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Cage ricorda il suo incontro con David Bowie durante la lavorazione di Omikron

Lo sviluppatore francese parla della collaborazione con il musicista per lo sviluppo del suo primo titolo

di: Federico Lelli

In seguito alla scomparsa di David Bowie come di consueto sono uscite diverse testimonianze sulla sua persona da chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, non fa eccezione l’aneddoto di David Cage, director di Quantic Dream, che ha collaborato con il musicista nell’ambito del suo primo titolo Omikron: the Nomad Soul. Vi riportiamo la sua esperienza, raccolta da Gameinformer:

Ho incontrato David per la prima volta nel 1998. Eravamo a Wimbledon, agli uffici del publisher del mio primo gioco Omikron: The Nomad Soul.

Stavamo cercando una collaborazione musicale con un prestigioso artista e mi avevano chiesto di fare una breve lista di artisti con cui mi sarebbe piaciuto lavorare. Bowie, ovviamente, era il numero uno della lista, anche se nessuno pensava seriamente che saremmo riusciti a parlarci. Gli mandammo comunque una lettera …non si sa mai. E con nostra grandissima sorpresa il suo manager ci rispose che poteva essere interessato e che ci voleva vedere.

Così eccoci in questo ufficio mentre aspettiamo David Bowie in una sala riunioni, senza sapere cosa aspettarci. Ricorderò per sempre il minuto in cui è entrato nella stanza. Aveva un’aura incredibile, qualcosa che non avevo mai visto prima. Era molto gentile e amichevole, si è scusato di essere 10 minuti in ritardo per colpa del traffico e ci ha introdotto al suo “specialista dei videogiochi”, suo figlio Duncan (che sarebbe diventato un regista affermato – NDR, si parla di Duncan Jones, regista di Moon, Source Code e del prossimo film di Warcraft, in arrivo nelle sale). Mi avevano spiegato che Bowie aveva solo 20 minuti e che dovevo essere molto conciso. Stavo lavorando al gioco notte e giorno per due anni; avevo centinaia di artwork differenti, migliaia di pagine di script, qualche set 3D sul PC e non avevo la più pallida idea di come fare a condividere tutte queste idee, la passione e l’entusiasmo che avevo per questo progetto in 20 minuti. Per fortuna l’incontro è durato due ore e mezza.

Bowie ha ascoltato con molta attenzione, ha guardato ogni cosa che gli abbiamo mostrato e ha fatto domande pertinenti. Alla fine del meeting mi ha chiesto “Tutto questo sembra molto interessante, che cosa vi aspettate da me?”. Tutto quello che volevamo erano i diritti per usare la sua canzone “Heroes”, che sarebbe stata un fantastico asset e un onore immenso per uno studio così giovane come Quantic Dream (ma in generale per qualunque studio). Bowie rimase in silenzio per un secondo e finalmente rispose “No, non voglio darvi una vecchia canzone”, c’era una tremenda delusione all’interno della stanza, “Voglio scrivere un album per voi”. Ci guardavamo tra di noi, non eravamo sicuri di aver capito e ci chiedevamo se fosse serio. “Ditemi che altro volete che faccia”, disse. Avevamo bisogno di una base strumentale per il gioco e sarebbe stato fantastico inculdere David Bowie come personaggio nel gioco.

Ci siamo stretti la mano e ci siamo chiesti se tutto quello che era successo facesse parte della realtà o del sogno. Questo è il modo in cui è iniziata la nostra collaborazione lunga un anno. Bowie è rimasto un mese a Parigi chiuso con me in un appartamento per parlare del mondo di gioco e per lavorare alla colonna sonora.

Ha scritto 10 canzoni per il gioco, inclusa una title-track chiamata “Omikron” per titoli iniziali. Ha composto la soundtrack strumentale con il suo partner Reeves Gabrels, ha interpretato due parti all’interno del gioco, ha registrato in motion capture concerti con la sua band che il giocatore avrebbe potuto trovare dentro il gioco e abbiamo avuto addirittura l’immenso onore di avere Iman (NDR, la moglie di Bowie) come personaggio 3D. Bowie ha visitato il nostro studio – ai tempi, un appartamento con scrivanie nei corridoi e cavi sparsi per tutto il pavimento – e ha incontrato il team. Ha visto i CD musicali nelle scrivanie e ha parlato con i ragazzi (che erano letteralmente paralizzati come potete immaginare) della musica che stavano ascoltando, è stato veramente gentile con tutti. Abbiamo registrato la sua voce per la sua parte in uno studio sonoro di Parigi. Ricordo la faccia del proprietario dello studio quando Bowie ha aperto la porta; non avevamo detto al proprietario chi sarebbe venuto a registrare per mantenere la cosa in segreto. Ricordo la prima volta che ho sentito la voce di Bowie nel microfono, la sua incredibile voce, calda e profonda, mentre enunciava le battute scritte da me e mi chiedeva consigli su come dirle. Era un attore sensazionale, non c’era bisogno di alcun consiglio da parte mia.

Quando mi ha chiesto una scadenza per le musiche, gli ho dato un anno di tempo. Esattamente 12 mesi dopo mi ha chiamato. Voleva informarmi che era pronto per mandarmi le canzoni e avrebbe voluto sapere cosa ne pensavo. Le canzoni erano in maniera assoluta una cosa che non mi sarei mai aspettato. Pensavo a qualcosa nello stile cupo di “Heart’s Filthy Lessons”, ma lui fece praticamente l’opposto. Voleva che la soundtrack rispondesse al freddo, disumanizzante governo del gioco con qualcosa di profondamente umano, melodico e organico. Il suo istinto era ovviamente nel giusto, perché le canzoni creavano un grande contrasto con il freddo mondo sci-fi che avevano nel gioco.

Poi c’è stata la conferenza stampa a LA durante l’E3 1999. C’erano 250 giornalisti in una affollata House of Blues che chiedevano a Bowie quale fosse il suo contributo nel gioco, anche quella sera è stato fantastico.

Quando ci penso faccio ancora fatica a realizzare che tutto questo sia accaduto. Lavorando con una leggenda per un anno ho scoperto un gentiluomo, una persona brillante, intelligente, semplice e disponibile, curiosa riguardo a tutto e decisamente lontano dalle idee preconcette che una persona potrebbe avere su tutto quello che una leggenda del rock potrebbe essere. Era un uomo di famiglia, amava sua moglie più di ogni altra cosa. Ho scoperto inoltre che la parola carisma vuol dire veramente qualcosa e che anche chi non ha niente da dimostrare a nessuno può essere una persona squisista.

Ho avuto l’immenso piacere di avere conversazioni private con una persona che ha fatto la storia, una persona che ha avuto una delle più eccitanti ed uniche vite che io possa mai immaginare. Quando ascolto il suo ultimo album sono impressionato nel vedere come qualcuno a 69 possa essere così innovativo, creativo, audace, originale, più di molti dei cantanti più giovani che si trovano nelle classifiche questi giorni.

Per me Bowie è più di una rockstar, è la definizione stessa di artista, qualcuno che ha fatto della sua stessa vita un’opera d’arte, qualcuno che ha profondamente influenzato i propri tempi come pochi altri. Mi sento incredibilmente fortunato per aver potuto passare del tempo con lui. Sono momenti che non dimenticherò mai.

I miei pensieri vanno a Duncan, Alexandria e Iman. Per tutti noi, “the stars look very different today”.