Fallout New Vegas: intervista a Josh Sawyer
Console tribe news - Fallout New Vegas: intervista a Josh Sawyer
di: Giovanni MancaConosciamo da vicino uno responsabili del progetto Fallout: New Vegas, per l’esattezza Josh Sawyer, direttore dello sviluppo del gioco, che in un interessante intervista parla dei suoi trascorsi videoludici e del suo ruolo in Obsidian
Inside the Vault: Josh Sawyer di Obsidian
Incontriamo un altro membro della squadra di Obsidian, al momento impegnato su Fallout: New Vegas. Oggi abbiamo con noi Josh Sawyer, il direttore di progetto del gioco. Apprendi tutto ciò che c?è da sapere sulle sue responsabilità (estremamente importanti), i momenti salienti della sua carriera e alcune delle sue passioni al di fuori del lavoro.
Qual è la tua occupazione a Obsidian?
Sono il direttore di progetto e il progettista capo di Fallout: New Vegas. Sono responsabile della supervisione complessiva del gioco, della progettazione dei contenuti di alto livello e di quella del sistema nel suo complesso. Contribuisco a coordinare la produzione e la squadra principale, e in generale offro il mio aiuto affinché il progetto vada avanti nel suo insieme.Il tuo browser potrebbe non supportare la visualizzazione di questa immagine.
A quali giochi hai lavorato?
Ho cominciato nel settore lavorando alla serie di Icewind Dale. Mi sono occupato anche di Neverwinter Nights 2 e ho dato un piccolo contributo all?imminente Alpha Protocol.
Qual è il lato migliore della tua professione? E quello peggiore?
Mi piace davvero vedere le persone realizzare qualcosa di grande. Ci sono poche cose che mi rendono più felice del girare e mostrare aspetti innovativi del gioco, mostri, animazioni, icone, schermate di caricamento o effetti di gioco. La parte peggiore è senza dubbio quella di dover gestire l?annullamento dei progetti.
Qualche aneddoto divertente su Obsidian che vuoi condividere con noi?
Nel mese di dicembre 2008, abbiamo traslocato spostandoci da Santa Ana a Irvine. I titolari dedicarono un sacco di tempo e impegno nel coordinare lo sviluppo del nuovo studio, ed è fantastico. Si tratta di un ambiente lavorativo molto aperto e piacevole a vedersi.
Come hai cominciato a lavorare nel settore? Hai qualche consiglio per iniziare?
Al college ho imparato da solo i linguaggi HTML e Flash. Feci qualche lavoretto di sviluppo web a contratto ma non avrei mai pensato che mi avrebbe portato nel settore dei videogiochi. Un mio amico mi riferì che Black Isle Studios era alla ricerca di uno sviluppatore web per un progetto ancora da annunciare, per cui mi misi in contatto e scritti una lettera senza né capo né coda che, in retrospettiva, mi sorprende sia riuscita a farmi superare la prima selezione. Per mia fortuna, ero uno dei tre (su 59 candidati) che conoscevano Flash. Si scoprì che il progetto era Planetscape: Torment ed ebbi il lavoro. Divenni poi il webmaster di tutti i siti di Black Isle. Dopo aver assillato Feargus per qualche tempo, mi ha permesso di unirmi in veste di progettista junior sul primo Icewind Dale.
In quanto a fare il proprio ingresso nel settore, dico sempre alla gente due cose: create mod e candidatevi per il reparto di CQ (controllo qualità). La creazione di mod contribuisce a far comprendere le meccaniche alla base del gioco e dimostra la disponibilità a impiegare del tempo nel conseguimento di un obiettivo. Non è necessario creare mod immensi, in sostanza qualunque mod fa al caso se si basa su un?idea interessante e ben realizzata. Il controllo qualità fa diventare parte integrante del processo di sviluppo, perfeziona le capacità di pensiero critico e mette in contatto con i programmatori.
Fino ad ora, qual è stato il momento saliente della tua carriera?
Nel corso della mia crescita, Brian Fargo era uno dei miei eroi. Il lavoro a Black Isle è stato fantastico per me perché Interplay realizzò Bard?s Tale, il primo gioco di ruolo per computer che abbia mai giocato. Dopo la pubblicazione di Icewind Dale, Brian inviò una email a Feargus dicendogli di aver giocato tutto il gioco ed essersi divertito da matti. Per cui, anche se l?apice giunse soltanto dopo un anno dall?inizio della mia carriera, credo sia arduo riuscire a superarlo.
Quale gioco consideri il tuo preferito di tutti i tempi?
Ne ho tre: il primo Pool of Radiance, Darklands e il primo Fallout. Ciascuno di essi ha pecche e peculiarità proprie, ma questi sono i tre titoli che mi hanno appassionato più di altri. Sono anche quelli che posso tornare a giocare senza che sembrino troppo obsoleti.
Quali sono i videogiochi che aspetti con maggior trepidazione?
Non vedo l?ora che Alpha Protocol sia finalmente pubblicato e voglio davvero giocare a Splinter Cell: Conviction. Aspetto con impazienza anche Brink perché sono stato un fan sfegatato di Splash Damage fin dai tempi di Wolfenstein: Enemy Territory, il mio sparatutto in prima persona multigiocatore a squadre preferito. Probabilmente non riuscirò a giocarli per un po? perché ho circa una dozzina di giochi arretrati dal 2009 agli inizi del 2010 che voglio finire.
Che cos?è che ti fa alzare dal letto al mattino?
Dipende dal periodo, ma è fin da quando sono entrato nel settore dei videogiochi che volevo lavorare a un gioco di Fallout. Ci sono voluti solo undici anni, ma meglio tardi che mai.
Il tuo peggior lavoro?
Al college ebbi un lavoro temporaneo durato per una sola notte in una fabbrica che produceva anelli di cipolla fritti. È stato orribile, ho sudato succo di cipolla per un mese dopo quella singola nottata di lavoro.
In quanto proveniente del Wisconsin, che cosa ne pensi di Brett Favre?
Sono un fan dei Packer anche se non seguo il football e imprecherei istintivamente contro chiunque parlasse male della squadra (come Frank Kowalkowski, programmatore capo di Fallout: New Vegas). Detto questo, a parte lo shock generale nell?apprendere che Favre sarebbe passato ai Viking, la mia non è una posizione intransigente: beh, dai, almeno non è finito ai Bear.
Qualche altro hobby o interesse? Che cosa ti piace fare nel tempo libero?
Mi piace apprendere nuove cose, ma non dedico troppo tempo a un determinato hobby. Adoro riparare vecchie motociclette (degli anni 60 e 70), fare dei viaggi in moto e, in genere, semplicemente abbandonare la città quando ho qualche giorno libero.