La giusta Mezura – …e quello che c’è nel mezzo
di: RedazioneVoi sapete cosa vuol dire la parola “mezura“?
A sentirla così, per assonanza, la maggior parte di noi avrà pensato subito, di riflesso, a “misura”. E di fatti non ci siamo poi sbagliati. Ma mezura di cosa? Ora, qualora non lo sappiate, il termine è legato a quell’amor cortese, sentimento capace di nobilitare l’uomo, che nasce e si nutre tanto del desiderio erotico, quanto della tensione spirituale. Ecco, tale equilibrio ambivalente è detto mezura, ovvero la giusta distanza tra sofferenza e piacere, tra angoscia ed esaltazione. Perché, in fondo, quello di cui parla questo fumetto, più che del cercare di vedere cosa succeda dopo il “vissero felici e contenti”, è quello che sta nel mezzo, tra il “c’era una volta” e il lieto fine. Quello che ci racconta è la strada alla ricerca di un equilibrio nell’infelicità quotidiana e la giusta distanza nei legami che abbiamo, Il coraggio di guardare in faccia i vuoti che ci portiamo dentro da sempre e i nuovi che si aprono.
E in mezzo? In mezzo il vissuto di mille di noi, condensato in una manciata di personaggi e 158 pagine. Forse per questo dirvi di cosa parli davvero questo libro e recensirlo non mi è cosa facile. Ci si potrebbe concentrare su tante di quelle cose da perdersi, quindi vedrò di prendere le principali.
Partiamo dalle basi: i protagonisti.
Mia: la Wendy che si è pentita di essere cresciuta. Laureata in scultura all’accademia di belle arti, insoddisfatta della sua relazione con Manuel, della sua vita lavorativa, dalle mille insicurezze e da una ferita che non si è mai rimarginata: l’abbandono del padre.
Manuel: il cavaliere senza macchia vinto dalla sua stessa ingenuità e arreso alle sue battaglie, aspirante scrittore che si dedica anima e corpo alla stesura del su libro (che vale tutte le sue attenzioni, tutta la sua vita), trascurando ironicamente il suo stesso amore per Mia. Ironicamente perché il suo libro parla di quell’amore cortese, di dame e cavalieri che tanto ci hanno fatto sospirare da ragazzini e che Manuel crede ciecamente (e ingenuamente) reale e possibile, mentre la sua relazione con Mia agonizza e muore, un giorno alla volta.
In mezzo, Tito: l’amico impietoso e “vittima” del fuoco incrociato dei primi due, che sembra innamorato di Mia e le riflette brutalmente le realtà a cui lei si rifiuta di guardare. Vittima e carnefice, lo potremmo definire. Uno di quei cooprotagonisti che potrebbero benissimo rubare la scena al dramma principale e non ce ne dispiacerebbe affatto.
Tre ragazzi che provengono da luoghi diversi e si incontrano nella Bologna che li ha visti matricole avventuriere e spensierate, dai grandi sogni e speranze per il futuro. Una Bologna dove erano tutti sconosciuti e amici al tempo stesso, e dove per questo si consumavano le notti tra confidenze, birre e sigarette. Una Bologna che li ha visti crescere, fallire, disilludersi e creare legami che sono andati corrodendosi e consumandosi nel tempo, come quello di Mia e Manuel.
Quello che mette in scena La giusta Mezura è il dramma delle relazioni a lungo termine, quelle che hanno perso l’entusiasmo e lo scintillio degli inizi, delle prime volte, che finiscono per trascinarsi lente e logore nei giorni, nei mesi, negli anni, fiaccate dalla quotidianità, dai fallimenti personali e dalla crudele verità che l’amore è eterno finché dura…E non dura molto, la maggior parte delle volte. E allora qual è il dopo? Come facciamo a non lasciarci indietro la carcassa fredda di un legame e di un sentimento che sembra non esistere più?
Ecco, la strada che porta alle risposte che Flavia Biondi da a queste domande la troverete tra le sue bellissime tavole in bicromia, sui toni del blu e del grigio, dalle linee pulite, ma non scolastiche né rigide, dove i dettagli misurati non appesantiscono il disegno che risulta di grande freschezza, eleganza e semplicità. Come fosse una colazione su un prato primaverile a base di croissant francesi, burro e marmellata, col sole che ti accarezza il viso insieme al vento, con tutta la delicatezza di cui sono capaci.
Nota per i feticisti delle copertine (come la sottoscritta): credo che questa sia una delle più belle di tutto il catalogo BAO Publishing, non solo per l’artwork, ma soprattutto per la scelta dei dettagli, dal font del titolo ai materiali utilizzati che danno quell’effetto telato tipico dei vecchi libri, di quelli che non si trovano più (tanto è vero che il libro di Manuel è ambientato nel medioevo) se non in qualche vecchia libreria dagli scaffali consunti e impolverati.
Per farla breve, Flavia Biondi ha scritto un fumetto intenso, concentrato di vissuti, esperienze, domande e risposte, che merita di essere letto tanto nelle parole quanto ammirato nel disegno e nell’uso del colore.
Io ve lo consiglio di cuore.
Pagine: 160
Testi, disegni e copertina: Flavia Biondi
Casa editrice: BAO Publishing
Valentina Cascino