Cinema Recensione

Napoleon

di: Andy Reevieny

Ciao a chiunque, vicini o lontani che siate, visto che siamo nel quasi 2024(!) e siamo connessi h24 da ovunque. Debbo scrivere a (s)proposito di un film guardato al cinema. Ok. Anzitutto non scordandomi mai che sono su portale tematico (videoludico) con redattori competenti. Ricevuto. Per restare in tema mi si richiede di platinare in modalità estrema. Vabbè, tanto inizio da una roba facile, inventata di sana pianta da un esordiente, che sarà mai.

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Falso d’autore

Napoleon di Sir Ridley Scott è un film probabilmente già divisivo dalle intenzioni del regista che per l’occasione si avvale nuovamente alla scrittura del sodale David Scarpa (dopo la travagliata biopic sul sequestro GettyTutti i soldi del mondo – film che si consiglia caldamente di recuperare per più ragioni) e, come da titolo, tratta delle vicende di Napoleone Bonaparte, epicamente dall’ascesa al potere e letteralmente al trono, fino alla caduta in esilio (nell’Isola di Sant’Elena). Il tutto senza necessariamente catarsi di mezzo, ma tant’è.

Già militare di origine corsa del più alto rango dell’esercito francese durante e post rivoluzione del 1789, ma soprattutto autoproclamatosi e confermato IMPERATORE nel 1804 (mi si passino le maiuscole ma ubi maior minor cessat), nel film in oggetto si narrano per quasi due ore e quaranta di durata le vittorie storiche di Napoleone, interpretato da Joaquin Phoenix di nuovo nel ruolo di regnante dopo essere stato Commodo sempre diretto da Scott ne Il Gladiatore  (di cui è annunziato sequel), sui campi di battaglia, quelle personali, e al contempo le relative sconfitte dell’uomo. Centrale, oltre al protagonista, qui è la figura di Giuseppina (la bella e brava o brava e bella Vanessa Kirby), moglie di Bonaparte e amata oltre il divorzio e financo la vita stessa. Spazio relativo lasciato ai comprimari, con alcuni cammeo di stralusso, su tutti l’omonimo Duca perfidamente albionico (quantunque irlandese di origini) che ha dato il nome al noto filetto alla Wellington: Sir Arthur Wellesley.

Ricapitolando: per lo scrivente siamo di fronte all’ennesimo bel film in costume che si rifà a capolavori quali Barry Lindon di tal Stanley Kubrick (che a sua volta avrebbe dovuto trasporre su grande schermo la storia napoleonica), dopo gioielli quali “I duellanti” o lo stesso recente The last duel sempre di Sir Ridley? NI.

Si tratta dunque di un film pieno di falsi storici come sostenuto da alcuni addetti ai lavori tra accademie varie ed eventuali sparse a giro pel globo terracqueo? No, dai, o anche qui NI perchè si tratta di trasposizione, ennesima sul personaggio, oltretutto diretta da albionico (qui il campanile è ineludibile, direi) con una messa in scena sontuosa, attori comunque in parte, sequenze girate magistralmente da un ormai instancabile pluriottantenne con una filmografia che un infinitesimo basta e avanza.

Scordiamoci allora di ricostruzione metodica. Per quello ci sono i documentari, e penso ad esempio da ex studente di giurisprudenza al mancato accenno generale all’importanza cruciale del periodo napoleonico anche solo per l’evoluzione dell’odierno diritto civile, non solo francese, ma quantomeno anche italiano ed europeo in genere.

Si tratta in questo caso di un film da gustare anzitutto al cinema, per costumi, trucco, parrucco, gestione dei figuranti, location, fotografia… cui è stato sapientemente montato e, grazie alla produzione di Apple, da rigustare tra qualche tempo in una annunciata versione estesa da 4 ore e spicci. Buona visione.