Star Wars Episodio VIII: Gli ultimi Jedi – Il risveglio dell’hype
di: ZamveleUna premessa: dell’essenza di Star Wars me ne frega ben poco. Principalmente perché ancora non riesco a capire quale sarebbe quest’essenza. Cioè, che hanno da spartire i pupazzi del Ritorno dello Jedi, la fantapolitica di Attacco dei Cloni e la violenza di Rogue One? Il tono è piuttosto diverso. Perfino il respiro. Per non dire della regia o della coerenza fra le ambientazioni. Che la vera essenza di Star Wars siano quelle transizioni così kitch che manca solo quella a stella fra una scena e l’altra? E’ un po’ come discutere sul sesso degli angeli.
Star Wars: Gli ultimi Jedi presta facilmente il fianco ad accuse di snaturamento di questa fantomatica essenza.
Ah, prometto di tenermi il più generico possibile, che capisco che magari a differenza mia la gente ha un lavoro e una vita e non può vedere i film appena usciti, ma comunque qualcosa dovrò pur dire. Quindi se volete evitare qualsiasi tipo di spoiler, vi basti sapere che questo è, probabilmente, lo Star Wars più intelligente e iconoclasta di tutta la serie.
Una delle critiche più frequenti (e noiose) rivolte al Risveglio della forza era di essere un remake di Una nuova speranza, o più in generale di tutta la vecchia trilogia. Quindi ancora prima che uscisse Gli ultimi Jedi, era già stato fatto il collegamento con L’Impero colpisce ancora. E sia ben chiaro: è vero. Ma questa nuova tranche di episodi, ormai è lampante, è un enorme pastiche. Ne Gli ultimi Jedi, oltre che a L’Impero colpisce ancora, ci si ritrova facilmente una storyline che è praticamente un episodio di Battlestar Galactica, o un’ambientazione che sembra presa di peso da Cowboy Bebop. Citazionismo che, d’altronde, è proprio quello che faceva Una nuova speranza. Solo che stavolta a essere ripreso, anziché Kurosawa, è Star Wars stesso.
Ma Rian Johnson, che ha scritto e diretto il film, è consapevole delle aspettative del pubblico. Sa che noi sappiamo. E quindi si diverte a giocare con le previsioni e a rigirarle. Per dire, d’un tratto l’ambientazione che ci si para davanti è quella di un pianeta imbiancato, il richiamo alla battaglia di Hoth di L’Impero colpisce ancora è smaccato. Ma qua non si tratta di neve: è sale. Questo twist si ripete per l’intero film, e non è solo divertente, in quanto mantiene sempre alta la sorpresa dello spettatore, è soprattutto iconoclasta. Se Kylo Ren uccide suo padre nel capitolo precedente, qua il patricidio, e le sue conseguenze, si protraggono per tutto il film e verso tutta la saga originale: si riprendono elementi vecchi per poterli distruggere e fare qualcosa di nuovo.
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Un’altra aspettativa che viene totalmente disattesa, magari solo mia, era che ci saremmo trovati di fronte a tantissime battaglie, il ritmo forsennato come quello di Il risveglio della forza, se non di più. E invece no. L’intero film è racchiuso in poche ore, e anche in relative poche ambientazioni. Più che puntare alle battaglie, si punta sui personaggi e sui loro percorsi. Star Wars: Gli ultimi Jedi è un film con pochissima azione (relativamente parlando). E’ un film che si concentra sui conflitti fra, e soprattutto dentro, i singoli personaggi. Su tutti, ovviamente, le scelte di Kylo Ren e Rey.
Questo passaggio è permesso dalla bravura degli attori. La scelta, tanto vituperata, di prendere Adam Driver come Kylo Ren si è rivelata (se già non lo aveva fatto) come una scelta a dir poco felice. Driver è, probabilmente, uno dei migliori attori della sua generazione, capace di trasmettere tutti i suoi dubbi, tutta la sua fragilità, in una sola occhiata, mantenendo, comunque, una sorta di crudeltà profonda. Non che la scrittura non abbia meriti, sia chiaro, ma Driver è semplicemente perfetto nel riuscire a rendere umano e contemporaneamente detestabile Kylo Ren. Poi, gli altri: John Boyega si vede che adora ogni singolo secondo che sta sullo schermo, Oscar Isaac dà forma totalmente da solo a Poe, Benicio Del Toro sembra appena uscito da un after, nemmeno troppo bene, e Daisy Ridley è l’amore della mia vita. Sì, ovviamente ci sono pure Mark Hamill e Carrie Fisher, totalmente in parte, ma come Johnson ci tiene a ribadire nemmeno troppo sottilmente una quarantina di volte, il film è dei giovani.
Star Wars: Gli ultimi Jedi non è un film perfetto, assolutamente. Il difetto maggiore, probabilmente, è la regia di Rian Johnson, abbastanza anonima, tanto che potrebbe essere stato girato da un algoritmo, tranne per qualche spunto notevole qua e là. Ma è un difetto su cui, in tutta sincerità, si passa sopra tranquillamente, a fronte dell’intelligenza con cui Gli ultimi Jedi riesce a conciliare una tradizione pesante come la trilogia originale e la sua voglia di raccontare una storia nuova, con i suoi personaggi e i suoi mondi.
Detto questo credo, che in attesa del finale della trilogia, andrò a litigare in giro per l’internet sul fatto che chiaramente gli angeli sono Daisy Ridley.