Comic Recensione

Animal Pound

di: Simone Cantini

Che Tom King sia uno degli autori più importante del nostro tempo non devo essere certo io a ricordarlo, e su questi lidi avevamo già avuto modo di saggiarne ulteriormente le capacità grazie all’interessante Love Everlasting. Con Animal Pound, la sua ultima fatica realizzata in collaborazione con il disegnatore Peter Gross, l’autore statunitense si cimenta in un’impresa ambiziosa: rileggere e attualizzare le tematiche de La Fattoria degli Animali di George Orwell, trasportandole in un contesto sorprendentemente familiare e, al tempo stesso, distopico: un canile. Il risultato è un’opera che, pur muovendo da un classico, riesce a parlare con forza e urgenza dei pericoli e delle speranze del nostro presente.

Le zampe della libertà

La storia prende il via in un comune rifugio per animali, un luogo dove cani, gatti e altre creature vivono in attesa di un futuro incerto. Quando una scintilla di ribellione accende gli animi, gli animali rovesciano i loro oppressori umani, convinti di poter costruire una società basata sull’uguaglianza e la libertà. La narrazione di King, come sempre, non è lineare né didascalica, ma si insinua tra le pieghe delle ambizioni, delle paure e delle meschinità che emergono man mano che la neonata democrazia animale cerca di auto-governarsi. Vediamo la nascita di ideologie, la scalata al potere di nuove leadership e la progressiva distorsione dei principi iniziali, in un ciclo che riecheggia dolorosamente la storia umana.

Difficile, difatti, non scorgere dietro le pieghe dell’utopia egalitaria del cane Lucky, una critica all’attuale situazione politica degli Stati Uniti, ma anche un’accusa nei confronti di ogni forma di totalitarismo. Non è solo il potere ad essere oggetto degli strali di King, dato che lo scrittore statunitense non risparmia neppure l’altra parte della barricata, quel popolo di elettori che pare sempre pronto a lasciarsi affabulare dal leader di turno, scegliendo spesso il male minore e rinunciando alla lotta per i propri diritti.

Il potere logora chi non ce l’ha

Quello portato avanti dalla gatta Fifì, dal bravo cagnone Titan e dal subdolo bulldog Piggy (il cui nome richiama sin troppo gli oppressori della società messa in scena da Orwell), è un racconto circolare, in cui la speranza e le libertà faticosamente conquistate finiscono progressivamente per svanire poco alla volta, man mano che il potere si dimostra pronto a tutto pur di mantenere il proprio status quo. Tutto cambia per non cambiare ci ha insegnato Tomasi di Lampedusa nel suo Il Gattopardo, e Piggy pare farsi perfettamente portatore di questa mesta verità, nascondendo dietro la facciata dei suoi slogan politici il rabbioso desiderio di benessere e supremazia.

Poco importa se questo si traduca nell’ennesima moina rivolta ad uno di quegli umani un tempo visti come oppressori. E non può che lasciare l’amaro in bocca una delle ultime vignette del racconto, in cui una Fifì finalmente consapevole della natura dei suoi vecchi compari si lascia andare ad una sardonica, quanto rassegnata, risata sommessa.

Fondamentale per il successo e l’efficacia di Animal Pound, è anche il lavoro artistico svolto da Peter Gross, che con Il suo stile pulito ma capace di veicolare una grande espressività, si adatta perfettamente al tono della storia. Gross riesce a rendere gli animali al tempo stesso realistici e umanizzati, con espressioni che riflettono la speranza, la paura, la crudeltà e la disillusione. L’ambientazione del canile, pur nella sua semplicità, è resa con una palette di colori (ad opera della colorista Tamra Bonvillain) che contribuisce a un’atmosfera spesso cupa e opprimente, in netto contrasto con le iniziali promesse di libertà.

Animal Pound dimostra ancora una volta il talento di Tom King nel dare vita a racconti potenti e tutt’altro che scontati, capaci di andare oltre il semplice desiderio di intrattenere il lettore. Per quanto già indicato nella ridondante prefazione (ad opera dello stesso King), si può dire che il compito di riscrivere in chiave più attuale un classico come La Fattoria degli Animali sia stato portato a casa con successo. Pur con i suoi distinguo di natura temporale, la critica sociopolitica nei confronti dei regimi e dei totalitarismi pare avere (tristemente, mi sento di aggiungere) ancora troppo materiale a cui attingere per essere banalmente tralasciata. C’è tanto di noi in Fifì, Titan, Piggy e Lucky per rimanere impassibili durante la lettura di questa graphic novel che, ne sono sicuro, difficilmente verrà riposta sui vostri scaffali senza lasciare addosso un fastidioso senso di angoscia.