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Landed in Colonia: la GDC ci apre le porte

Comincia l'avventura per il nostro inviato a Colonia

di: Manuel "haures" Di Gregorio

E ci siamo. Siamo partiti stamane da Malpensa con il volo delle 8.55. Bionde hostess tedesche ci hanno dato il benvenuto sul volo Germanwings per Colonia.
Una capatina veloce per il check-in in hotel e subito ci immergiamo nella GDC.
La Game Developers Conference, per chi non fosse avvezzo, è una fiera nella fiera in cui sviluppatori indipendenti, analisti di settore, grafici e quant’altro hanno la possibilità di incontrare espositori del calibro di 2K Games, Crytek, Epic Games, Havok, Konami e molti altri, facendosi cosi conoscere e magari anche assumere. La GDC offre inoltre una serie di conferenze grazie all’esperienza di figure di spicco nell’ambito dello sviluppo software; gli argomenti dei convegni possono spaziare da: i tempi sviluppo tramite i nuovi motori grafici, fino al marketing pubblicitario. 
A questo punto mi aspetterei una domanda del tipo:”si, ma a me videogiocatore che me ne importa?”. Niente e tutto.
Fatemi spiegare: sognate una carriera nei videogiochi? Imparate a programmare, disegnare, analizzare dati di consumo, diventate story-writer, e poi venite qui. Perche questo può essere il vostro trampolino di lancio. Siete solo videogiocatori della domenica e non ve ne importa un fico secco di come si sviluppa? La GDC può insegnare qualcosa anche a voi. Le tre conferenze da noi viste oggi, per esempio, han toccato argomenti che ci colpiscono da vicino: il rapporto emozionale-empatico tra personaggio e giocatore, l’aumento e l’importanza acquisita dai giochi free to play, e il variare delle politiche dei prezzi.
Nella prima abbiamo avuto modo di analizzare grazie a Joerg Friedrich di Yager Development, (il quale ha lavorato ad esempio su Spec Ops The Line) l’importanza di rompere gli schemi di regole emozionali che guidano il giocatore nelle sue azioni. D’altronde i videogiochi sono l’unico media In grado di far sentire il giocatore “responsabile” delle proprie azioni, poiche solitamente ad ogni azione morale corrisponde un feedback di rimpense o punizioni. Molti giochi basati su questo sistema però, non esaltano correttamente la morale del giocatore, le cui azioni non sono più determinate dalla sua personale visione etica bensì vengono veicolate dal pensiero della ricompensa futura (leggasi anche achievements). Rompere questi schemi darebbe uno shock al videogiocatore nel vedersi estrapolato dalla sua routine, ma al contempo renderebbe memorabile quel momento; tra gli esempi citati troviamo tra l’altro la morte di Aerith in FFVII e la scena del taglio del dito in Heavy Rain. 
Per quanto riguarda la scena free to play, sembrerebbe che questo tipo di mercato stia subendo una rapida escalation, grazie anche alle risorse fornite dai social network. Inoltre, lasciare al giocatore la decisione di comprare o meno un prodotto dopo averlo provato lungo permette una fidelizzazione non indifferente con un conseguente allungamento della lifetime (quanto un gioco rimane popolare) non indifferente.
D’altronde il principio dello sviluppo su free to play nasce come opposto a quello dei giochi retail: il primo avrà con lo scopo di compiacere il giocatore per farlo affezionare ad esso e spingerlo a pagare per giocare. Il secondo viene creato allo scopo di soddisfare il giocatore dei soldi spesi/investiti.

Concludiamo quindi questo speciale diario-riflessione, sperando di avervi invogliato a riflettere o anche solo incuriosito nel sapere come si ragiona quando si sviluppa un videogioco, e come invece fare la differenza. 
Appuntamento a domani con le conferenze pre-Gamescom!