Comic Recensione

La Taverna di Mezzanotte

di: Simone Cantini

Il cibo ha dei magici poteri, visto come riesce a far entrare in contatto persone tanto differenti tra di loro, senza che vi sia il bisogno di utilizzare le parole. Sapori e profumi, difatti, sanno raccontare e mettere in relazione culture e individualità uniche, un collante emotivo che è alla base de La Taverna di Mezzanotte, manga scritto e disegnato da Yarō Abe, che fa ruotare tutto il suo microcosmo di umanità proprio attorno ai manicaretti preparati dal proprietario di questo piccolo ristorante giapponese. Frammenti di vita quotidiana che, nella loro semplicità, riescono a catapultarci con naturalezza all’interno della vita dei bizzarri personaggi che animano le vivaci stradine di Shinjuku.

Menu fisso?

Un menu ridotto all’osso, composto da una sparuta manciata di piatti, ci accoglie una volta aperta la porta de La Taverna di Mezzanotte. Eppure, è bene non lasciarsi ingannare da una proposta così essenziale, dato che il suo proprietario non si tirerà indietro dinanzi a qualsiasi richiesta, e sarà pronto ad assecondare ogni vostro desiderio culinario, a patto di avere gli ingredienti necessari a disposizione. E saranno proprio questi fuori menu a fornire il gustoso incipit ai numerosi racconti che Yarō Abe ci regalerà in ciascuno dei volumi che compongono questo stuzzicante e particolare manga. Sapori dimenticati e profumi capaci di evocare ricordi e momenti della propria vita, sono il gustoso pretesto tramite il quale l’autore giapponese riesce a mettere in piedi piccole scene di una quotidianità squisitamente nipponica, ricca di contraddizioni e contrasti, ma anche di un’umanità universale che, tra dubbi, dolori e sparuti momenti di felicità, non potrà che incuriosire il lettore.

I brevi racconti che caratterizzano ciascun volume, veri e propri slice of life di una società nottambula e densa di storie essenziali ma sempre particolari ed intriganti, scorrono via veloci, come pezzi di karaage buttati giù assieme ad un sorso di birra ghiacciata. E questo binomio indissolubile cibo/personaggi ci accompagnerà sempre con efficacia, con il primo elemento della coppia che, simile a proustiane madeleine, fungerà da ideale centro di gravità per il vissuto del secondo. E così, grazie ad un cast che si andrà poco a poco a consolidare, senza però rinunciare ad introdurre di volta in volta nuovi volti, Abe metterà in piedi una bizzarra e simpaticissima combriccola di burberi mariani dalla lacrima facile, prorompenti ed ingenue spogliarelliste e critici gastronomici in cerca di sapori genuini. Su tutti veglierà la figura del Master della taverna, che simile al capo di una compagnia teatrale, tirerà sempre con fermezza ed efficacia le fila dei vari racconti.

Sinestesia nipponica

Tutto è squisitamente giapponese ne La Taverna di Mezzanotte, che si perde a raccontare quella particolarissima umanità che popola la notte della capitale giapponese e che ha in Shinjuku l’ideale crocevia di vizi e virtù, che si agitano tra le scintillanti vie di Kabuki-cho, fino a perdersi nelle anguste e pittoresche viuzze del Golden Gai. E sfogliando le pagine del manga sembra quasi di sentire in lontananza il frastuono dei pachinko e dei buttadentro, così come il profumo di cibo che aleggia costantemente in questo fracassone quartiere giapponese. Ed in fondo l’abilità di Abe sta tutta qua, nel suo riuscire a trasferire con efficacia su carta quella nipponicità che chiunque abbia mai visitato l’arcipelago del Sol Levante difficilmente riuscirà a dimenticare.

Storie di tutti i giorni, fatte di tradimenti e sogni infranti, voglia di cambiare ma anche semplice desiderio di accettazione di sé stessi. Non ci sono mostri da sconfiggere o incredibili avventure in cui imbarcarsi ne La Taverna di Mezzanotte, ma solo la volontà di far conoscere un quotidiano che sa essere ugualmente avvincente, pur nella sua disarmante semplicità. E questa voglia di normalità emerge con veemenza anche dallo stile di Abe, essenziale e pulito, che con pochissimi tratti sa rendere unici e particolari, oltre che immediatamente riconoscibile, tutta la combriccola di avventori che pare divertirsi a mettere in difficoltà le doti culinarie del Master. E per una volta, anche se c’entra poco con il pezzo in questione, mi sento in dovere di spezzare una lancia in favore dell’adattamento live action disponibile anche su Netflix nostrano, che è riuscito a trasportare con efficacia sullo schermo televisivo tutta l’atmosfera che trasuda dalle pagine del manga, grazie anche ad un ottimo lavoro svolto in fase di casting: recuperatela, se non lo avete già fatto.

Se amate il cibo e il Giappone, ma anche solo il desiderio di raccontare la quotidianità più spicciola, non ci sono motivi per tenersi lontani da La Taverna di Mezzanotte. Il lavoro di Yarō Abe, lontano dal voler essere un trattato di cucina, sfrutta l’abilità culinaria del suo Master ed i desideri alimentari dei nottambuli clienti di questa angusta bettola per mettere in piedi un catalogo di frammenti di disarmante umanità, che sapranno conquistare il cuore e le papille di chi si troverà ad indugiare tra le pagine di questo essenziale manga. Lontano dal caos e dalla frenesia che anima le strade di quella Shinjuku in cui il piccolo locale è nascosto, La Taverna di Mezzanotte ci ricorda, con successo, che anche una umile ciotola di riso bollito, bagnata da qualche goccia di salsa di soia, sa essere gustosa e complessa come il più ardito dei piatti stellati.