esplorazione, abbiamo cambiato il sistema di combattimento, abbiamo aggiunto un’importante meccanica con le scintille, abbiamo aggiunto elementi dei giochi di ruolo… abbiamo cambiato così tante cose che è stato un grande sforzo per tutti. Durante le varie fasi del progetto, sono stato molto preoccupato. Anche il produttore è stato preoccupato.”

Uno dei grandi cambiamenti è la possibilità di controllare direttamente i personaggi, a differenza del precedente episodio in cui controllavano Beep-O, il robottino che Mario e i Rabbids seguivano. Questo perché, come ha spiegato Soliani, nel primo capitolo bisognava essere chiari che non fosse un platform ma un gioco di strategia. Quindi con Sparks of Hope è stata una grande sfida cambiare le cose e creare una nuova esperienza con i controlli diretti.

Il team non è solo cresciuto in ambizioni, ma è notevolmente più grande. Ubisoft Milan innanzitutto opera da nuovi uffici, inoltre ha il supporto degli studi di Ubisoft di Parigi, Montpellier, Pune e Chengdu. Una squadra che nel complesso è quasi quattro volte più grande del predecessore. Ma, come ha spiegato Soliani, il grande cambiamento riguarda la consapevolezza degli sviluppatori:

“La squadra è cambiata drasticamente per vari motivi. La squadra originale, dopo aver visto l’accoglienza che ha ricevuto il primo gioco all’E3, con le persone in fila per sei ore per giocarci e tutti i premi che abbiamo ricevuto… hanno pensato ‘ok, la gente ama il gioco che stiamo facendo’. Si sentivano orgogliosi. Questo è stato davvero il primo cambiamento. È stata la comprensione che stavano facendo qualcosa che è stato apprezzato. Quindi il team voleva andare oltre e fare ancora di più.

Prima, molte persone erano troppo timide per dire che stavamo facendo un buon gioco. Ma una volta che i giocatori hanno finalmente riconosciuto che è un gioco buono e onesto, alla fine si sono permessi di dirlo.

Il secondo cambiamento è stato che se volevamo continuare con questa avventura ed essere più ambiziosi, allora avremmo avuto bisogno di più persone. Il team di Sparks of Hope è quasi quattro volte più grande di quello che avevamo con Kingdom Battle. Il che significa che c’è stata molta ristrutturazione e molta gestione interna che devi portare a termine, anche perché ora siamo divisi in molti, molti studi diversi, e dobbiamo comunicare e condividere molto di più.

E quando aumenti una squadra tre o quattro volte, l’on-boarding richiede molto tempo. Solo per mettere tutti d’accordo, condividere la cultura, condividere l’amore e la passione per quello che stiamo facendo. Ma penso che siamo stati tutti fortunati, perché amo lavorare con tutti loro. E ti arricchisce davvero con tutte queste culture diverse.”