I Puffi
di: Simone CantiniSon alti su per giù, due mele o poco più cantava la prima, leggendaria sigla de I Puffi, ovviamente cantata dall’inossidabile Cristina d’Avena. E a pensarci bene, come mi fece ai tempi notare una mia compagna di classe, non è che fosse proprio un bel biglietto da visita: pensate di trovarvi davanti uno di questi ometti blu di circa 20-25 centimetri, che vi passa tra le gambe come un razzo. Un’immagine abbastanza inquietante se trasportata nei gelidi confini della realtà, tralasciando per un attimo l’iconico e rotondo design del materiale originale. Fortunatamente, oggi parleremo proprio dei fumetti realizzati da Peyo, che tornano disponibili per vecchi e nuovi fan grazie alla collana Astra di Star Comics, pertanto possiamo tranquillamente passare oltre queste orrorifiche turbe infantili.
Gnap gnap!
Lo so, tutti siete consapevoli di come I Puffi siano degli ometti blu (in fondo lo dice proprio la sigla di cui sopra), ma sicuramente la maggior parte di voi ignora come anche il nero sia stato di casa in quel remoto villaggio perso chissà dove nella foresta. Il primo volume delle avventure delle creature rese immortali da Peyo, difatti, si apre proprio con l’adorabile storia dei Puffi Neri, tramite la quale il fumettista belga presentò in forma autonoma al pubblico gli esserini che tutti abbiamo imparato ad amare.
Un incipit debordante e divertentissimo ancora oggi, a 66 anni distanza dalla sua prima pubblicazione, che sebbene sfiori soltanto quel microcosmo reso poco alla volta più definito e sfaccettato, ha l’indubbio pregio di riuscire, sin da subito, a bucare letteralmente le pagine. Sarà lo stile visivo dell’autore, oppure l’assoluta simpatia che trasuda da ogni vignetta, fatto sta che saranno sufficienti pochissime battute per finire travolti dal fiabesco mondo a base di salsapariglia e edifici a forma di fungo.
Un vero e proprio elogio della semplicità, quello che si respira nelle storie che animano il volume edito da Star Comics, che pur senza ricorrere a plot inutilmente complessi ed arzigogolati, riesce costruire dei racconti ottimamente sceneggiati e disegnati. E poco importa se le personalità dei vari Puffi emergano poco alla volta con lo scorrere delle pagine, spaccati dei difetti e dei pregi di quegli umani da cui si tengono debitamente alla larga, sia fisicamente che moralmente. Ed ai Puffi vogliamo bene proprio per questo, perché nel loro essere così ingenui ed elementari nel dare vita alla loro società, riescono a mettere alla berlina gli spigoli dell’animo umano, scendendo direttamente sul campo in prima persona (bellissimo e molto più profondo di quanto possa sembrare, a tal proposito, è la storia che ha al centro Il Puffissimo), che ricorrendo a quella coppia di disastrosi comprimari che sono Gargamella e Birba (Il Ladro di Puffi).
E la mia gallina?
Proprio per questo, quelle presentate nel volume in questione sono storie senza tempo, che per tematiche ed abilità realizzativa non risultano minimamente intaccate dagli anni che ci separano dalla loro realizzazione. E tale grandezza (che poi è la stessa di Peyo) emerge, purtroppo, con estrema chiarezza una volta terminata la lettura del primo numero de Il Villaggio delle Ragazze, uscito in patria nel 2017 e realizzato da un team di sei artisti, tra cui il figlio dello stesso autore belga.
A dispetto di un impatto visivo sicuramente più accattivante, forte di colori e linee più moderne (ma ce ne è davvero bisogno quando si parla dei Puffi?), è impossibile non rimanere basiti dinanzi ad una povertà di scrittura che ha del disarmante. I brevi racconti che animano l’albo, difatti, scorrono via anonimi come non mai, non riuscendo assolutamente a rendere giustizia al materiale originale. Ed il confronto è lampante anche solo prendendo in esame Il Puffo Volante, che pur sviluppandosi lungo una trama esilissima riesce a staccare per spasso e sapienza costruttiva tutto quello presentato nel volumetto in questione.
Per quanto la prossima constatazione possa apparire assai controversa e poco politically correct, ho trovato davvero stucchevole la necessità di realizzare una versione speculare e tutta al femminile dell’iconico villaggio. Tutto appare ridondante e forzato, una sorta di eco sbiadita e superflua di personaggi già fortemente codificati e perfettamente riconoscibili e che, nonostante una declinazione maschile, rifuggono qualsiasi caratterizzazione di genere, vista l’universalità che tendono a rappresentare.
L’espediente narrativo, inoltre, appiattisce in maniera marcata la figura della Puffetta che, per quanto diluita nel corso delle serie animate grazie all’ingresso di una ulteriore manciata di personaggi femminili, faceva proprio della sua unicità all’interno del villaggio il suo indubbio punto di forza.
Lasciate da parte queste critiche, c’è solo da ringraziare Star Comics per aver riportato in auge le creaturine apparse per la prima volta nel 1958 in un episodio di John e Solfamì su Le Journal de Spirou. Un ritorno prezioso, che si è avvalso dell’apporto di un vero veterano del mondo creato da Peyo, di cui è stato protagonista in prima persona. L’edizione in questione, difatti, si è avvalsa della traduzione realizzata da Fabrizio Mazzotta, che nella versione animata nostrana ha dato voce all’inconfondibile Puffo Tontolone.
Tra alti e bassi, non posso che consigliare caldamente a chiunque sia un amante degli ometti blu questa nuova edizione de I Puffi, che rappresenta un’occasione imperdibile per (ri)scoprire in ordine cronologico le storie realizzate da Peyo. Un’eredità, quella dell’autore belga, che merita ancora oggi di essere apprezzata da vecchie e nuove generazioni, che non potranno assolutamente resistere al fascino senza tempo delle fiabesche atmosfere del villaggio fungino più famoso di tutti i tempi. Peccato per quel Il Villaggio delle Ragazze, che proprio non riesce a rendere giustizia ad un pregresso che, nonostante gli anni che si porta appresso, risulta ancora oggi alquanto più fresco ed accattivante.