
The Legend of Ochi
di: Andrea CamprianiIl genere, in genere si fa sempre meno, specie nel 2025 e specie in sala. Non sempre, per nostra fortuna, specie quando vi è di mezzo la A24.

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Ochi ciornie
Non temete che non si tratta affatto di una scena di cineforum dopolavoro a la Corazzata Potemkin di fantozziana memoria col Prof. Guidobaldo Maria Riccardelli ma neanche del film di Michalkov, solo un pretesto, gli “occhi neri” per trattare di The Legend of Ochi, distribuito nelle sale nostrane dal 8 maggio.

Siamo in un imprecisato villaggio del nord del globo, in un tempo che parrebbe il nostro ma senza proliferazione di tecnologie più recenti diciamo, che vediamo aprire apparentemente con una battuta di caccia notturna protagonisti Yuri (Helena Zengler) Maxim (Willem Defoe) e Petro (Finn Wolfhard) che si rivela da subito essere la “stagione venatoria” in cui tirare come si suol dire agli Ochi, creature fantastiche da adulti simili a dei grizzly e dei vampiri in volto, una sorta di Gremlins©™® per intenderci da cuccioli. Proprio con ciò, i nostri dediti alla vendetta contro le creature per torti di vario tipo subiti, da perdite di affetti all’ abigeato (leg. furto di bestiame) più feroce, Yuri, la nostra protagonista, deve fare i conti iniziando un’avventura di conoscenza e ri-conoscenza.
Ochi operò: sono giuochi leziosi
Non mi spingo oltre per la sinossi, segnalo che oltre al Dafoe oramai icononico non solo per A24, ritroviamo finalmente in un ruolo degno anche Finn Wolfhard, e la sempre impeccabile Emily Watson, nonchè un cast di giovanissimi con su tutti appunto Helena Zenger, la nostra Yuri che ha Ochi solo per uno.

Oltre alla regia, di gran livello per movimenti di macchina, fotografia che impreziosisce scenari naturali mozzafiato, direzione affidata e coordinata da Isaiah Saxon, segnalo una colonna sonora di livello di David Longstreth tra orchestrazioni incalzanti, flauti, un po’ di elettronica e grida lancinanti…
Ochi di ragazza
The Legend of Ochi è, a tutti gli effetti, un film fantastico, di quelli come usavano almeno fino ai 90ies come sanno i coevi regista e compositore summenzionati, l’avventura fantastica per ragazzi era peraltro ciò che andava per la maggiore.

In un’oretta e mezzo di film questo si fa, con una narrazione oltremodo lineare, sostanzialmente telefonata, assistiamo ad una storia di crescita dei personaggi che devono ricomporsi e ricomporre la famiglia di cui fanno parte.

Non ci si dilunga dunque, non è il titolo di punta di A24 che ci ha regalato in 13 anni di attività una quantità impressionante di gioielli se non proprio capolavori contemporanei (pensiamo solo ad es. alla filmografia del summenzionato Robert Eggers, che con la casa di produzione indie ha realizzato quella meraviglia di The Lighthouse per non parlare di Ari Aster con Midsommar…). Animatroni, un uso misurato di cgi, unite per dar corpo all’immaginario fantastico che è pieno di rimandi rendono The Legend of Ochi un ottimo film per riportare le persone, magari con prole in età, in sala. Ribadiamo a tal proposito l’appello del Maestro Pupi Avati ai David di Donatello: aiutiamo le piccole società che meritino anzitutto del nostro cinema. Più A24 et similia per tutti.