Le loot box non sono sinonimo di cattivo game design secondo il co-fondatore di Vlambeer
di: Luca SaatiContinuano le dichiarazioni degli sviluppatori sulla spinosa questioni riguardanti le loot box. Questa volta è il turno di Ramy Ismail, co-fondatore di Vlambeer. Secondo Ismail si tratta di un modello inevitabile se non cambia qualcosa dal punto di vista dello sviluppo dei giochi che di chi li compra:
“La polemica è normale visto che l’argomento è controverso. A non essere garantita è la correttezza della discussione, la generale mancanza di ricerca e approfondimento prima che determinate opinioni vengano spiattellate in rete. È sbagliato aspettarsi di trovare opinioni informate su internet, ma preferirei vedere degli youtuber popolari piuttosto che populisti, che in video cavalcano l’onda e dicono semplicemente ciò che pensano possa piacere al pubblico. C’è chiaramente un’enorme lacuna quando si tratta di comprendere il modo in cui questa industria funziona, quanto costa produrre videogame e come il modello delle microtransazioni e dei free-to-play viene applicato. È brutto vedere persone sfruttate ed è ovvio che il settore vada regolamentato. Detto questo, però, la maggior parte delle esperienze con il free-to-play suggeriscono che la favola del poveraccio che non può pagarsi da mangiare perché ha speso tutto in microtransazioni sia credibile quanto quella di qualcuno che diventa violento per colpa dei videogiochi. Le Loot box non sono sinonimo di cattivo game design, si integrano bene con alcuni sistemi di progressione, sono altamente lucrative ed efficaci se implementate bene, e fanno parte dei videogame praticamente da sempre, se considerate ad esempio i card game. Il concetto secondo cui si tratta di un elemento imposto dai publisher è ridicolo, sebbene abbia i connotati di una bella storia per i sedicenti esperti di internet. Su mobile il modello free-to-play con microtransazioni è diventato lo standard e penso che PC e console non potranno evitare lo stesso destino se l’economia degli sviluppatori o le aspettative e le tendenze d’acquisto degli utenti non cambieranno. Questo modello esiste perché a quanto pare vende, e vende nonostante le critiche che gli vengono mosse. Quindi o chi, come me, odia le casse premio non rappresenta più il target d’utenza per certi giochi oppure abbiamo incasinato le nostre abitudini per quanto riguarda le spese nei videogame. Comunque la si guardi, tutta questa situazione è un pasticcio.”