Senso
di: Simone CantiniAl cuore non si comanda, ma il supremo maestro dell’incontrollabilità non può che rimanere il caso, la fatalità che tutto regola con le sue leggi bizzarre, capaci di sfuggire al nostro controllo, povere anime destinate ad essere sballottate in balia dei suoi capricci. Ed è proprio questa ineluttabile forza a tirare le fila di Senso (in combutta con quel muscolo così capriccioso citato in apertura), nuovo lavoro del fumettista transalpino Alfred, al secolo Lionel Papagalli, che BAO ci ha gentilmente concesso di trattare all’interno di questa recensione.
Quando c’era lui…
A dispetto del suo essere cugino di noi abitanti dello stivale più famoso del globo, Senso si apre con un espediente squisitamente (in senso non proprio positivo) italiano: il ritardo di un treno. Tra canicola ferragostana e minuti tramutatisi disperatamente in ore, facciamo la conoscenza di Germano, un tempo agricoltore in salsa biologica chiamato a presenziare ad una mostra da un gruppo di amici. Peccato che quella che avrebbe dovuto essere una semplice gita fuoriporta, per quanto lavorativa, finirà per assumere connotati ben più rocamboleschi, tra passeggiate forzate in direzione di un albergo requisito per un matrimonio, giacigli improvvisati e non proprio felici incontri con figure del passato.
Un folle intreccio di pura casualità, che al suo interno nasconderà anche il lato più piacevole di questa diabolica medaglia, ovvero l’incontro con Elena, una delle invitate alla festa nuziale di cui sopra, che finirà per cambiare improvvisamente la vita di Germano. Sorrisi ed imbarazzi si trasformeranno nel corso di una fugace notte, durante la quale tutto pare possibile e sentimenti sopiti tornano a fare timidamente capolino. Mentre su tutto veglia inconsapevole la passione travolgente degli occupanti della camera 104.
Tutto in una notte
Quello di Senso è un racconto delicato e tremendamente quotidiano, capace di trasportare efficacemente su carta una situazione che chiunque di noi avrà vissuto almeno una volta. Chi non si è trovato ad incrociare il proprio percorso, in maniera del tutto fortuita, con un individuo dell’altro sesso capace di stravolgere in un lampo anche la routine più consolidata? L’abilità di Alfred sta tutta qua, nel rendere interessante e credibile un evento normalissimo, trasformando sentimenti basilari e comportamenti perfettamente ordinari in un racconto struggente e dai contorni quasi onirici. La storia di Germano e Elena potrebbe benissimo essere il sogno di una notte di mezza estate, non fosse per quel nuovo giorno capace di fare luce sull’effettiva concretezza di quel sentimento nato in seguito ad una banale gaffe.
Ed è proprio questa sua estrema credibilità a rendere universale il racconto tratteggiato da Alfred, in cui ogni lettore può tranquillamente riconoscersi, finendo per rivivere ricordi sperimentati in primissima persona. Un racconto universale che parla di sentimenti e situazioni universali, capaci di fare breccia nel cuore di chiunque abbia mai avuto l’ardire di interagire con quel bizzarro serraglio che è l’umanità. Un’efficacia tale da permetterci di passare oltre qualche piccolo scivolone in fatto di caratterizzazione, come la stereotipata distinzione tra pensiero di destra e di sinistra che permea alcune pagine, che finisce per intaccare un pizzico la coesione del racconto, offrendo un appiglio tutto sommato marginale e sinceramente trascurabile. Su tutto, però, svetta l’eccellente tratto di Alfred, poetico ed elegante oltre che ricco di molteplici particolari in grado di rendere palpabile e riconoscibile quell’Italia avvinghiata nella calura agostana.
Senso è un’opera che riesce a parlare al lettore con una sincerità disarmante, intrecciando il caso e il sentimento in un racconto che profuma di vita vera. Alfred ci regala una storia che non ha bisogno di grandi colpi di scena per emozionare: bastano uno sguardo, una notte, un incontro fortuito per accendere qualcosa che tutti abbiamo provato almeno una volta. E se qualche sbavatura narrativa si affaccia qua e là, è proprio la forza del disegno e la delicatezza del racconto a farci perdonare tutto. Perché in fondo, come ci ricorda questa storia, al cuore non si comanda e nemmeno al destino.